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di Ernesto D. Bretscher
“Signore – imploravo – dacci una grande raccolta di anime per Gesù!” Mi ero appartato per alcuni giorni per pregare, dando espressione al peso che sentivo sempre più forte nel cuore. Potete dunque immaginare la mia sorpresa quando mi sembrava di sentire una voce dentro di me che rispondeva: “Quello che chiedi non è possibile!”
“Sarà la mia immaginazione” pensai, e continuai a pregare come prima. Dopo un’ora circa, la voce ripeté ancora le stesse parole. Un po’ perplesso, continuai tuttavia la mia preghiera. Per la terza volta, allora, udii ripetere la medesima frase. “Signore – esclamai – questo non può venire da te! Io so che a te, nulla è impossibile!”
Per risposta, ebbi una visione che, negli anni trascorsi da allora, ha segnato profondamente la mia vita. Vidi, davanti ai miei occhi, distese enormi di grano maturo per la raccolta e accarezzato dal vento. In mezzo ai campi si ergevano di qua e di là dei granai, che però, a guardarli bene, si presentavano in uno stato piuttosto pietoso. Ad alcuni il tetto era crollato, altri avevano le mura screpolate o semidiroccate o le porte sconquassate. Alcuni erano ridotti a veri e propri ruderi. E avvertii che il Signore chiedeva: “Se si raccogliesse il grano e lo si deponesse in quei granai, che fine farebbe? Non andrebbe forse perduto?” E proseguì: “Troppe comunità in questo paese si presentano come questi granai: ecco perché quello che chiedi non è possibile. Prega, piuttosto, perché la mia chiesa sia riedificata e costruita solidamente, e allora sarà possibile accogliere un grande raccolto!”
Ricostruire i granai
Siamo spesso così attaccati alle nostre tradizioni evangeliche, quali i modi di tenere i culti, il linguaggio attinto da traduzioni della Bibbia ormai incomprensibili all’uomo di oggi, la manifestazione di esperienze dette “dello Spirito Santo” ma spesso ispirate più che altro dall’emotività naturale, che parecchi che mettono piede per la prima volta in una chiesa evangelica non ci tornano mai più. Le frequenti beghe, le competizioni per il pulpito e la carenza di vera cura pastorale, di coerenza e di autentici rapporti fraterni, fanno il resto. E mentre si celebra un culto dopo l’altro, la gente che oggi è pronta a ricercare il Signore, ma ignora la nostra presenza oppure rimane scandalizzata dalla nostra testimonianza, finisce per “marcire sugli steli”.
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi”. “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”. “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Giovanni 15:12, 13:35; Matteo 5:16).
Queste poche parole di Gesù ci fanno vedere quanto è grande la nostra responsabilità se il mondo non viene attratto da noi. Quanta costernazione deve esserci nel cuore di Dio alla vista di tale triste realtà!
E intanto in Italia abbiamo 57 milioni di persone, fra le quali molte forse sarebbero attirate e affascinate da una chiesa bella, coerente, composta di persone che veramente hanno arreso la loro vita a Gesù, pronte a ricevere, amare, servire, curare e guidare chiunque si avvicina al Signore.
Ma, a parte l’aspetto qualitativo, bisogna pure parlare di quello quantitativo. Non solo è urgente riparare i granai esistenti per renderli accoglienti e sicuri perché il “grano” già raccolto non marcisca più, ma è altrettanto importante costruire al più presto nuovi granai, ampi, solidi, stabili e sicuri: in altre parole, nuove comunità forti e funzionali. Lasciamoci coinvolgere – anche noi, come è avvenuto in altri paesi del mondo – dalla visione del campo da mietere!
Innamorarsi
Tutti gli uomini amano e desiderano le cose belle. Un bel paesaggio, una bella musica, una bella casa, un bel vestito, una bella automobile, ci attirano con forza. Ora, la parola d’ordine che Dio ci sta proponendo è: “Fate della Chiesa la realtà più bella, più desiderabile e più preziosa che ci sia nel mondo!” La Chiesa è chiamata a riflettere la bellezza di Gesù, perché la gente se ne possa innamorare.
Perché la chiesa non dovrebbe attirare il mondo? Se oggi tanta gente non mostra più alcun interesse per il cristianesimo, è evidentemente perché la Chiesa e i cristiani non attirano, non affascinano, non appaiono desiderabili.
Eppure chi ha modo di conoscere Gesù veramente, se ne innamora. Sorge allora una domanda: come farà la gente a innamorarsi di Gesù, se non può innamorarsi del Suo Corpo, la Chiesa? Vediamo dunque quanto è importante che la vita di Gesù sia visibile in noi! Gesù non solo ha detto: “Io sono la luce del mondo” (Giovanni 8:12), ma anche: “Voi siete la luce del mondo … Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5:14,16). Solo allora la gente si innamorerà della Chiesa e ne sarà entusiasta! Essa diventerà la realtà più appagante, più bella, più dolce del mondo.
La forza dell’esempio
Pensate che, se il mondo vedesse veramente in noi Gesù, rimarrebbe indifferente? Se gli uomini potessero toccare con mano un cristianesimo fatto non soltanto di versetti biblici, di preghiere e di cantici, ma anche di rapporti di autentico amore, di lealtà e di correttezza, di trasparenza e di onestà, di servizio disinteressato, di gioia e di entusiasmo, pensate che rimarrebbero insensibili? “La nostra lettera … siete voi, lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete una lettera di Cristo … scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente” (2° Corinzi 3:2). “E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio … lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati” (Atti 2:46-47).
In questi ultimi anni ho osservato tante persone, invitate dai credenti, assistere per la prima volta al nostro culto. Mentre abbiamo adorato il Signore, celebrando la Sua bellezza, grandezza e benignità ed esultando alla Sua presenza, i loro occhi si riempivano di stupore. Quando poi, tra i canti di amore per il Signore e per la Chiesa, ci abbracciavamo tutti, benedicendoci, pregando gli uni per gli altri e dicendoci il nostro amore … i loro occhi si riempivano di lacrime.
Sì, c’era forse un po’ di confusione fra tanta gente che gioiva, s’abbracciava, lodava il Signore, piangeva di commozione; ma sempre, la presenza di Gesù veniva avvertita in maniera quasi tangibile. Dopo pochi istanti, era sufficiente chiedere se vi erano persone desiderose di arrendersi al Signore e sottomettersi a Lui, e gli invitati si facevano avanti, il viso rigato di lacrime, per inginocchiarsi ai piedi di Gesù. Che cosa li aveva convinti? L’evidenza della presenza dello Spirito Santo nella chiesa. Chi può resistere all’amore, all’attrazione di Dio? Solo i cuori più duri, i cuori di pietra.
Dio in mezzo a noi
Proprio di recente, in occasione di uno di questi culti, udivo i fratelli che, nell’abbracciarsi, lodavano Dio dicendo: “Signore, quanto sei bello nella tua chiesa, quant’è stupenda la tua chiesa … e pensare che io posso farne parte! Sono entusiasta, innamorato di te e di essa!” Chi per la prima volta sente e vede questo, non può non rendersi conto che Dio è una persona vicina, reale, amata, desiderabile, bella e piena di grazia.
Troppi culti evangelici sono fatti di canti lunghi e lenti, di preghiere che fanno sfoggio di cultura biblica o, al contrario, che lamentano la miseria umana di chi prega. L’atmosfera è pesante, a volte lugubre e carica di tensioni. In un simile ambiente, le persone presenti per la prima volta difficilmente riusciranno a vedere Dio.
Adorare significa esaltare, innalzare, glorificare e benedire Dio; concentrare l’attenzione su quello che Egli è. È questo che Gesù ci insegna nel “Padre nostro”: “Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome …” (Luca 11:2). E quando contempliamo Dio, non possiamo fare a meno di fare festa, di giubilare, di esultare! Allora il culto, anziché concentrarsi sulla nostra miseria o sulla nostra conoscenza biblica, metterà in primo piano la sovranità, la bellezza e l’amore di Dio. Così Gesù comincerà ad essere visto, soprattutto se la comunità concluderà l’adorazione esprimendosi il proprio amore e la propria gioia. “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli …”! Solo allora l’insegnamento biblico potrà essere ricevuto come lettera vivente e “incarnarsi” nella vita della Chiesa.
Amici dei peccatori
Non siamo chiamati, per il solo fatto di essere diventati membri di una chiesa, a rompere con le nostre amicizie precedenti (salvo alcuni casi limite!). Ogni amico, e ogni nuova amicizia, può essere un giorno un veicolo per attirare anime a Cristo. Dall’esperienza, sappiamo ormai che chi visita i nostri incontri sono quasi esclusivamente le persone – amici, parenti, colleghi – con le quali abbiamo dei rapporti: è raro che uno sconosciuto accetti un invito ad andare in un luogo estraneo, in mezzo a gente che non conosce.
Inoltre, quando parliamo di Gesù, del suo Vangelo e della nostra esperienza cristiana, non dobbiamo usare il linguaggio delle nostre vecchie traduzioni della Bibbia. Parliamo l’italiano di oggi! E nel citare i versetti, assicuriamoci che le persone ne comprendano il senso.
Mettiamoci “vicino” alle persone per essere loro dei veri amici: leali, gioiosi, simpatici, affettuosi, disponibili. Comportiamoci verso di loro come farebbe il Signore stesso! La Sua fragranza in noi farà il resto.
Aggiustare le reti
Nell’evangelizzazione, la chiesa locale deve fungere da “rete”. Se nella chiesa locale i rapporti funzionano al modo giusto, se sono basati sulla correttezza, la lealtà, l’onestà, il servizio e la fedeltà – in altri termini, sull’amore – le anime che vi “finiscono dentro” ne resteranno catturate. Inutile dire che, dove queste condizioni non si verificano, la chiesa locale è come una rete lacerata, incapace di tirare a riva qualsiasi “pesce”.
Ecco perché bisogna “restaurare” le chiese, esattamente come i pescatori rammendano le loro reti. Come ama dire Yonggi Cho: “Deve essere facile per le persone entrare nella chiesa, e quasi impossibile uscirne”. Le anime, una volta “catturate” dall’evidenza della presenza del Signore nella chiesa, devono essere trattenute dai nodi di amore tra le persone che le circondano.
Per tradurre questo in pratica, è necessario che le persone, dopo essersi arrese al Signore, vengano subito affidate alla cura di qualche persona competente – un anziano, un capogruppo, un responsabile di zona, un credente maturo – che dovrà rendere conto regolarmente al pastore del loro cammino.
La comunicazione della vita
Bisogna però che siano seguiti nella vita, non solo nei culti e con studi biblici. La teoria, gli insegnamenti biblici, sono necessari; ma il miglior maestro è l’esempio. Occorre dunque aprire la propria vita, comunicare da cuore a cuore, rimanere con i piedi per terra perché questi “neonati” nella famiglia di Dio possano crescere e sentirsi sicuri, aiutandoli a mantenere posizioni equilibrate e preservandoli dai pericoli della presunzione, dell’esaltazione e dell’incoerenza. Bisogna evitare che siano esposti a discorsi, studi e testi troppo difficili; piuttosto, dobbiamo occuparci delle loro esigenze primarie ed elementari. Essi hanno bisogno di amore, di sostegno, di sicurezza, di guida, di esempi da imitare. L’amicizia autentica, le nostre attenzioni e la nostra disponibilità li aiuteranno ad avere fiducia in Gesù e ad andare avanti tranquillamente nel cammino intrapreso.