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di Anselm Grün
Non è solo la vita spirituale che mi trasforma, ma soprattutto quello che soffro. Una profonda trasformazione avviene sempre quando sono impotente, quando non posso più fare niente, ma devo attendere cosa mi accadrà. Che cosa è la grazia e come la grazia mi possa trasformare, lo scopro solo quando non so più andare avanti, quando resto immobile a terra e devo riconoscere che non cambierò e non migliorerò mai, che da solo non orienterò mai la mia vita verso Dio. L’esperienza dell’impotenza è la condizione della trasformazione più profonda. Non è il mio agire a cambiarmi, ma è Dio a trasformarmi, quando col mio agire scopro i miei limiti. Posso, ad esempio, sforzarmi quanto voglio ad esercitarmi nella misericordia. Ma veramente misericordioso lo divengo soltanto se mi commuove la tristezza delle mie colpe, se in modo doloroso mi sono confrontato col mio fallimento. L’esperienza della colpa e della dipendenza dalla misericordia di Dio cambia il mio cuore, in modo tale che esso stesso è capace di misericordia. Lo sperimentare e il soffrire operano più della volontà.
Il dolore per la perdita di una persona cara dentro di me mette in moto qualcosa. Distrugge la mia apparente sicurezza e mi obbliga ad avanzare verso dimensioni più profonde della vita. Nel processo del dolore mi confronto con la mia solitudine e col mio dover morire. Nel profondo del mio cuore avviene una trasformazione, che non può essere provocata con le sole parole. È l’esperienza che mi cambia.
In ogni sofferenza vissuta c’è sempre una possibilità di trasformazione. Naturalmente la sofferenza non la causa automaticamente. Essa mi può anche rattristare e far sì che io mi chiuda in me stesso. Ma se affronto la sofferenza che Dio mi manda e la sopporto alla sua presenza, allora essa può cambiare il mio intimo, mi può mettere in contatto con nuove qualità dell’anima, che diversamente sarebbero sepolte.
La malattia, quando si presenta, non deve essere lì per lì attaccata, ma vuole essere interrogata, su ciò che mi vuole dire e su dove mi vuole condurre. Se faccio pace con essa, può provocare in me un processo di trasformazione, al termine del quale si troverà l’uomo purificato e liberato, salvato e guarito, l’uomo misericordioso e che ama.
- Teilhard de Chardin ha scritto più volte sulla forza trasformante della malattia. Nella prefazione alla biografia di sua sorella, che per tutta la vita era stata costretta a letto dalla malattia, scrive: “O Margherita! sorella mia, mentre io, votato alle forze positive dell’Universo, correvo per continenti e per mari, appassionatamente attento a guardare salire tutte le tinte della Terra, tu, immobile, distesa, trasformavi silenziosamente in luce, nel più intimo di te stessa, le più terribili ombre del Mondo. Al cospetto del Creatore, dimmi tu, quale di noi due avrà avuto la parte migliore?” La sofferenza, secondo Teilhard, trasforma la materia in spirito, l’ombra in luce, ciò che è duro in vita plasmabile.
Esperienze di cambiamento sono tutte quelle crisi a cui dobbiamo resistere e che scombussolano la nostra concezione abituale della vita. Le crisi sono i cardini della vita: la crisi della pubertà, la crisi della mezza età, la crisi dell’età in pensione, la crisi dell’ultima malattia. Ogni volta, in una tale crisi, Dio vuole provocare una trasformazione interiore. Ma tanti uomini vi si oppongono; essi rimangono sempre gli stessi. Ma come dice C.G. Jung, allora la loro vita diventa insipida, stantia, noiosa, sterile. Per rimanere vivi dobbiamo continuamente cambiare. E ogni cambiamento ha a che fare con il morire e il lasciare. In ogni cambiamento c’è un insieme di nascita e di morte. Il nuovo può nascere solo se il passato muore e viene abbandonato.
La trasformazione più profonda che ci attende sarà la morte. In essa la nostra vita terrena sarà trasformata in vita divina, saremo trasformati a immagine di Gesù Cristo, come ci annuncia Paolo. Noi non possiamo causare questa trasformazione, dobbiamo abbandonarci totalmente al Dio trasformatore. Se mettiamo tutto nelle mani di Dio, la sua mano ci plasmerà nuovamente. Se ci abbandoniamo a lui, egli ci restituirà un uomo nuovo, quell’uomo che viene formato e creato nuovamente dalla sua mano amorosa. E se abbiamo sperimentato tanta o poca trasformazione, nella morte tutto in noi sarà assorbito dalla forza trasformante di Dio.
Allora tutte le trasformazioni della nostra vita raggiungeranno la meta; quel che abbiamo desiderato per tutta la vita si compirà: la grande trasformazione di Dio in noi.
Tratto da Il coraggio di trasformarsi di A. Grün.
Anselm Grün, nato nel 1945, è monaco benedettino. Laureato in teologia, dal 1976, economo del monastero di Münsterschwarzach, si presta come guida spirituale di sacerdoti e fedeli. Ha pubblicato diverse opere.