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di Giovanni Wesley
Molti evangelici sanno del risveglio in Gran Bretagna e in America nel Settecento, prodotto dalla potente predicazione di Giovanni Wesley e dei suoi collaboratori. Non tutti sanno, però, che una strategia principale del metodismo di Wesley fu quella di unire gli uomini e le donne così attirati in “classi”, cioè piccoli gruppi di discepolato, cura e stimolo reciproco. Infatti, l’altro grande evangelista dell’epoca, George Whitefield, prima di morire osservò con rammarico: “Wesley ha riunito i suoi convertiti in classi, conservando così i frutti della sua opera, ma i miei sono diventati una fune di sabbia”. Proponiamo dunque ai nostri lettori questo documento storico, non da imitare ciecamente, ma perché riteniamo ancora validi i principi di fondo che esprime.
– N.d.R.
Le classi e i loro capi
Perché si possa più facilmente discernere se i membri stanno veramente “compiendo la loro salvezza”, ogni società [termine usato all’epoca per designare quelle che non erano ancora diventate vere e proprie “chiese” metodiste – N.d.R.] è suddivisa in gruppi più piccoli chiamati “classi”, a seconda del luogo di residenza delle persone. Una classe è costituita da circa dodici membri, uno dei quali viene nominato “capoclasse”. È suo dovere:
- vedersi con ogni membro della classe almeno una volta la settimana per:
1) chiedere come prospera l’anima sua;
2) consigliare, rimproverare, consolare o esortare, secondo le necessità del caso;
3) ricevere ciò che è disposto a dare per il sostentamento dei predicatori, della chiesa e dei poveri;
- incontrarsi una volta la settimana con i ministri e i tesorieri della società per:
1) informare il ministro di chi è malato, o di chi eventualmente si comporta disordinatamente e non accetta rimproveri;
2) versare ai tesorieri quanto ha ricevuto dalla classe nel corso della settimana precedente.
Astenersi dal male
C’è una sola condizione richiesta anticipatamente a coloro che chiedono di far parte delle società: “il desiderio di fuggire l’ira a venire e di essere salvati dai propri peccati”. Ma là dove questo desiderio è veramente radicato nell’anima, sarà manifestato dai suoi frutti.
Ci si aspetta, dunque, che tutti coloro che continueranno a farne parte seguitino a dare prova del loro desiderio di salvezza: in primo luogo, astenendosi dal male, evitando il peccato di ogni genere, e in particolare quelli più largamente diffusi, quali:
- usare il nome di Dio invano;
- profanare il giorno del Signore, sia compiendo in esso il lavoro ordinario, sia comprando o vendendo;
- ubriacarsi o comprare, vendere o consumare bevande liquorose, salvo in casi di estrema necessità;
- possedere o trafficare schiavi;
- litigare, fare a pugni o usare violenza; fare causa contro i propri fratelli; ricambiare il male per il male o insulti per insulti; usare moltitudini di parole nel comprare o vendere;
- comprare o vendere merci sulle quali non è stato pagata l’imposta;
- dare o prendere cose con usura, cioè, con interessi esorbitanti;
- parlare in modo non caritatevole o leggero; in particolare, parlare male dei magistrati e dei ministri;
- fare agli altri cose che non vorremmo che essi facessero a noi;
- fare qualunque cosa che sappiamo non essere per la gloria di Dio; ad esempio:
- portare oggetti d’oro e indumenti costosi;
- praticare divertimenti che non si possono esercitare nel nome del Signore Gesù;
- cantare quelle canzoni, o leggere quei libri, che non tendono alla conoscenza e all’amore di Dio; il lusso e la superflua indulgenza ai propri desideri;
- accumulare tesori sulla terra;
- prendere in prestito senza la probabilità di poterlo ripagare, o prendere merci senza la probabilità di poterle pagare.
Fare il bene
Ci si aspetta che tutti coloro che continueranno a fare parte di queste società seguitino a dare prova del loro desiderio di salvezza: in secondo luogo, facendo del bene; praticando la misericordia secondo le proprie possibilità; facendo del bene, secondo le occasioni, in ogni possibile maniera, e, per quel che è possibile, a tutti gli uomini:
- ai loro corpi, con i mezzi che Dio provvede, dando cibo agli affamati, vestendo i nudi, e visitando e aiutando i malati e i carcerati;
- alle loro anime, istruendo, richiamando o esortando tutti coloro con i quali abbiamo contatto; calpestando quella dottrina estremista secondo la quale “non dobbiamo fare il bene se il nostro cuore non si sente libero di farlo”;
- facendo del bene specialmente a quelli che fanno parte della famiglia dei credenti o che desiderano farne parte: dando loro lavoro in preferenza agli altri; comprando l’uno dall’altro; aiutandosi negli affari; e tanto più perché il mondo amerà i suoi e soltanto loro;
- praticando ogni possibile diligenza e frugalità, affinché il Vangelo non sia biasimato;
- correndo con perseveranza la corsa che si trovano davanti, rinunciando a se stessi e prendendo ogni giorno la propria croce; accettando di portare il vituperio di Cristo e di essere come la spazzatura e i rifiuti del mondo, e aspettandosi che gli uomini dicano di loro ogni specie di male, per amore del Signore.
Praticare la pietà
Ci si aspetta che tutti coloro che continueranno a fare parte di queste società seguitino a dare prova del loro desiderio di salvezza: in terzo luogo, praticando tutte le cose ordinate da Dio, cioè:
- il culto pubblico di Dio;
- il ministero della Parola, letta o spiegata;
- la cena del Signore;
- la preghiera in famiglia e privata;
- investigare le Scritture;
- il digiuno e l’astinenza.
Sono queste le Regole Generali delle nostre società; tutte cose che Dio ci ha ordinato di osservare, anche nella Sua Parola scritta, che è l’unica e sufficiente regola sia della fede che della nostra pratica. E sappiamo che lo Spirito scrive queste cose nei cuori veramente risvegliati. Se c’è in mezzo a noi qualcuno che non le rispetta, ma abitualmente ne trasgredisce una qualsiasi, il fatto sia reso noto a coloro che vegliano per quell’anima come fa chi dovrà renderne conto. Lo avvertiremo dell’errore del suo comportamento; lo sopporteremo per un tempo; ma se poi non si ravvede, non ha più posto fra noi. Avremo liberato l’anima nostra.