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di Franca Traettino
Voglio condividere con voi l’esperienza che ho vissuto in questi anni, spesso con grandi sforzi e difficoltà, ma basata su un amore vero e soprattutto sulla Parola di Dio. Spero che possa servire di esortazione per qualcuno.
Il mio matrimonio è stato segnato da due fattori importanti: dall’esempio ricevuto dalla mia famiglia, e dalla Parola di Dio. L’esempio dei miei genitori mi ha influenzato fortemente, senza che ne fossi consapevole. Il loro è stato un rapporto molto bello, basato sull’intesa, e questo mi ha spinto a desiderare, verso i 18-19 anni, un’unione simile. Ma più di questo, desideravo un uomo che amasse veramente il Signore. Come tutte le ragazze, avevo degli amici e dei compagni, ma ero disorientata, non sapendo che tipo di uomo volessi.
A un certo punto ricordo bene di avere delegato questa decisione a Dio, mettendola nelle Sue mani. Desideravo un rapporto diverso, che durasse per tutta la vita, quindi ho affidato a Lui la decisione perché questo è garanzia di felicità e di sicurezza. Se partiamo affidando la nostra vita matrimoniale al Signore, possiamo essere certi che sarà protetta dalla Sua fedeltà. E dunque, dopo un po’, in circostanze particolari e con coincidenze strane, incontrai Giovanni e il Signore ci mise insieme. Abbiamo tuttavia incontrato numerose difficoltà durante il fidanzamento, il che per un certo periodo mi ha disorientato, facendomi dubitare se lui fosse la persona giusta: non perché non lo amassi, ma per i problemi che venivano dall’esterno.
Ma poi il Signore ha voluto ancora una volta, in maniera incredibile, fare in modo che potessimo iniziare una vita insieme. Desideravo che il nostro fosse un matrimonio particolare e che la parola che dice: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre … e saranno una sola carne” (Gen. 2:24, Ef. 5:31) fosse vera per me, anche perché la vedevo realizzata in qualche modo nei miei genitori: c’era tra loro un’intesa particolare, qualcosa di misterioso che trapelava attraverso il loro modo di guardarsi e di toccarsi. Certamente avranno avuto i loro litigi e conflitti, ma c’era questa profonda intesa che desideravo anche per me.
Ora, quando il Signore dice: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre”, è come dire: “1+1=1”! Certo, come concetto matematico, non è molto logico, ma esprime perfettamente la logica di Dio per due persone che vengono insieme: Egli vuole che i due stiano insieme per sempre, che camminino insieme verso questa unità. È come quando abbiamo deciso di dare la nostra vita a Gesù: non siamo diventati in quel momento perfettamente santi e una sola cosa con Cristo, ma abbiamo iniziato un cammino verso la santità. Ho realizzato che lo stesso succede quando decidiamo di dare la nostra vita a nostro marito o a nostra moglie: l’unità non è qualcosa che si realizza il giorno delle nozze, ma che si costruisce nel tempo. Il matrimonio è come due mondi che si scontrano e devono diventare uno, e perché questo avvenga il cammino è lungo e difficile: richiede tutta la vita.
È bene che le giovani che si devono sposare si tolgano dalla mente l’idea di “vivere sempre felicità e contenti”. Come l’unità, anche la felicità va costruita. Appena sposati si è come in paradiso, ma poi si scende coi piedi per terra ed è in quel momento che dobbiamo metterci davanti al Signore, così come abbiamo fatto noi due. Molte coppie pensano che il loro amore sia talmente bello che non avranno mai problemi, e poi invece si scontrano con essi e cominciano le difficoltà.
Per il Regno
C’è un altro aspetto importante del matrimonio: esso non serve solo per noi. Lo scopo principale di Dio è quello di far raggiungere l’unità, e non a caso Egli ha paragonato il suo rapporto con la Chiesa a quello tra due sposi. La responsabilità che abbiamo di far leggere agli altri, all’interno del nostro matrimonio, l’amore di Cristo per la Chiesa e della Chiesa per Cristo deve veramente farci riflettere.
Un’altra cosa che desideravo dal mio matrimonio era che rimanesse giovane, e credo che il segreto sia questo: far rimanere sempre il Signore fra di noi. Anche la Chiesa crea tante difficoltà al Signore, ma ciò non toglie che Lui abbia per essa un grande amore, e così è all’interno del matrimonio. Ci saranno certamente delle difficoltà, ma non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo principale del matrimonio: l’unità.
L’insegnamento che ho ricevuto da mia madre mi ha anche responsabilizzato sull’insegnamento che io devo alle mie figlie e alle persone intorno a me. Oggi i valori sono completamente sovvertiti, la società è radicalmente cambiata. Una volta, nella civiltà contadina e patriarcale, il matrimonio era più sicuro perché gli sposi crescevano nell’ambito di una famiglia più grande. Oggi invece, per il tipo di società più individualista che abbiamo, i giovani devono costruirsi da soli la loro vita e abbiamo bisogno di rifondare certe tradizioni che si sono perse. Perciò abbiamo la grossa responsabilità di essere d’esempio per i nostri figli.
Dobbiamo preparare le nostre figlie a rispettare e amare i mariti e a crescere i loro figli, ed educare anche i maschi ad essere autonomi e a lasciare le nostre case. Noi genitori dobbiamo aiutarli ad essere uomini per altre donne; troppo spesso invece cerchiamo, forse senza rendercene conto, di tenerli legati a noi in mille maniere.
“Lasciare il padre e la madre” comprende non solo il distacco fisico, ma anche quello psicologico. Non che i figli debbano dimenticarsi dei genitori – devono comunque rispettarli e curarli – ma devono staccarli dalla loro mente perché ora inizia per loro una nuova vita. Molte volte invece, anche a un’età avanzata, siamo ancora legati ai nostri genitori. Anch’io lo ero, perché i miei genitori non solo meritavano il mio affetto ma mi avevano anche tenuta legata a loro, e ho dovuto imparare a staccarmene psicologicamente e mentalmente. Dobbiamo mettere i nostri figli in condizioni di decidere per le loro case e le loro vite, incominciando già da quando sono in casa, consigliandoli e seguendoli, ma lasciandoli liberi di prendere le loro decisioni, e a volte anche di sbagliare.
In Tito 2:3-5 leggiamo: “Le donne anziane … siano maestre nel bene, per insegnare alle giovani ad amare i mariti, ad amare i figli, a essere sagge, caste, diligenti nei lavori domestici, buone, soggette ai loro mariti, perché la parola di Dio non sia disprezzata”. C’è qui un modello di vita per le donne cristiane, che diventa tale anche per le persone che ci sono accanto e per le nostre figlie. Anche quando queste hanno atteggiamenti ribelli e sono attratte dalle cose del mondo, se noi ci comportiamo in un determinato modo, state sicure che i nostri atteggiamenti e i nostri modi di fare si ripercuoteranno positivamente nella loro vita e che esse si ritroveranno a comportarsi come noi senza nemmeno accorgersi. Vedete quindi quale grande responsabilità abbiamo noi donne per aiutare le ragazze.
Impegno reciproco
Un’altra cosa che ho avuto dall’esempio di mio padre e mia madre è il senso di forte impegno nel matrimonio, che è anche avvalorato dalla Parola di Dio. Tutto quello che è successo poi è stato a causa del peccato, della cattiveria e della malvagità dell’uomo. Certamente non è stato il Signore a stabilire il divorzio, ma è nato dall’egoismo dell’uomo. Questo senso di impegno ha dunque caratterizzato tutta la nostra vita matrimoniale. Qualunque cosa succedesse, è rimasto sempre molto vivo il senso del patto, soprattutto nei momenti di difficoltà.
Sempre da mia madre ho ricevuto un senso di profondo rispetto per il marito, che non deve mai mancare. Nella mia famiglia d’origine, mio padre veniva sempre al primo posto, prima dei figli, e così anche per me, mio marito viene prima dei figli.
Questo però dipende anche dalla collaborazione dell’uomo, dal modo in cui risponde a questo rispetto: non deve diventare arrogante e approfittarne. Aver rispetto non significa essere schiava, uno zerbino su cui si puliscano i piedi; ma molto spesso succede proprio questo. Ecco perché molte donne riversano tutto il loro affetto sui figli, in quanto là si sentono più realizzate e appagate.
Ma i figli non possono essere un’alternativa, non pensate di sostituirli ad un rapporto adeguato con vostro marito: rimarrete sempre irrealizzate nel matrimonio se farete questo. Io credo che il rapporto più bello che si possa realizzare nella nostra vita è quello dell’unità con il proprio marito, e che questo aiuta anche i figli. Il rispetto del marito non deve essere soltanto qualcosa che abbiamo noi, ma che costruiamo anche nei figli.
Nella mia vita matrimoniale, ci sono state delle aree di conflitto. La cosa che noi donne avvertiamo di più è la mancanza di attenzione da parte del marito. Dopo qualche anno di matrimonio, non solo le donne hanno la tendenza a lasciarsi andare fisicamente perché “ormai il marito ce l’hanno”, ma anche l’uomo è distratto da altri interessi. La donna deve avere la capacità di partecipare a questi suoi interessi in modo da non lasciarlo distrarre.
Questo è stato un motivo di conflitto all’interno della nostra vita matrimoniale: Giovanni era talmente impegnato nella vita della chiesa che non riuscivamo nemmeno più a comunicare. Invece noi donne abbiamo bisogno di non sentirci trascurate in questo senso. Bastano a volte gesti semplici – uno sguardo, una carezza – per far sentire una donna sicura dell’attenzione del marito. Il lavoro serve alla vita matrimoniale, ma non è importante quanto essa. Quando mettiamo il matrimonio al di sopra delle altre attività, siamo di grandissima benedizione per i figli e per le persone intorno a noi.
Noi donne dobbiamo accettare i nostri mariti per quello che hanno da dare, senza pretendere da loro cose che non sanno fare, e mostrare loro affetto, non in maniera sdolcinata, che a volte disturba, ma in modo discreto.
Affetto
Un prete, Don Piero Balestro, ha scritto un bel testo intitolato Parlare l’amore, in cui elabora la teoria dell’affettuosità. Egli dice che bisogna esprimere l’affetto a tutti i livelli e che molte inibizioni e problemi e addirittura delle malattie derivano dalla mancanza di affetto. “Non basta amare – egli dice – bisogna esprimere l’amore, altrimenti ci si può anche ammalare. Un amore, un’amicizia può anche morire per l’incapacità di esprimere i propri sentimenti attraverso semplici gesti quali l’abbraccio, la stretta di mano, la carezza rivolti unicamente ad esprimere il bene, la tenerezza e la dolcezza”.
Secondo questo sacerdote, “l’espressione dell’amore è una medicina o terapia che aiuta a superare le somatizzazioni”, cioè quelle malattie che riflettono a livello fisico una sofferenza interiore. Ad esempio, una donna che soffre per la mancanza di affetto da parte del marito può somatizzare questa mancanza con forti mal di testa o dolori alla schiena, e così anche i mariti trascurati dalle mogli. È anche importante che diamo all’altro la certezza che gli siamo vicino anche se sbaglia.
Divisione dei compiti
Un’altra causa di difficoltà nel matrimonio è la definizione dei ruoli. Noi donne, in genere, tendiamo ad invadere un po’ tutti i campi in casa. Questo dipende anche dalla società in cui viviamo, in cui molti mariti scaricano tutte le responsabilità sulla moglie. Molto spesso si sono creati attriti perché io invadevo campi che non erano miei: ad esempio, mi trovavo ad essere sola in casa e a prendere delle decisioni per i figli, oppure sapevo che c’era qualcuno nel bisogno e sono intervenuta con molta disinvoltura. Abbiamo dovuto ridimensionare queste cose perché ad un certo punto non era più chiaro chi doveva fare che cosa.
In Proverbi 31, leggiamo: “… si procura lana e lino e lavora con piacere con le proprie mani … fa venire il suo cibo da lontano … Si alza quando è ancora notte … e dà ordini alle sue domestiche … Guarda un campo e l’acquista … si cinge di forza i lombi e irrobustisce le sue braccia …” Pare che faccia tutto lei! Ed è veramente insito in noi donne questa capacità di voler fare tutto.
Questa conflittualità dei ruoli è cominciata già da prima che l’uomo peccasse: la donna, cioè, ha avuto questa tendenza sin da quando Dio l’ha creata. Chi è che ha fatto peccare Adamo? È stata la moglie a prendere l’iniziativa. Certo, non è affatto negativo che noi donne prendiamo delle iniziative: soprattutto a voi giovani dico di non stancarvi, lavorate, perché se avete la convinzione che è stato il Signore a mettervi il marito al fianco, dovete migliorare la vostra situazione tenendo in mente quello che è il progetto di Dio, anche se molte volte sarete avvilite. Se confidiamo nelle nostre forze non ce la faremo mai, ma se ci affidiamo alla grazia di Dio le cose funzioneranno.
Un’ultima cosa molto importante che mi permetto di consigliare, soprattutto alle coppie più giovani, è di non litigare davanti ai figli: hanno bisogno di sicurezza e i litigi tra i genitori li segnano fortemente. Avete la sera e la camera da letto per poter discutere tra di voi. Quante ragazze hanno difficoltà nei rapporti con il marito perché hanno assistito a litigi violenti in casa e di riflesso rifiutano tutti i maschi per colpa del padre! È molto importante imparare a risolvere i problemi in privato.
Dicevano i latini che il matrimonio è una scuola di vita: è qui che impariamo a vivere e a stare tra gli altri. In Proverbi 14:23 è scritto: “In ogni fatica c’è un guadagno”. Il matrimonio è realmente una fatica, però c’è anche un grande guadagno. E noi certamente guadagneremo in termini di unità, di serenità, di stabilità psicologica, se lavoreremo al nostro matrimonio così come è nel progetto di Dio.
Franca Traettino, moglie del pastore della “Comunità Cristiana di Caserta”, è largamente apprezzata per il suo ministero di insegnamento alle donne cristiane. Laureata presso l’Università di Napoli, per diversi anni ha insegnato lettere nella Scuola Media Statale. È madre di quattro figli.