SCARICA PDF di questo articolo
di Emilio Ursomando
In Atti 2:42, troviamo così descritta la vita della prima chiesa: “Ed erano perseveranti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere”.
Vorrei riflettere insieme a voi sull’importanza di due elementi: la perseveranza nell’insegnamento degli apostoli, cioè il rapporto con la Parola; e la perseveranza nelle preghiere, cioè il rapporto con lo Spirito Santo. È bello, certo, avere comunione con i fratelli, sopratutto intorno alla tavola del Signore; ma per costruire e vivere una vita cristiana equilibrata e robusta, è fondamentale “perseverare” nel nostro rapporto con lo Spirito Santo e con la Parola. Per vivere Cristo in un modo profondo, abbiamo bisogno tanto della direzione e della saggezza che ci vengono dalla Parola, quanto della forza e della rivelazione che ci vengono dallo Spirito. E dobbiamo stare attenti che nessuno dei due prenda il sopravvento sull’altro.
Se è vero infatti che il solo rapporto con la Parola, senza lo Spirito, ci trattiene nel naturale (con tutte le frustrazioni e gli eccessi che ne conseguono), è anche vero che il solo rapporto con lo Spirito rischia di farci perdere il contatto con la realtà, facendoci smarrire tra le nuvole. Il mondo spirituale, infatti, non ha sentieri ben tracciati: è la Parola che ne rivela e stabilisce i confini.
La luce e la forza
All’alba della conquista di Canaan, Dio disse al suo giovane condottiero Giosuè: “Questo libro della legge non si diparta mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, avendo cura di mettere in pratica tutto ciò che v’è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai” (Gios. 1:8). È necessario meditare nella Parola per conoscere quello che Dio si aspetta che noi facciamo.
La Parola è una luce sul nostro sentiero. Chi cammina al buio non sa dove vada, afferma Gesù; e infatti molti cadono perché trascurano le sue indicazioni (Sal. 119:11,105) o perché fanno l’errore di fidarsi del loro buon senso (Prov. 3:5). “La parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebr. 4:12). Abbiamo bisogno della Parola!
Ma attenzione, essa ci dice cosa fare, ma non ci dà la forza per farlo! Per metterla in pratica, abbiamo bisogno dello Spirito! La Parola ci parla di fiumi d’acqua viva che possono sgorgare dal nostro seno, ma non possiede in se stessa questi fiumi, che si trovano nello Spirito (Giov. 7:38-39). La Parola, con la sua luce, ci conduce allo Spirito, ed è Lui che ci dà la forza. Ma anche la vita nello Spirito deve essere vissuta alla luce della Parola … o, come è già accaduto tante volte a tanti, finiamo fuori strada.
Equilibrio
C’è chi enfatizza l’importanza della Parola e chi quella dello Spirito. Dobbiamo trovare il giusto equilibrio! Facciamo dunque alcune riflessioni dalla Scrittura, e cominciamo dall’episodio dell’adultera descritto in Giov. 8:2-8. La Parola sembrava autorizzare i Farisei a lapidarla (Lev. 20:10), ma lo Spirito che era in Cristo la assolse, abbattendo in questo modo il legalismo. Similmente la Parola impediva all’apostolo Pietro di entrare nella casa del pagano Cornelio, ma lo Spirito intervenne a liberarlo dal laccio del settarismo (Atti 10:28).
Nei primi anni del mio cammino con Dio, a causa dell’insegnamento ricevuto, trovavo difficoltà, ad esempio, ad entrare in un tempio cattolico e perfino ad accettare una fetta di dolce di onomastico. Conoscevo la Parola ma, non avendone compreso lo spirito, ne ero rimasto imprigionato.
Abbiamo bisogno dello Spirito per interpretare correttamente la Parola. È scritto: “Dov’è lo Spirito, lì c’è libertà” (2° Cor. 3:17). Gesù, la Parola fatta carne, visse in modo tale da vedersi attribuito l’appellativo di “amico dei peccatori” (Matt. 11: 19), ma lo Spirito Santo, ispiratore delle Scritture, testimonia di lui che visse senza peccare. Sembrava camminare in disubbidienza alla Parola (Matt. 9:10), ma in realtà camminava nella libertà dello Spirito.
Uno degli obiettivi del ministero del Signore fu appunto quello di riportare in evidenza, agli occhi dei dottori di Israele, lo spirito della legge. Egli affermò: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”, e nella preghiera sacerdotale: “ … la tua parola è verità”. Ma affermo anche: “Lo Spirito vi guiderà in tutta la verità” (Giov. 8:32, 17:17, 16:13). La Parola è verità, ma è lo Spirito che ci guida e ci conserva in essa, aiutandoci a comprenderla nel modo giusto. La Parola dà contorni allo Spirito e lo Spirito illumina la Parola. Abbiamo bisogno dell’uno e dell’altra.
L’importanza della Parola
C’è stato chi, partendo da una autentica rivelazione, è poi scivolato nell’eresia. C’è un avvertimento per noi in questo: tutto quello che ci viene dallo Spirito deve essere calato nella Parola e confrontato con essa. Non dovremmo mai cercare di forzare la Parola per adattarla alla “nostra” rivelazione dello Spirito, ma è sempre lo Spirito che deve uniformarsi alla Parola. La Parola è eterna ed immutabile: anche i più semplici possono comprenderla (Sal. 119:130). La voce dello Spirito è, invece, qualcosa che dobbiamo ancora imparare a conoscere bene.
Lo Spirito ci permette di vivere liberi, ma attenzione, la nostra libertà deve muoversi nell’ambito della Parola. Uscendo dalla Parola, usciamo anche dallo Spirito. A Corinto c’era abbondanza di doni, ma insieme fornicazione, ubriachezze, gelosie e invidie. La nostra vita va vissuta sì nello Spirito, ma esaminata alla luce della Parola. Altrimenti potrai sentirti tranquillo, anche se continui a trattare male tua moglie, solo perché digiuni o perché hai profetizzato all’ultimo incontro.
Anche un’autentica rivelazione può trasformarsi in un’insidia, appena smettiamo di fare attenzione alla Parola. Io stesso ho fatto quest’esperienza. Quando Dio mi diede la visione della Chiesa “restaurata”, all’inizio questo produsse in me solo entusiasmo, sicurezza e forza … ma, dopo un po’, apparvero i primi problemi. Infervorato da quella rivelazione, cominciai a rifiutare nel mio cuore tutti quei fratelli che, causa le loro debolezze, sembravano rappresentare un ostacolo alla realizzazione del piano di Dio. Cominciai ad avere verso di loro atteggiamenti segreti di giudizio … e senza per questo sentirmi minimamente in colpa verso loro, né verso Dio.
La gloria di Sion mi aveva conquistato … finché un giorno mi scontrai con la Parola. Essa mi ricordò che Dio mi ordinava di amare “tutti” i miei fratelli, in più che avevo la responsabilità, come pastore, di fortificare le deboli e … il mio volo finì! La Parola separò in me la carne dallo spirito e mi ricondusse all’ubbidienza.
I Giudei di Berea (Atti 17:10) rappresentano un buon esempio di equilibrio. Essi non rifiutarono a priori l’apostolo, né si lasciarono convincere dalla fama dei segni che lo accompagnavano, ma si rivolsero alla Parola per trovare la sua testimonianza in merito. Paolo, lungi dall’esserne infastidito, lodò questo loro modo di agire e li citò come esempio da imitare. Ogni rivelazione, ogni messaggio, ogni miracolo, ogni uomo, per quanto grandi e potenti possano apparirci, vanno esaminati alla luce della “lampada” della Parola.
Estremi
Tempo fa, ebbi modo di conoscere un ministro molto usato da Dio nelle guarigioni. Ha lasciato dietro di sé centinaia di persone guarite, a lodare Dio, ma anche molti altri, malati come prima e in più appesantiti da un senso di colpa. “Se non sei stato guarito, è solo perché non hai abbastanza fede”, spiegava. “Dio guarisce tutti!”
È il pericolo che nasconde il muoversi sulla base dell’esperienza, trascurando la Parola. Poiché aveva visto delle persone guarire, imponendo le mani su loro, si era convinto che “tutti” dovessero guarire, e citava molti passi della Parola per avvalorare questa sua tesi. Ma afferma proprio questo la Bibbia? Dio guarisce sempre? … e Trofimo, allora (2° Tim. 4:20)? e Timoteo (1° Tim. 5:23)? e Paolo stesso (Gal. 4:13-14)? Non avevano abbastanza fede? E dove finisce 1° Cor. 11:30, se decidiamo di sposare questa linea? Io stesso, più volte, ho sentito Dio come fermarmi le mani mentre mi accingevo ad imporle su fratelli malati. Ho capito che Dio non voleva che io pregassi per la loro guarigione, e questo proprio per quanto è scritto in 1 ° Cor. 11:29-30: “chi mangia e beve, mangia c’ beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo del Signore. Per questo motivo molti .fra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono”.
Nella nostra nazione, ci sono comunità completamente diverse tra loro: alcune eccessivamente compassate e silenziose, altre esageratamente spontanee e rumorose. Le prime enfatizzano la Parola, le seconde lo Spirito. Scrivendo ai Corinzi, l’apostolo cerca di stabilire l’equilibrio: che è buono, anzi è necessario per l’utile comune, esprimere i doni dello Spirito, ma che tutto deve essere fatto nell’ordine, perché “gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti” (1° Cor. 14:32). Vediamo così che, ancora una volta, la volontà di Dio è in una posizione di equilibrio. Profetizzate pure, afferma Paolo, ma fatelo senza disordine, perché il nostro non è un Dio di confusione ma di pace (1° Cor. 14:33).
Vegliate!
La Parola ci preserva da molte cadute. È ancora dolorosamente viva l’eco del crollo di famosi uomini di Dio. Sembra che Dio stia cercando in tutti i modi di farci aprire gli occhi su verità che abbiamo dimenticate. Una di queste ammonisce: “Guai a colui che è solo” (Eccl. 4:10). Il successo è qualcosa che può spingerci lontano dagli altri, più “in alto” degli altri, ci fa sentire sicuri, rendendoci così sordi ad ogni ammonizione e disattenti ad ogni prudenza.
Fu questa la causa del crollo di un grande uomo di Dio: Sansone. Cadde perché sedotto dalle proprie imprese. “Sono un nazireo, non bevo vino né cervogia. Ho divelto e trascinato sulla montagna due enormi porte di legno e ferro e ho ucciso, con una mascella d’asina, mille Filistei. Io sono l’unto dell’Eterno! Chi potrà starmi a fronte?” E non faceva caso al peccato che, lentamente, prendeva posto nella sua vita (Giud. 16:1-4). Molti cadono così, perché non fanno attenzione alla loro vita, e questo perché non meditano nella Parola.
“Guai a colui che è solo”! Lavorare con altri, sottoporsi alla correzione degli altri, è per i ministri del Signore un fattore di sicurezza contro le diverse insidie che possono venirci dalla carne e dal diavolo. Un fratello fedele che veglia su di noi è una salvaguardia contro l’autoesaltazione, contro le tentazioni che derivano dalla gestione di troppo denaro o anche contro l’opera di manipolazione, spesso inconsapevole, che i credenti possono portare avanti nei confronti dei propri leaders, esaltandone le virtù. Gesù, quando seppe che venivano per farlo re, si ritirò sulla montagna. Apparentemente era l’ora del successo, in realtà era l’ora della tentazione: la più sottile, la più insidiosa (Giov. 6:15).
L’importanza dello Spirito
Ma se è importante il nostro rapporto con la Parola, altrettanto fondamentale è il nostro rapporto con lo Spirito. Spirito e Parola hanno funzioni diverse ma complementari. Vediamo dunque alcune “proprietà” che sono peculiarità dello Spirito:
1) Edifica (1 ° Cor. 12:7). Manifestandosi, per mezzo dei suoi doni in mezzo ad essa, edifica la Chiesa. La Parola ci incoraggia, ci indirizza, ma lo Spirito ci “edifica”.
2) Ci rende uno. Scrivendo ai Corinzi, Paolo afferma: “Siete stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo” (1° Cor. 12:13). E lo Spirito a costruire il Corpo, spingendoci l’uno verso l’altro. La Parola ci dice che dobbiamo essere uno, ma non ci dà la forza di diventarlo. Paolo ci ricorda che l’amore viene sparso nei nostri cuori “per mezzo dello Spirito” che Dio ci ha dato (Rom. 5:5).
3) Ci dà l’unzione. La Parola ci dice che dobbiamo essere unti, ma l’olio dell’unzione è nello Spirito! Gesù disse ai suoi discepoli, che già conoscevano la verità, di aspettare finché avessero ricevuto potenza (Atti 1:4-8). Abbiamo bisogno di verità, ma anche di potenza: di potenza nella verità. Abbiamo bisogno della Parola e dello Spirito.
4) Ci trasforma (2° Cor. 3:18). La Parola ci ammonisce a non vivere secondo la carne, ma aggiunge che possiamo far morire le opere del corpo solo “mediante lo Spirito” (Rom. 8:13). Anche Pietro, nel ricordarci che siamo chiamati ad ubbidire, dice che possiamo riuscirci unicamente “mediante la santificazione dello Spirito” (1° Pt. 1:2). Ogni tentativo di diventare santi con le nostre forze, ci condanna inesorabilmente all’esperienza di frustrazione già fatta dall’apostolo Paolo e riportata in Romani 7:18.
5) Ci dà il “rhema” di Dio. Con “Logos” intendiamo la Parola scritta, eterna ed immutabile; col termine “rhema”, invece, si indica una parola “particolare” che Dio ci dà in un particolare momento per una particolare situazione. Un esempio di rhema è la profezia.
La Parola (il Logos), da sola, non produce il rhema: esso viene dallo Spirito, spesso mentre meditiamo nella Parola. Ma il rhema va valutato alla luce del Logos. Una “rivelazione” del tipo “Lascia tua moglie!” non è certamente secondo Dio. Il Logos fa la verifica del rhema, ma anche il Logos ha bisogno del rhema per diventare attuale nella nostra vita.
Logos e rhema
Lo stesso equilibrio che dobbiamo mantenere tra Parola e Spirito, deve esistere anche tra Logos e Rhema. Dobbiamo conquistare l’equilibrio per non ristagnare, da una parte, né smarrirci, dall’altra.
Gesù, durante il suo ministero terreno, ha manifestato il giusto equilibrio. Viveva del rhema del Padre: “ … come odo, giudico” (Giov. 5:30), ma viveva anche di quello che era già scritto. “Tu non permetterai che il tuo santo veda la fossa”, era scritto (Sal. 16:10). Questo gli bastò per affrontare la croce, sicuro che Dio avrebbe onorato la sua Parola e non lo avrebbe lasciato in balia della morte. Egli non cercò ansiosamente un rhema: la sua forza fu la fede nella Parola scritta.
Questo può essere un esempio umoristico, ma esprime una grossa verità: il pericolo di uscire dal Logos per vivere di rhema. Non bisogna mai farlo!
Molti vivono unicamente nel Logos rifiutando il rhema, altri si affidano esageratamente al rhema, trascurando il Logos. Si racconta, ad esempio, di un fratello che, cercando maldestramente una parola da Dio per la sua vita, si mise a “spaccare” la Bibbia a caso. Si trovò così, sotto la punta del dito, questo versetto: “ … e Giuda andò a impiccarsi”: Incuriosito, “spaccò” una seconda volta il libro, ripuntò il dito e lesse, costernato: “Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa”. Non credeva ai suoi occhi, così ripeté per la terza volta l’operazione e questa volta gli usci: “Quel che fai, fallo presto”!
Dio si aspetta che ci muoviamo per fede e in ubbidienza a quello che è già scritto nella sua Parola. Non aspettiamoci sempre unzioni o rivelazioni particolari per muoverci: la rivelazione non deve mai sostituire la fede. Privilegiare lo Spirito a discapito della Parola rappresenta un pericolo: potremmo ritrovarci con una chiesa piena del “soprannaturale”, ma nella quale covano rancori sotterranei, indipendentismi, peccati mai risolti. Possiamo sbilanciarci nella ricerca del Regno come potenza (l° Cor. 4:20) e dimenticare che esso è anche “giustizia, pace e gioia néllo Spirito Santo” (Rom. 14:17). Ai Corinzi, illusoriamente rassicurati dall’abbondanza dei doni spirituali, Paolo ricordò la responsabilità di esaminarsi rispetto al Corpo di Cristo, per non essere giudicati dal Signore (1° Cor. 11:29). Dobbiamo trovare il giusto equilibrio!
Importanza dei rhema
In 2° Pietro 1:19 è scritto: “Abbiamo inoltre la parola pro/ètica pizi salda: farete bene a prestarle attenzione, come a lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori”. Nel tempo della confusione, della perplessità e della crisi, il rhema, come una lampada, viene ad illuminare il “luogo oscuro”, fino al trionfo del Logos, ossia fino a quando i fatti dimostreranno che la Parola eterna di Dio è verità. Potremmo dire che il rhema è la lampada che Dio ci mette tra le mani nei tratti bui del nostro viaggio, finché il giorno (Logos) spunti in tutta la sua luce.
Mentre seguiamo la “nuvola” dello Spirito, dobbiamo sostenere il rhema con il Logos. Quando Dio ci dà una rivelazione, aiutiamo noi stessi ad avere fede attingendo al Logos, la Parola immutabile che afferma che Dio non mente (Num. 23:19).
Il rhema, quando è pronunciato da Dio, ha la stessa autorità del Logos (proviene dalla stessa bocca!) che, ovviamente, non contraddice mai. “Vattene, Satana, perché Dio mi ha detto..!” ha lo stesso impatto contro il diavolo del “vattene, Satana, poiché sta scritto …” pronunciato da Gesù nel deserto (Matt. 4:10). Nel suo combattimento contro Satana, certamente la sua forza era il Logos, ma fu determinante anche il rhema che gli era stato rivolto: “Tu sei il mio diletto figlio!” (Mc. 1: 11). Satana cercò, per prima cosa, di rubargli quel rhema, insinuando: “Se tu sei il Figlio di Dio …” (Mt..4:3). Paolo esortava Timoteo a combattere in virtù delle profezie (rhema) che erano state pronunciate sulla sua vita (1° Tim. 1:18).
Profetici
Siamo “i figli dei profeti”, e come popolo profetico dobbiamo imparare a discernere la guida particolare dello Spirito Santo, oltre quella più generale della Scrittura. In Eccl. 3:1-8 è scritto che “per ogni cosa c’è il suo tempo”. Gesù rimproverò i suoi contemporanei perché non sapevano discernere i tempi (Matt. 16:3). Dio si aspetta che conosciamo i Suoi tempi. Sforzarsi di raccogliere quando è tempo di seminare produce frustrazione; cercare di ridere quando è tempo di piangere o di essere forti nel tempo del deserto, può distruggerci. Dobbiamo conoscere i tempi, e per questo abbiamo bisogno del rhema.
Gesù stesso viveva di continui rhema. Il Logos che lo riguardava era chiaro: la croce! Ma egli fece il suo cammino alla luce dei molti rhema che il Padre metteva come delle lampade nelle sue mani. Come quando si vide respinto dai dottori d’Israele: all’improvviso, è scritto, “Gesù, mosso dallo Spirito Santo, esultò e disse: ‘Io ti rendo lode, o Padre … perché hai nascoste queste cose ai savi e agli intelligenti, e le hai rivelate ai bambini’“ (Lc. 10:21). Era un rhema, una lampada mandata dal cielo a fargli luce in quel momento di oscurità.
Il rhema è ciò che ti permette di rallegrarti anche nell’insuccesso, perché ti rivela cose che altri, alla sola luce del Logos, non possono vedere; perché la Parola non può sostituire lo Spirito, così come lo Spirito non può sostituire la Parola.
Dobbiamo trovare equilibrio: imparare a farci guidare dallo Spirito, nella comprensione piena della Parola, per intendere e realizzare il proposito di Dio per la nostra vita e per le nostre chiese.