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Ernesto D. Bretscher
Tutta la Scrittura mira a rivelarci l’amore che Dio nutre per noi, con le grandi implicazioni pratiche di questo fatto per la nostra vita. Ma non solo, mira pure a rivelarci quel che Dio si aspetta da noi, e cioè che Lo amiamo con tutto il nostro essere e che, in segno di tale amore, ubbidiamo ai Suo comandamenti. E uno dei Suoi comandamenti più importanti è che ci amiamo gli uni gli ‘ altri “come Lui ha amato noi”.
E fin qui siamo certamente d’accordo tutti quanti. Ma non bastava dirci semplicemente di amarci gli uni gli altri … lo Spirito Santo ben sapeva che per farlo, avremmo dovuto rinunciare a tutta una serie di “diritti” e “rivendicazioni personali”, e questo spesso contro la nostra indole naturale. Infatti, Paolo ci raccomanda: “L’amore sia senza ipocrisia” (Rom. 12:9); e “che nessuno opprima il fratello né lo sfrutti negli affari, perché il Signore è un vendicatore in tutte queste cose” (1 Tess.4:6), aggiungendo:“Bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri… non fate posto al diavolo … nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca, ma se ne avete qualcuna buona, CHE EDIFICHI secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi, l’ascolta. Non rattristate lo Spirito Santo di Dio … Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio ed ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria! Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo (Ef. 4:25-32).
La Parola di Dio, dunque, ci insegna come amarci reciprocamente, scendendo anche nei minimi particolari. Per natura, sappiamo amare unicamente le persone che non solo fanno altrettanto nei nostri confronti, ma che ci sono congeniali e con le quali andiamo d’accordo. Invece, l’amore di cui parla Gesù va ben oltre! Egli stesso ci dice: “Se amate, quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso … Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo” (Luca 6:3235).
Se questo è quanto Dio si aspetta da noi nei rapporti con quelli che non corrispondono il nostro amore, quali saranno le attese del nostro Padre celeste per i rapporti tra noi che ci diciamo Suoi figli?
Perfetti nell’unità
Gesù, infatti, si attende il massimo: “Che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi… Siano uno come noi siamo uno;… siano perfetti nell’unità… affinché l’amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro” (Giov. 17:21-26).
Non si accontenta di poco! Gesù vuole che il rapporto tra di noi sia identico a quello che intercorre tra Lui. e il Padre. Solo così l’amore di Dio potrà essere in noi, e Gesù stesso dimorerà veramente in noi. Ma … in pratica? Diciamo pure di amarci tutti in Cristo… ma come? Solo a parole? “Figliuoli, non amiamo a parole né con la lingua (cosa molto facile!) ma con i fatti e in verità. Da questo conosceremo che siamo della verità e renderemo sicuri i nostri cuori davanti a lui” (1 Giov. 3:18-19).
Invece, tra noi che ci reputiamo figli di Dio per grazia, i fatti dimostrano una ben triste realtà: in troppi casi l’amore di Dio è completamente assente. Troppe sono le persone – fratelli in Gesù! – che non riusciamo ad amare concretamente. Troppe sono quelle che non sopportiamo, non apprezziamo e con le quali non vogliamo stare. Troppi i giudizi, i risentimenti, gli isolamenti; troppe le maldicenze, le discriminazioni, le attitudini critiche nei confronti di fratelli che a noi piacciono poco per il loro comportamento, carattere, modo di fare, o spiritualità ancora povera! Per non parlare, poi, di coloro che la pensano un po’ diversamente da noi e che hanno modi diversi di vivere e di esprimere la loro fede in Gesù, che magari non fanno parte della nostra corrente denominazionale. In molti casi non si vuole neanche avere a che fare con tali persone in quanto non possono essere altro che dei “deviati”, visto che non stanno nelle “nostre” comunità! Un simile atteggiamento – purtroppo così diffuso tra gli evangelici del nostro paese – non sa di settarismo? E chi siamo noi per dire agli altri: “Fatti in là, perché io sono più santo di te!”? Il Signore dice: “Cose siffatte sono per me fumo nel naso” (Isaia 65:50).
“Che siano tutti uno – ha pregato Gesù – affinché il mondo creda che tu mi hai mandato”. Chi si assumerà la responsabilità di contravvenire a questa volontà? Che Dio ci guardi dall’agire con tale leggerezza!
Quel che è ancora più drammatico è che anche tra pastori appartenenti a varie “famiglie denominazionali” il rapporto sia spesso teso, addirittura impossibile… E intanto ognuno sostiene che Gesù è il proprio Signore e Salvatore! Perfino tra quelli che fanno parte della stessa “corrente”, il rapporto è molte volte difficile, tormentato da competizioni, invidie, sospetti, antagonismi e ipocrisie. Ma perché tutto questo? Non siamo forse diventati nuove creature in Cristo? Eppure tali realtà sono spesso ancora peggiori di quelle che troviamo nel mondo!
Parecchie volte mi sono imbattuto in inimicizie e discordie tra fratelli, dovute quasi sempre a rivalità e diversità di vedute. Ma questo è quanto di più ignobile vi sia sulla terra, perché vuol dire sputare sul sacrificio di Gesù. Ben dice la Scrittura: “Un fratello offeso e più inespugnabile d’una città forte; e le liti tra fratelli sono come le sbarre d’un castello” (Prov. 18:19). E poi pretendiamo di amare Dio! Non è forse per questo che il Corpo di Cristo è lacerato, smembrato, senza sapore, senza luce e vita? E perciò il mondo, sconcertato da tante divisioni tra quelli che dicono di amare Gesù, non può credere che Egli è il Figlio di Dio e continua a deridere ogni espressione del Corpo di Cristo.
Da dove iniziare?
Bisogna riparare, restaurare, ricostruire quanto il diavolo (in greco diabolos, cioè calunniatore) ha rotto, ferito distrutto e diviso. Le proporzioni del suo operato sono enormi; “ma fatevi animo, io ho vinto!”, dice Gesù. Nel mondo intero lo Spirito Santo sta sensibilizzando i credenti perché si impegnino a riparare le brecce. Un vento di ravvedimento sta soffiando sulla chiesa di Gesù, ancora smembrata, e dovunque uomini e donne stanno rispondendo al soffio dello Spirito Santo. L’ora è venuta in cui la Sposa di Cristo si è svegliata dal suo torpore e si sta preparando ad incontrare il suo Re.
Anche a te il Signore parla e dice: incomincia anche tu a riparare le brecce, a ricostruire i rapporti fratturati, a guarire le ferite. Inizia là dove sei, con i fratelli che ti circondano. L’amore non è un’opzione, è un comandamento con tutti i suoi risvolti pratici, anche se questi a volte sono dolorosi e sofferti. Vi sia una tua decisione personale di considerare gli altri al pari di te stesso!
È un fatto che siamo tutti diversi per carattere, formazione, cultura, vedute, comprensione, ecc. e che pensiamo tutti ‘con una mente diversa. È inevitabile che vediamo le cose, la vita, le priorità attraverso il filtro della nostra mente; ma questo giustifica forse le nostre divisioni? No, bisogna solo imparare ad amare un po’ meno noi stessi ed un po’ di più gli altri, e lasciare che Dio sia il solo a giudicare i cuori e le intenzioni degli -uomini. Quanto a noi, Egli ci chiede:
- Di accettarci reciprocamente, così come siamo, senza voler cercare le “pagliuzze” (cfr. Giac. 2:8-9).
- Di avere fede che Dio ama e salverà tutti coloro che proclamano Gesù loro Signore (Rom. 14:4).
- Di amare, perdonare, benedire e fare del bene ad ogni uomo e soprattutto ai fratelli in Cristo (Rom. 12:10-18).
- Di non giudicare. Dio non guarda a quel che guarda l’uomo nel Suo giudizio (1 Sam. 16:7).
- Di badare piuttosto a noi stessi per non essere trovati inadempienti (1 Cor. 9:27).
La vita dell’amore: la lealtà
L’amore è un comandamento, prima di diventare un sentimento. E il mezzo per trasformarlo da comandamento in vero rapporto di vita è la lealtà. Dal momento che confesso Gesù quale mio Signore, ricevo pure la Sua natura ed il Suo carattere. E Gesù mi dice che l’amore è già stato sparso nel mio cuore tramite lo Spirito Santo (Rom. 5:5). L’amore c’è; è in me come un seme che deve crescere, essendo coltivato ed innaffiato dalla grazia di Dio. Se il mio cuore è fatto di terra fertile, l’amore potrà fruttificare. Ma sono io – e solo io – ad avere la responsabilità di mettere in pratica o meno il comandamento di Gesù. E per farlo devo essere un uomo leale: senza lealtà, l’amore muore ancor prima di nascere.
Feci un giorno la conoscenza di un pastore, impegnato in una realtà evangelica molto diversa da quella a cui ero abituato. Aveva una cultura superiore alla mia e sembrava essere un uomo molto sicuro di sé, ma nacque tra noi lo stesso una certa amicizia, e da questa il desiderio di vivere un rapporto di reale impegno fraterno. Le nostre divergenze non dovevano costituire un ostacolo tale da impedirci di fare quanto Gesù ci ordinava!
Decidemmo, allora, di incontrarci regolarmente per conoscerci meglio. A poco a poco mi accorsi che non avrei potuto competere con lui … e a rifletterci bene, talvolta mi sentivo quasi “minacciato”. Pensavo che sarebbe stato forse più saggio ritirarmi in sordina, ma… non potevo neanche mettermi contro Gesù, il cui desiderio era chiaro: “che siano tutti uno”!
Così, andai avanti, accettando anche il rischio di potermi sentire calpestato e ferito. E mi accorsi che lui, anzi, sembrava felice di avere una tale amicizia con me. Tutti i miei timori si rivelarono infondati; infatti, presto decidemmo di trasformare la nostra amicizia in un rapporto tale– da renderci veramente uno in Gesù. Decidemmo:
- Di accettarci così quali eravamo.
- Di rispettarci, apprezzarci e frequentarci con regolarità.
- Di essere trasparenti, onesti e leali l’uno verso l’altro.
- Di essere fedeli al legame che ci univa in Cristo per sempre.
Da allora sono passati diversi anni. Il nostro rapporto è stato provato da svariate nostre divergenze, diversità, disaccordi e soprattutto dagli errori e dai difetti di entrambi, ma non ci siamo mai calpestati o feriti. Quante paure inutili! Infine, le maldicenze degli altri hanno fatto da contorno, ma niente e nessuno è mai riuscito ad indebolire la nostra lealtà ed il nostro reciproco amore. Anzi, dopo ogni prova, ci sentivamo uniti ancora di più. Il Signore è stato sempre più presente nel nostro rapporto. Eravamo partiti da una decisione alla quale volevamo a tutti i costi rimanere fedeli. Non abbiamo mai permesso al risentimento, all’amarezza o all’autocommiserazione di distanziare i nostri cuori. Certo, le tentazioni ci sono state, ma… avevamo deciso davanti a Dio di vivere l’unità che avevamo in Gesù, un rapporto di patto, per cui tornare indietro sarebbe stato come tradire Gesù stesso.
Parlavamo apertamente – e lo facciamo tuttora – della nostra vita, delle nostre idee, aspirazioni, gioie, riflessioni, ecc., ed anche delle nostre divergenze, dei nostri difetti, dei nostri errori, senza per questo sentirci feriti, perché avevamo (ed abbiamo) fiducia l’uno nell’altro. Siamo stati onesti l’imo’ con l’altro e ci diciamo tuttora sempre la verità, non ci nascondiamo nulla, siamo sinceri e trasparenti, senza cercare di apparire migliori di quello che siamo, a danno dell’altro. E nel riposo di un simile rapporto l’amore è sbocciato, è cresciuto ed è diventato come un albero saldamente ancorato nel terreno.
Un giorno, un fratello venne da me e, sapendo che frequentavo il pastore di cui sopra, cominciò a parlarmi di lui e del suo passato, dei suoi errori e dei pericoli che (secondo lui) correvo. Ad un certo punto gli risposi: “Mio caro, mi dispiace, ma io e quel fratello siamo uno, i nostri cuori sono una sola cosa. Il suo passato non m’interessa. Io so chi egli è oggi e lo amo come l’anima mia, perciò tu, nel parlare così di lui, parli di me, perché siamo una stessa cosa”. Il poveretto obiettò: “Ma te ti conosco, non ho nulla da ridire su di te, anzi sei una persona stimatissima, volevo solo metterti in guardia …” Lo interruppi dicendo: “Non è così: io sono anche quello che è, secondo te, quel mio fratello, perché siamo una stessa cosa”. “No, per carità! tu non sei come lui, sei una persona piena del Signore… Ti prego, non fraintendermi, non ce l’ho con te …” Ed io: “Invece sì, hai colpito me perché Gesù ci ha resi membra di un solo Corpo, il Suo! Se ferisci un solo membro, tutto il corpo ne soffre, quindi anch’io”. Non possiamo permettere a niente e a nessuno di rompere i nostri legami fraterni, anche se le accuse sono vere! Satana è l’accusatore dei fratelli e li accusa giorno e notte (Apoc. 12:10); ma Dio non ascolta le sue accuse, anche quando sono vere, perché noi siamo accettati nell’amato Figlio Suo.
Oggi, il nostro rapporto è più solido che mai, perché Gesù ne è il Signore! E mi è stato concesso di avere simili rapporti con diversi altri fratelli, rapporti che resistono e rimangono saldi grazie alla lealtà. È questo che intendo quando dico che la lealtà è la vita dell’amore. Anche se non ho con tutti i fratelli dei rapporti altrettanto profondi, verso ognuno ho deciso di essere leale e di non permettere a niente e a nessuno di insudiciare o ferire il nostro amore e amicizia. Ora, ripeto che questo dipende unicamente da me. L’amore è in me per lo Spirito Santo, ma sono io che devo manifestarlo, decidendo di essere leale con i miei fratelli, sia quelli che mi sono vicini che quelli lontani; anche con quelli che non conosco! Parlare male di loro o mancare loro di rispetto significa ferire Gesù. E, aggiungo, non dobbiamo aspettare che siano gli altri ad iniziare per primi. Cominciamo noi, e gli altri risponderanno contraccambiando il nostro amore.
E le altre comunità?
Il comando di Gesù è di amare i fratelli, il prossimo e addirittura i nemici! Non abbiamo quindi alcuna scusa per non amare i membri di altre comunità. Anzi Gesù ordina ai suoi discepoli di amarsi reciprocamente come Egli ha amato noi. Se i membri di altre comunità sono “nati di nuovo”, se confessano Gesù quale Signore e Salvatore e credono che Dio l’ha risuscitato dai morti, sono certamente nostri fratelli… anche se su certe questioni dottrinali la vedono diversamente da noi. Magari non ci sarà subito possibile vivere con loro un amore intenso come quello descritto sopra, ma bisogna comunque iniziare con il rispetto e la lealtà reciproca.
I pastori, poi, dovranno essere i primi ad essere leali con i loro conservi nel Signore, anche se non ne condividono tutto l’operato. Diventerà indispensabile che si incontrino tra loro, già a titolo di amicizia per trascorrere del tempo insieme, per conoscersi ed imparare ad apprezzarsi. Potrà essere utile cenare, passeggiare e pregare insieme. Ma bisogna incontrarsi con il fermo proposito di voler diventare praticamente “uno” in Gesù, anziché trascorrere il tempo in inutili discussioni teologiche e dottrinali. Le discussioni portano spesso ad invidia, contenzione, maldicenza e cattivi sospetti (vedi 1 Tim. 6:4), che certo non costruiscono i rapporti. Bisogna prima rendere stabile e sicuro il nostro rapporto, basandolo sulla lealtà reciproca, e in seguito si avrà l’occasione di confrontarsi in maniera costruttiva sulle divergenze teologiche. Sarà quindi necessario essere coerenti con la decisione di essere leali con i nostri fratelli e non accettare più che alcuna cosa semini perplessità, risentimenti, amarezze, giudizi negativi, ecc., nel nostro cuore, verso di loro. Sarà spesso un sacrificio restare leali… ma Gesù ci ha avvertiti: “Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.
Ed ora alcuni consigli pratici:
- Decidi. nel tuo cuore, davanti a Dio:
- a) di non– sparlare più sul conto di alcun fratello in Cristo (anche se di altra denominazione);
- b) di non farti influenzare da alcuna maldicenza sul conto di altri fratelli, anche se chi ti parla è degno di fede. (I sassolini fanno presto a diventare montagne!)
- c) di essere leale con ogni fratello che proclama Gesù suo Signore;
- d) di essere sempre cordiale, amichevole e affettuoso con chiunque, ed in modo particolare con chi dice di, credere in Gesù. Se è un vero credente, agirai da fratello; se non lo è, sarai per lui una testimonianza.
- Inizia dei rapporti basati sul rispetto e l’apprezzamento per chiunque confessa Gesù, ma con saggezza e sensibilità. Sii interessato a tutto quello che potrebbe dirti, tranne che alla maldicenza. Non vantare la tua esperienza o la tua comunità a suo discapito.
- Proteggi i rapporti instaurati o già esistenti con altri fratelli. Sii sempre leale e non permettere a nessun di gettare discredito sui tuoi fratelli, anche se non fanno parte della tua comunità. Parla loro con estremo rispetto e delicatezza. L’amicizia è preziosa e non va ferita e sciupata per mancanza di tatto. È scritto di non scandalizzare colui per il quale Cristo è morto! (Rom. 14:15)
- Sii solidale e onesto anche con i fratelli che non conosci. Questo vale soprattutto per i conduttori di comunità della stessa città: se i membri di altre comunità locali improvvisamente cominciamo a . frequentare la tua, accertati sui loro veri motivi. Può anche darsi che siano stati ammoniti e si- trovino in posizione di ribellione. Può anche darsi che non vogliano accettare o sottomettersi alle direttive comunitarie, oppure potrebbero aver litigato con qualcuno. Riceverli nella tua comunità significherebbe:
- a) Una mancanza di lealtà e solidarietà col tuo conservo in Cristo, il quale ne rimarrebbe ferito.
- b) Darebbe modo ai ribelli di sfuggire alle loro responsabilità.
- c) Aggiungerebbe alla tua comunità delle persone che presto o tardi finiranno per causarle tanti problemi, perché non hanno fatto i conti con le proprie abitudini sbagliate. 5. Aspettati di ricevere dagli altri. Vigila sui tuoi atteggiamenti, che potrebbero essere del tipo “Io non ho bisogno degli altri”. Se manterrai un atteggiamento umile e aperto, darai modo:
- al Signore, di parlarti su aspetti della tua vita che forse fino ad oggi non hai preso in considerazione. Sarà un arricchimento per te!
- agli altri, di sentirsi apprezzati e valorizzati, il che accelererà la crescita dei loro rapporti fraterni con te;
- agli altri, di poter aprirsi nei tuoi confronti, dando a Dio la possibilità di parlare nella loro vita per mezzo di te.
Ed ora, al lavoro!
Bisogna che ti rendi conto che l’amore può essere un sentimento, ma si esprime con le attitudini ed i fatti. L’amore non è teorico. Bisogna mettersi dunque al lavoro per ricucire gli strappi. Inizia con i fratelli della stessa tua comunità. Con quali non vai d’accordo? Chi hai criticato, disprezzato, screditato, odiato? Vai subito da questi per chiedere perdono, e quindi esprimi loro il tuo desiderio di diventare veramente “uno” in Cristo con loro.
Inizia tali rapporti con pochi fratelli alla volta per avere il tempo di coltivare bene l’amicizia; ma sviluppa comunque un’attitudine di apertura verso gli altri, ed assicurati di essere leale verso chiunque ama Gesù. Ripara prima i rapporti feriti e lacerati, solo dopo potrai costituirne dei nuovi. E così parteciperai anche tu al progresso del Regno di Dio nella vita degli uomini e alla preparazione della Sposa di Cristo. Buon lavoro!