(1 Agosto 2014)
Tratto da DiRS Dipartimento di Ricerche e Studi dei Gruppi Biblici Universitari (http://dirs.gbu.it)
http://dirs.gbu.it/pdf/2014_Cambiamento%20di%20paradigma.pdf
La data del 28 luglio 2014 è stata per l’evangelismo italiano una data storica. Per la prima volta un Pontefice romano (Papa Francesco) è entrato in una chiesa evangelica, vi ha predicato, ha chiesto perdono per le persecuzioni subite dagli evangelici pentecostali (durante il Fascismo e fino al 1955) e ha lanciato una di sfida a tutto quell’evangelismo che storicamente non si è mai riconosciuto nel movimento ecumenico.
È accaduto a Caserta, nella Chiesa della Riconciliazione, il cui pastore, Giovanni Traettino, è grande amico dell’attuale Papa fin dai tempi in cui questi era cardinale di Buones Aires, nonché è attivamente impegnato nel dialogo tra il mondo carismatico evangelico e quello cattolico (sono anni che partecipa ai raduni di Rinnovamento dello Spirito, il movimento che rappresenta i carismatici cattolici).
Agli ospiti Francesco ha dedicato il pensiero del teologo luterano Oscar Cullmann (senza citarlo direttamente, ma alludendovi in maniera chiara) relativo allo Spirito che può favorire una diversità riconciliata tra cristiani appartenenti non solo a denominazioni diverse ma addirittura a tradizioni diverse, come appunto il cattolicesimo e, in generale, l’evangelismo.
Questo evento si colloca in una serie di altri eventi che hanno evidenziato una forte attenzione da parte di Papa Francesco per il protestantesimo, prima di tutto pentecostale e poi evangelico. Tra gli altri, va ricordato l’invito a pranzo, in Vaticano, di alcuni esponenti dell’evangelismo mondiale tra cui Geoff Tunnicliffe, SG della WEA.
Tutto questo fermento ha messo in fibrillazione una parte del mondo evangelico italiano, in particolare gran parte del mondo pentecostale e l’Alleanza Evangelica Italiana; e questo evangelismo ha sentito il bisogno di ribadire, con documenti diffusi anche in altre lingue, le distanze che lo separano dalla chiesa di Roma. Altri ambienti dell’evangelismo non sperimentano, al momento, una simile pressione. Queste reazioni e questi documenti hanno preceduto l’incontro del 28 luglio e dunque non hanno tenuto conto dei discorsi tenuti in questa circostanza. Erano dunque reazioni ai gesti del Pontefice e a ciò che avrebbero potuto significare, soprattutto per l’evangelismo nazionale e mondiale.
Dopo che l’incontro di Caserta ha avuto luogo, abbiamo finalmente la possibilità di andare oltre i gesti (che andrebbero analizzati con registri che non siano unicamente teologici) e possiamo concentrarci sulle parole e sulle proposizioni espresse sia da Francesco sia dal Pastore Traettino.
È dall’analisi di queste espressioni pubbliche che emerge chiaramente la necessità che l’evangelismo italiano si doti al più presto di categorie adeguate per rispondere alle sfide che gli sono state lanciate.
Per giustificare questa affermazione è utile rilevare la debolezza dei cliché che hanno improntato le reazioni che si sono registrate.
– Da un lato c’è chi ha sentito il bisogno di riaffermare, in una retorica che evoca il sedicesimo secolo, tutti i cinque punti della Riforma che ancora dividono la chiesa di Roma dal mondo protestante e da quell’evangelismo che vuole riaffermare questa eredità.
Questo approccio ha indubbiamente il vantaggio della chiarezza. Tuttavia si rivela funzionale, nel contesto postmoderno a cui sono improntati i gesti di Papa Francesco, a quella diversità riconciliata, che è stata auspicata. Ribadire la propria identità protestante appare una necessità che sembra recare giovamento solo a noi stessi ma non induce nessuna riflessione negli italiani ai quali viene professata; tutt’al più, queste dichiarazioni suscitano negli italiani simpatia per minoranze quasi sconosciute che ora invece sono coccolate dal Papa. Inoltre, appare evidente che questo approccio oltre a dare tranquillità a chi lo usa tenta di interpretare al meglio l’anticattolicesimo che è sempre presente nella pancia dell’evangelismo italiano e che, sino ad ora, è sembrato essere il suo unico collante, ancor più dei punti teologici comuni.
– Dall’altro lato, i fautori dell’ecumenismo classico, che in Italia è portato avanti dal protestantesimo “storico” (Valdesi, Metodisti, etc.), vede nell’apertura di Francesco al mondo pentecostale, fatta in nome di un proprio campione, come il luterano Oscar Cullmann, dal quale il Papa ha preso in prestito i concetti presentati a Caserta, nuove opportunità per le iniziative ecumeniche che sembravano negli ultimi anni essere bloccate. Il gesto di Francesco disorienta e spiazza questo protestantesimo.
Ai fini delle esigenze della proclamazione del vangelo anche questo approccio, in fin dei conti, risulta però negativo in quanto sposta l’attenzione del messaggio evangelico dal suo centro agli effetti costituiti da una fraternità indifferenziata e non fondata sull’applicazione agli individui dell’opera di Gesù Cristo.
Appare dunque necessario, dopo la giornata del 28 luglio, per gli evangelici italiani ricercare un modello di interpretazione e di interazione del e con il cattolicesimo che sia diverso dalle alternative elencate. Questo modello deve partire dalle esigenze del vangelo che non sono totalmente tutelate dalla sterile contrapposizione teologica e dai sentimentalismi dei gesti straordinari.
Innanzitutto sarà opportuno che gli evangelici decidano quale strada intraprendere nei confronti di una serie di alternative:
1. Devono decidere se continuare a parlare del rapporto degli Evangelici con il cattolicesimo, usando il cattolicesimo come un case study o come un alibi per cercare di compattare gli evangelici e reagire tutti insieme.
1a. Oppure devono decidere se tornare a parlare di Cattolicesimo vero e proprio, investendo delle energie nel campo della ricerca teologica per conoscerlo nella sua configurazione attuale. Gli studi sul Cattolicesimo, in Italia, sono infatti fermi agli anni 60–70. Si tratta di studi autorevoli, ma che andrebbero aggiornati dopo che, da quel momento, si sono succeduti quattro Pontefici sul soglio pontificio e si sono potuti registrare le conseguenze ambigue del Concilio Vaticano II.
2. Devono decidere se la loro vocazione in quanto cristiani evangelici, nel posto in cui il Signore li ha posti, è quella di rispondere direttamente al Cattolicesimo, contrastandolo e contrapponendosi a esso in ogni campo.
2a. Oppure devono dedicarsi totalmente a rendere testimonianza al vangelo, sia pure in un contesto segnato dalla predominanza del cattolicesimo e in presenza di gesti come quelli a cui abbiamo assistito.
Le seconde alternative (1a e 2a) a noi paiono le più promettenti per un modello interpretativo e di interazione che ponga al centro le esigenze del vangelo.
Infine, un altro elemento del modello potrebbe essere quello di sottoporre direttamente le affermazioni pubbliche e le proposizioni espresse al vaglio della ricerca biblica. Le parole e i discorsi di Francesco nella giornata storica del 28 luglio ci confermano in questa ipotesi. Essi sono intrisi di riferimenti, temi e insegnamenti biblici e dunque una maggiore attenzione al modo in cui viene usata la Bibbia potrebbe aprire le porte a confronti e testimonianze promettenti.
La Bibbia, una volta proibita al popolo italiano, sta sempre più conquistando terreno nel dibattito pubblico, nella cultura in generale e nella percezione popolare. Essere presenti come popolo della Bibbia, piuttosto che come popolo di una tradizione religiosa, ci pare al momento la risposta più efficace, in grado di far emergere anche negli osservatori meno competenti le contraddizioni della compresenza, in seno alla Chiesa di Roma, di una esegesi e un’interpretazione del testo biblico molto avanzate quasi contrapposte ad affermazioni dogmatiche che invece devono nutrire la fede e la spiritualità dei fedeli, e che spesso sono distanti proprio dall’insegnamento della Scrittura.
Per questo nuovo paradigma, naturalmente, sarà necessaria tanta umiltà, sarà necessario non avere paura dei gesti nuovi e, soprattutto, non cadere più nella tentazione di parlare prima di ascoltare, prima di comprendere e studiare l’articolazione dei discorsi e delle prese di posizione pubbliche.
Infatti non mi vergogno del vangelo;
perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede;
del Giudeo prima e poi del Greco
(Rom 1:16)
DiRS
(1 Agosto 2014)
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