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L’aborto, o (come oggi molti preferiscono dire) “interruzione della gravidanza”, è una pratica ormai sancita dalla legge e sempre più accettata dalla coscienza della nostra società. Ma la Scrittura ci dimostra, senza ombra di dubbio, come lo deve considerare Dio:
“Sei tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di naia madre. Io ti celebrerò perché son stato fatto in modo stupendo … I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi erano destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora. Oh, quanto mi son preziosi i tuoi pensieri, O Dio!” (Sal. 139:13-16).
È un fatto ormai ampiamente riconosciuto e confermato dalla scienza che lo sviluppo di una nuova vita, fin dal momento della fecondazione, è un processo senza soluzione di continuità. Tutte le caratteristiche dell’individuo sono già determinate e “codificate” fin dal concepimento nel patrimonio genetico dell’embrione, che comincia immediatamente a svilupparsi. Il suo cuore comincia a battere già a venticinque giorni!
Inoltre, noi che crediamo nella Bibbia sappiamo dal brano sopra citato che questo sviluppo avviene sotto il diretto controllo e osservazione di Dio. Anche nel caso di Giovanni Battista, leggiamo di come egli, allora un feto del sesto mese, “balzò nel seno” della madre per aver riconosciuto (non si sa come!) la presenza di Gesù nel grembo di Maria, la quale viene già chiamata “la madre del mio Signore”, quando Gesù è ancora un embrione concepito solo da pochi giorni! (Lc. 1:39-44; cfr. anche Ger. 1:5, Gal. 1:15).
È chiaro che ogni interruzione della gravidanza è dunque la soppressione di una vita umana, è una trasgressione del sesto comandamento: “Non uccidere”.
O la madre o il bambino?
Ma c’è qualche circostanza in cui può essere legittima l’interruzione di una gravidanza? E una domanda cui è difficile rispondere. Personalmente non riesco ad immaginare altro motivo che la sicura morte della madre al parto; circostanza peraltro praticamente inesistente al giorno d’oggi.
E anche in questo caso, credo che sia impossibile fare una prognosi così sicura, tanto più per chi ha dato la propria vita nelle mani di Dio. Non scrive forse Davide: “Nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi erano destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora” (Sal. 139:16)? Dio non è forse capace di dare a una madre debole la forza di partorire?
Non so quante volte nel mio ministero pastorale ho dovuto consigliare donne alle quali i medici avevano consigliato di abortire per gravi motivi di salute. Per qualcuna di esse, la morte durante il parto era “quasi sicura”. Ma il mio consiglio non poteva essere che questo: “Dio, che nella Sua saggezza ha dato la vita al bambino che è in te, ti darà la forza e la protezione di cui hai bisogno per metterlo alla luce”.
Certamente è una questione di fede, ma è sempre andato tutto bene. Il nostro Signore è un Dio fedele! “Io che preparo la nascita non farei partorire? dice l’Eterno”, e ancora: “Egli dà forza allo stanco e accresce vigore a colui che è spossato. I giovani si affaticano e si stancano; i giovani scelti vacillano e cadono, ma quelli che sperano nell’Eterno acquistano nuove forze, s’alzano a volo come aquile; corrono e non si stancano, camminano e non s’affaticano” (Is. 66:9, 40:29-31). Chi confida in Lui non rimarrà deluso!
A volte le donne domandano: “I medici fanno pressione su di me, dicendomi: «Devi abortire subito, altrimenti muori!» Come devo fare?”. Bisogna rispondere: “Mettiti in preghiera davanti a Dio: parlagli dei tuoi timori e delle pressioni dei medici. Chiedigli che cosa ne pensa Lui, che è più grande di tutti i medici! Chiedigli il riposo e la pace interiore per portare avanti la tua gravidanza con la fiducia che tutto andrà bene, e la grazia di avere fede in Lui piuttosto che negli uomini. Rimarrai stupita da come Egli opererà nella tua vita!
Qualcuno a questo obietterà: “Ma se poi la madre muore, chi se ne assume la responsabilità?”. La sola risposta possibile è: Dio! Nelle Sue mani sono la vita e la morte. Nessuno di noi, malgrado tutte le risorse della medicina, può garantire di essere ancora in vita domani. Dobbiamo decidere se vogliamo avere fede in Dio oppure no! Ricordiamo che abortire vuol dire sopprimere una vita umana, e che ognuno di noi dovrà alla fine rendere conto a Dio delle proprie azioni.
Un’altra domanda che spesso si sente è: “La Parola di Dio ordina a noi mogli di essere sottomesse ai nostri mariti. Mio marito non vuole questo bambino e fa pressioni su di me perché io abortisca”. Qualche marito è arrivato perfino a minacciare la moglie di divorziare se lei non avesse abortito. Ma anche in questo caso, la risposta non può essere che: non abortire! “Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini” (Atti 5:29).
Aiuto! Ho abortito!
Nonostante i condizionamenti della società e i ragionamenti con cui cerchiamo di convincerla, la coscienza umana riconosce la giustizia dei decreti di Dio. Molte donne che hanno abortito sono vittime di seri disturbi psichici derivanti da un profondo senso di colpa e di rimorso che si manifesta in crisi di pianto, depressione e insonnia che spingono all’uso di psicofarmaci o sedute psichiatriche.
Spesso noi pastori ci ritroviamo a dover aiutare donne con profondi problemi fisici, psichici e spirituali. Nella ricerca delle possibili cause, alla domanda: “Hai mai abortito?”, non è rara una risposta affermativa. L’aborto lascia profondi segni e può avere conseguenze su tutta la persona: sullo spirito, sull’anima (emozioni, pensieri, volontà) e anche sul corpo: dolori addominali, mal di testa, giramenti di testa, inappetenza e altro, sintomi che possono derivare da uno stato psichico disturbato; risolvendo questo, gli effetti positivi vengono presto percepiti anche nel corpo.
Come dunque procedere per aiutare una persona in queste condizioni? Vorrei suggerire i seguenti passi:
- Portarla a confessare l’aborto come peccato e a esprimere a Dio il proprio ravvedimento, chiedendo perdono.
- Confessare la propria fede nel fatto che Gesù è morto e ha sparso il suo sangue per scontare anche questi peccati davanti a Dio; aiutarla a credere e a realizzare “dentro” il Suo perdono con la preghiera e l’imposizione delle mani, assicurandola: “Tu sei perdonata da Dio”.
- Invocare con fede e convinzione la guarigione dello spirito, dell’anima e del corpo. Con le mani poste sul capo della donna, ci si può esprimere in termini come questi: “Nel nome di Gesù, che ha sparso il suo sangue per perdonarti, guarirti e rinnovarti, ordino guarigione al tuo spirito, alla tua coscienza ferita, ai tuoi sensi di colpa. Nel nome di Gesù ordino guarigione alla tua anima: alle tue emozioni ferite, ai tuoi ricordi, ai tuoi pensieri. Nel nome di Gesù ordino guarigione al tuo corpo perché torni la calma, la salute e il riposo in tutto il tuo essere. Sii perdonata e non peccare più! Amen!”.
- Incoraggiarla a ringraziare Dio per la Sua grazia, benignità e perdono.
Nella mia esperienza pastorale il Signore ha sempre restituito la pace interiore, liberando le persone da ogni conseguenza spirituale, psichico e fisico del loro peccato. Il nostro è un Dio che ama, che restaura e ristabilisce perché possiamo vivere il resto della nostra vita con Lui e per Lui.