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di Emilio Ursomando
“Io sono venuto perché abbiano la vita”, affermò Gesù (Giovanni 10:10).
Ma per quanti la vita è una sofferenza? Il numero sempre crescente di suicidi rivela che non sempre vivere è sinonimo di felicità. Come cristiani, abbiamo ricevuto la vita da Cristo, ma quanti sono felici? Non basta vivere, dobbiamo vivere bene, una vita che sia invidiata da quanti non conoscono Cristo.
Mai come in questi anni c’è una grande attenzione alla cosmesi, all’estetica del corpo. E, fino ad un certo punto, è una cosa da imitare: un corpo ben curato è qualcosa a cui anche noi cristiani dovremmo dare maggiore attenzione (Paolo riprende l’obesità e la stipsi dei cristiani di Creta – Tito 1:12-13).
Ma ancora maggiore attenzione dobbiamo dare al nostro spirito, ed è proprio questo che vogliamo considerare insieme: come restare giovani e belli nello spirito, come vivere cioè una “bella” vita cristiana.
In 1° Samuele 16:12 leggiamo che Davide “aveva dei begli occhi”. Di cosa ci sta parlando Dio? Certamente Egli non è interessato alla forma o al colore degli occhi di un uomo. No, gli occhi di Davide erano belli perché toccati dallo Spirito, erano belli della sua bellezza interiore, della luce “assorbita” nelle lunghe dolci ore passate a cantare il proprio amore ai piedi di Dio. Splendevano di “gioventù” spirituale.
Perché invecchiamo nello spirito?
Apocalisse 2:1-5 ci propone alcune risposte. Questa chiesa era zelante, compiva “opere” per il Signore; “faticava”; aveva “costanza”; non poteva sopportare i malvagi; aveva saputo addirittura smascherare dei falsi apostoli; aveva sopportato molte cose per amore del Suo nome, senza stancarsi. Ma – afferma inaspettatamente Dio – “ho questo contro di te: che hai lasciato il primo amore” (v.4). E continua: “Ricordati dunque da dove sei caduto e fa’ le opere di prima; se no, verrò a te, e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se tu non ti ravvedi” (v.5). Questo passo ci autorizza a fare alcune riflessioni:
- Puoi compiere opere, faticare, avere costanza, senza amore per Dio (molti si affaticano per realizzare se stessi, non per amore verso il Signore). E forse ti aspetti un premio, ma Dio dice invece: “Ravvediti”.
- Quando viene a mancare il primo amore, Dio ritira il Suo candelabro. Conseguenza: restiamo al buio, perdiamo il senso della nostra vera realtà spirituale. I Farisei credevano che Dio li avrebbe accolti nel cielo al suono di trombe. La verità, disse Gesù, era un’altra: erano “ciechi” che guidavano altri “ciechi”, ed erano prossimi a cadere insieme nella fossa.
- Il “primo amore” si può perdere … Accade spesso, nella vita cristiana, che dopo una prima fiammata iniziale, nonostante la nostra fatica e la nostra costanza, ci spegniamo. Qual è la causa? Eccola: lentamente, inavvertitamente, cominciamo a sviluppare un rapporto con le cose e trascuriamo Dio.
Quali possono essere queste cose?
- a) il rapporto con la denominazione (“Siamo figli di Abramo”, Giovanni 8:33). Dio era lì davanti a loro, ma loro aspettavano vita da Abramo. Gesù avvertì i suoi discepoli: “Guardatevi dal lievito dei Farisei”. Il “lievito” gonfia la nostra carne, ma uccide la nostra vita spirituale.
- b) il rapporto con i culti, la fratellanza, l’evangelizzazione, la corale, ecc … Sono tutte cose in cui possiamo esprimere la vita che è in noi, ma che di per sé non danno vita. La vita viene da Dio. Appena cominciamo a vivere di “cose” o “forme” (per quanto “sante” esse possano apparirci) e non di Dio, cominciamo ad appassire e la nostra bellezza sfiorisce. Per mantenerci vivi, dobbiamo mantenere il rapporto con la vita. Dobbiamo dipendere dall’alto, sempre!
Nutrirci “dall’alto”
Dopo essere nati “dall’alto” (Giovanni 3:3), dobbiamo essere nutriti “dall’alto”, ricevere vita “dall’alto”.
Il neonato nasce dalla madre, ma poi deve esserne nutrito. Se si stacca, muore. Come ciò che è nato dalla carne deve essere nutrito dalla carne per non morire, così è per chi è nato da Dio.
Dobbiamo capirlo bene: noi che siamo nati da Dio, dobbiamo continuare a nutrirci di Dio o cominciamo, spiritualmente, a morire.
Gesù parla con la donna samaritana, i discepoli sono andati a comprare del cibo. Al ritorno, vedendolo ancora impegnato a parlare, gli chiedono se abbia già mangiato e Gesù risponde: “Io ho un cibo che voi non sapete”. I discepoli si guardano confusi e si dicono: “Forse qualcuno gli ha portato da mangiare” (Giovanni 4:31-33). Ed era proprio così. Ma chi? IL PADRE!
Rachitici e obesi
Anche in mezzo al popolo di Dio, assediato dal consumismo, si diffonde l’obesità ma, proporzionalmente, si sviluppa anche il rachitismo spirituale. Già Paolo richiamava i Cretesi ad una vita più “evangelica” “… Ventri pigri …”: era questo che si diceva (e a ragione) sul loro conto (Tito 1:12).
Satana cerca di attirare tutta la nostra attenzione sulla cura del nostro corpo, per distrarci dalla cura dello spirito e impedirci di crescere (che fastidio possono dargli dei “neonati”, anche se potenzialmente già pieni di tutta la vita di Dio?). Ricordate, agì allo stesso modo quando cercò di far uccidere il bambino Mosè e poi il bambino Gesù. Voleva impedire che crescessero, perché costituivano un pericolo per il suo regno. Con loro, il suo piano fallì, ma con noi? Quanta attenzione diamo al nostro corpo, e quanta al nostro spirito? Attingiamo cibo dall’alto per il nostro spirito con la stessa cura con cui ci preoccupiamo di attingere cibo dalla dispensa per il nostro corpo?
“Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Matteo 4:4).
La “vita” è nella parola che viene “dal Padre”, oggi. La Bibbia è la parola eterna di Dio e certamente dà vita, ma per vivere la vita abbondante, dobbiamo avere un rapporto con ciò che esce dalla bocca di Dio “oggi”.
Gesù era pieno di vita, perché si alimentava continuamente dall’alto. Dietro la perfezione del suo ministero c’era il rapporto costante con il Padre.
“Io non posso fare nulla da me stesso”; “Il Figlio non può fare nulla se non lo vede fare dal Padre”; “Il Padre mi ama e mi mostra tutto quello che fa”, sono affermazioni con cui cercava di comunicare ai suoi discepoli da dove attingeva la vita (Giovanni 5:19-20). Prima di agire, “vedeva”. Se non vedeva non agiva, se non ascoltava non parlava … per quanto grandi e gravi potessero essere i bisogni e le circostanze intorno a lui. “La fama di lui si spandeva sempre più: e moltissima gente si radunavano per udirlo ed essere guarita dalle sue infermità. Ma egli si ritirava nei luoghi deserti e pregava” (Luca 5:15-16). Andava ad ascoltare il Padre, a “vedere” le opere del Padre.
Abituati per generazioni agli “idoli muti”, quando siamo davanti a Dio parliamo, parliamo, parliamo … Gesù ascoltava! Impariamo anche noi ad ascoltare, a scrutare le Sue opere, e forse saremo liberati dalla fatica e dalla sterilità delle nostre.
L’albero
Guardavo un albero, giorni fa, dal mio balcone e riflettevo … Nato “dalla terra”, radicato “nella terra”, porta frutto “in alto”. Così noi, nati “dall’alto”, radicati “in alto” per portare frutto “sulla terra”. Ci sono molti frustrati e scoraggiati in mezzo al popolo di Dio. Desiderano, ma non riescono. È perché si sforzano “dal basso”. Bisogna invece toccare “l’alto”.
Essere come Gesù! Che sogno! Ma è realizzabile questo sogno? Sì, se comprendiamo il “segreto” che rendeva straordinaria la Sua vita. Egli stesso ce lo ha rivelato. Eccolo. “Lo Spirito del Signore è sopra di me” (Luca 4:18). Come l’albero è esposto al sole, così Gesù era “esposto” continuamente allo Spirito Santo … e fioriva, e portava frutto e poiché la sua “esposizione” era costante, era costante anche il suo frutto. Il suo ministero (miracoli, guarigioni, liberazioni) così come il suo carattere (amore, mansuetudine, determinazione, coraggio) erano il frutto dello Spirito “sopra di lui”. Dietro le sue vittorie, dietro la sua perfetta obbedienza, c’era il rapporto con la grazia che gli veniva continuamente dal cielo, nello Spirito che il Padre mandava ogni giorno su di lui.
Ed eccolo allora espresso meglio il “segreto” di Gesù: “pieno di grazia” (Giovanni 1:14). Egli era pieno di verità, ma sopratutto era pieno di grazia. Ed ecco che diventa più chiara anche la causa di tanti nostri insuccessi: siamo pieni di verità (o meglio, di “dottrine”) ma non sempre pieni di grazia. La “grazia” è la vita di Dio, è l’“IO SONO” in noi che ci permette di compiere tutte le Sue opere e di rispondere a tutte le sue aspettative.
Di grazia ci si riempie. Come? Facendoci riempire dallo Spirito. Lo Spirito Santo ci comunica la grazia che era in Gesù.
“Siate ripieni dello Spirito”, raccomandava Paolo agli Efesini (Efesini 5:18). Ma quando siamo veramente ripieni dello Spirito? Quando parliamo in lingue nuove? Quando profetizziamo o riceviamo rivelazioni spirituali? Basta questo per affermare che siamo ripieni dello Spirito?
I Corinzi non difettavano di alcun dono (1° Corinzi 1:5-7), ma erano gelosi, invidiosi, c’era fornicazione, c’era ubriachezza tra loro. Possiamo definirla una chiesa “spirituale”? Erano ripieni di Spirito Santo? NO! Per due motivi:
- L’esercizio dei doni non sempre è segno di “spiritualità”. I doni sono “manifestazioni dello Spirito”, non della spiritualità della persona che li esercita.
- “La grazia di Dio, salutare per tutti gli uomini, è apparsa e ci ammaestra a rinunciare all’empietà e alle mondane concupiscenze” (Tito 2:11). Se vivi nell’empietà, nelle concupiscenze di questo mondo, non sei ripieno dello Spirito … anche se predichi e parli in altre lingue!
Essere ripieni dello Spirito significa essere ripieni della grazia, ed essere ripieni della grazia significa essere ripieni della natura di Dio: cioè pieni di misericordia, di potenza, di sapienza, di speranza, ma sopratutto di santità e di fedeltà.
- Gli undici si alzarono a sostenere Pietro, senza rivalità, perché battezzati (immersi) nella grazia (Atti 2:14).
- Pietro annunciò senza timore l’evangelo di Gesù Cristo (da poco crocifisso) perché appena battezzato nella grazia.
- Gesù toccò il lebbroso, senza alcuna preoccupazione di restarne contagiato, perché ripieno di grazia.
“Dov’è lo Spirito del Signore, lì c’è libertà” (2° Corinzi 3:17). L’uomo pieno di grazia è un uomo libero dal proprio “io”, tutto proteso all’utile degli altri.
Guardiamo la preghiera di Gesù in Giovanni 17. È il “tipo” della preghiera dell’uomo che si muove nella grazia. Manca ormai poco alla Sua passione ed alla Sua crocifissione, e Gesù si ritira per pregare, ma notiamola bene questa preghiera: anche davanti alla morte Egli prega per gli altri, si preoccupa degli altri. Per sé solo poche parole: “Padre, se possibile, passi via da me questo calice” (Matteo 26:39), per gli altri la lunga, accorata preghiera ascoltata e trascritta da Giovanni (vv.6-26).
E noi? Quante parole spendiamo davanti a Dio “per noi stessi”? Quante a favore degli altri?
La grazia ti libera dal tuo egoismo, dalla ricerca del tuo benessere, e ti spinge a vivere per gli altri.
La grazia … come riconoscerla?
Come la vita nello Spirito è riconoscibile dal “frutto” dello Spirito (Galati 5:21-22), così è anche per la vita nella grazia. Eccone alcune caratteristiche “rivelatrici”:
- La grazia dà (non chiede per sé);
- La grazia rinuncia (perché l’altro abbia – 2° Corinzi 12:13);
- La grazia cede (perché l’altro arrivi);
- La grazia muore (perché l’altro viva – 2° Corinzi 4:10-12).
Voglio condividere con voi la testimonianza di un uomo, una storia vera che mostra quanta vita può liberare un atteggiamento di grazia:
“Per anni sono stato un nevrotico. Ero ansioso, depresso ed egoista. Tutti continuavano a dirmi di cambiare e a dirmi quanto fossi nevrotico. Ed io mi risentivo con loro, ed ero d’accordo con loro, e volevo cambiare, ma non ci riuscivo, per quanto mi sforzassi.
“Ciò che mi faceva più male era che anche il mio migliore amico continuava a dirmi quanto fossi nevrotico. Anche lui continuava a insistere che cambiassi. Ed io ero d’accordo con lui, e non riuscivo ad avercela con lui. E mi sentivo così impotente e intrappolato.
“Poi, un giorno, mi disse: «Non cambiare. Rimani come sei. Non importa se cambi o no. Io ti amo così come sei: non posso fare a meno di amarti».
“Quelle parole suonarono come una musica per le mie orecchie: «Non cambiare. Non cambiare. Non cambiare … Ti amo!»
“E mi rilassai. E mi sentii vivo. E, oh meraviglia delle meraviglie, CAMBIAI!”
Lo Spirito Santo è Spirito di grazia e produce vita. Il nostro io, invece, agisce esattamente all’opposto: chiede, pretende, contende, uccide.
Per esprimere la grazia che dà la vita, devi decidere di mettere a morte il tuo “io”. È stata una decisione che tutti gli uomini potentemente usati da Dio hanno dovuto fare. Consideriamo le parole di Paolo: “perseguitati, sopportiamo; ingiuriati, benediciamo” (1° Corinzi 4:12). Dietro queste parole c’era la morte, la morte del suo “io”. “Sono stato crocifisso” (Galati 2:20). Poiché era morto, produceva vita.
Toccati dal vento
“E L’Eterno formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2:7). L’Eterno “soffiò”. La vita è nel soffio di Dio che viene su noi. Dobbiamo essere toccati continuamente dal “vento” di Dio, il vento che porta la vita dello Spirito. Lo senti, a volte all’improvviso, ed … entri nella vita del cielo. Le passioni terrene, le glorie terrene, le ricchezze terrene si rivelano per quello che sono: vanità! Abbiamo bisogno di essere “toccati” da Dio. Allora butteremo alle ortiche le glorie terrene, i piccoli amori, le piccole ricchezze di questo mondo, le corse ai pulpiti …
“«Tutta questa gloria te la darò, se tu mi adori». «Va’, Satana!»” – gli rispose Gesù (Luca 4:5-8).
“Tutte queste cose le reputo tanta spazzatura affin di guadagnare Cristo” (Filippesi 3:8). “Toccavano” il Regno. Erano “unti”, toccati dal “vento”.
La vita dello spirito è vita … “dello spirito”. Quanto tempo dedichiamo alla vita del nostro spirito? È Agosto, mentre scrivo. E proprio a quest’ora molti sono al mare, immersi nell’acqua e questo porta refrigerio al loro corpo. Ma, da quanto tempo non facciamo un bagno “nello Spirito”?
L’unzione porta freschezza. Gesù, l’unto di Dio, camminava nella freschezza, nel refrigerio di Dio. L’unzione “rinfresca”. “Tu mi dai la forza del bufalo, io sono unto d’olio fresco” canta il salmista (Salmo 92:10). L’unzione, oltre alla forza, porta freschezza nella nostra vita.
“… Gesù giubilò per lo Spirito Santo …” (Luca 10:21). Fu una cosa improvvisa. Cos’era accaduto? Non stava pregando, non stava cantando, ma stava ubbidendo e l’olio “fresco” è caduto su di lui. Rifiutato, contestato, attaccato, ma la grazia lo toccò e tutto il suo essere fu rinfrescato dal vento di Dio.
Puoi giubilare in mezzo al disprezzo generale, se il vento di Dio è su te!
“Quelli che sono condotti dallo Spirito sono figli di Dio” (Romani 8:14). Siamo chiamati a essere “mossi” dal vento. Per compiere le opere di Dio, dobbiamo imparare a dipendere dal Suo vento. “Salirò io contro i Filistei?” chiese Davide al Signore. “Quando udrai un fruscío tra le cime degli alberi, allora sali, perché io sarò con te” (2° Samuele 5). Quando soffierà “il vento della grazia”, muoviti e vincerai. Ma non muoverti prima. Per poter vincere le tue battaglie per Dio, devi prima sentire su di te il vento della grazia.
Aquile, non aerei
“Dimenticando le cose che stanno dietro, mi protendo …” (Filippesi 3:13). Dove trovava tanta energia Paolo? “Volava” sul vento della grazia (“Non già io, ma la grazia!” – 1° Corinzi 15:10). Dio ci chiama ad essere aquile, non aerei. Vuole che non confidiamo sul nostro motore”, ma sul suo “vento”. Gli aerei sono veloci, volano alti, ma hanno una breve autonomia di volo, e dopo un po’ devono scendere perché si esaurisce il carburante (ed è questa l’esperienza di chiunque cerca di servire Dio facendo affidamento sul proprio “motore”). Ma “quelli che confidano nel Signore [nella Sua grazia] s’alzano a volo come le aquile. Non si affaticano …” (Isaia 40:31). Restano in alto, sostenuti dal “vento”!
Quanti credenti sinceri ma delusi, stressati, frustrati sono intorno a noi, e per quanto tempo lo sono stato anch’io! Amavo le cose di Dio, ma proprio esse a volte mi tenevano lontano dalla Vita. Quante opere ho cercato di fare per il Signore, ma basandomi sul mio motore, sul “mio” coraggio, sulla “mia” capacità. E quante volte il “volo” diventava pesante e precipitavo … Avevo perso il contatto con il vento di Dio. Avevo sete, perché anche se credevo in Lui, ero staccato da Lui, lontano dalle Sue sorgenti. E quante altre volte mi sono illuso di poter fare a meno del “vento” o di poter vivere dell’“olio” di ieri.
Gesù lo ha detto: “Chi dimora in me porta molto frutto” (Giovanni 15:5). “Chi dimora”: cioè, chi è costantemente unito a Me. L’olio deve essere fresco, l’unzione deve essere fresca o appassiamo. Quello che è sceso dal cielo ieri non è più capace di dare vita oggi, come la manna conservata nel deserto: fece vermi e mandò fetore (Esodo 16:20). Io respiro oggi, non vivo del respiro di ieri.
Ci definiamo pentecostali, ma dov’è il fuoco della Pentecoste nella nostra vita? Dove sono gli Stefano, nelle nostre chiese, umili “camerieri” ma capaci di trasformare una città per Dio? Dove i “segni” che accompagnavano gli unti di Dio di un tempo?
No, non possiamo vivere di ricordi né di vuote dottrine. Si appassisce, si muore, così!
Oggi dobbiamo vivere il fuoco di Dio, oggi dobbiamo sentire il vento di Dio su di noi! Un popolo rinfrescato dal vento, che vive in alto sostenuto dalla grazia di Dio, unto di Spirito Santo e di fuoco. Questo sarà il popolo che porterà ogni ginocchio a piegarsi nel nome di Gesù!
Per i non più giovani …
“Ma io sono vecchio, ormai – potrai dire – Adesso tocca ai giovani portare frutto”. Ma è valido questo discorso, è questo che dice Dio?
“Quelli che sono piantati nella casa dell’Eterno, fioriranno nei cortili del nostro Dio. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia: saranno pieni di vigore e verdeggianti” (Salmo 92:13-14).
No, non ci sono “vecchi” nel Regno di Dio. Abbiamo lo Spirito di “Colui che non ha età”, “l’Eterno”.
Caleb era forte come un giovane a 85 anni (Giosuè 14:10-11). Eli, invece, era debole e non vedeva quasi più, ma solo perché aveva smesso di servire Dio, era uscito dal contatto con la vita (1° Samuele 3:2)!
“Io sono venuto a portare vita” ci ricorda Gesù.
Stiamo “vivendo”? E, soprattutto, siamo vivendo oggi?
La fonte di Dio è disponibile, è inesauribile. L’acqua viva scorre, il pane della vita scende dal cielo ogni giorno per chi ha fame, il vento dello Spirito soffia sopra di noi. Facciamoci “toccare” e diventiamo quel popolo “vivo” che deve mostrare la gloria, la bellezza e la vita esuberante che sono nel Regno del nostro Dio!