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di Geoffrey Allen
Tutt’intorno a noi si levano voci che portano alla nostra attenzione il prossimo inizio del 2000.
Al livello più banale, c’è un diffuso allarmismo – su cui sicuramente non pochi speculano – riguardo ai presunti disastri che saranno provocati dal “baco dell’anno 2000” nei sistemi informatici. (A questo riguardo, le voci esperte più sobrie dicono che probabilmente sarà saggio visitare il Bancomat prima del 31 dicembre piuttosto che aspettare dopo, ed evitare di viaggiare in quei giorni se non sarà proprio necessario. Niente di più).
Sul piano religioso, si fanno grandiosi preparativi per l’atteso afflusso di “pellegrini”. Come evangelici, la cosa ci lascia piuttosto indifferenti, anche se ci addolora l’offerta di “indulgenze” (ancora nel 2000!), che non giova certamente al riavvicinamento tra cattolici e protestanti. Comunque la maggior parte degli italiani sembra più interessata ai risvolti economici di questo “giubileo” che non all’aspetto prettamente religioso.
Sicuramente più vicino allo spirito del “giubileo” biblico – quando tutti gli schiavi venivano liberati e i debiti annullati – è l’iniziativa, promossa soprattutto dalle chiese cristiane del Nord Europa, di cancellare gran parte dei debiti dei paesi più poveri del mondo, per ripagare i quali sono costretti a sacrificare la pubblica istruzione e la sanità. L’iniziativa, che da noi ha riscontrato poco interesse, è certamente degna di sostegno.
Ma, tornando all’allarmismo intorno al 2000, non è questa la prima volta che i cristiani si mettono in allarme per l’avvicinarsi di determinate “cifre tonde”. Anche se, secondo alcuni studiosi, le storie di un panico diffuso in Europa all’avvicinarsi dell’anno 1000 sono più leggende che dati storici, è comunque vero che rispettati Padri della chiesa quali Ippolito e Agostino accettarono il concetto della “settimana cosmica”: siccome “per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno” (2° Pt. 3:8), i 4000 anni (secondo il calcolo tradizionale) dalla Creazione alla venuta di Gesù, più 2000 da allora, completano i “sei giorni di lavoro” e dovranno introdurre il “giorno di riposo” del Millennio.
È anche vero che i suddetti Padri credevano che Cristo era venuto a metà del sesto giorno, per cui si aspettavano la Sua venuta intorno al 500. Tuttavia quest’idea è rimasta presente nella coscienza collettiva europea (“Mille, mille e non più mille …”) e certamente contribuisce – insieme ai popolari libri apocalittici quali Addio Terra, ultimo pianeta – alle preoccupazioni riguardo a cosa ci porterà il “Terzo millennio”.
Ma probabilmente più forti oggi sono le influenze della “New Age”, con le sue aspettative astrologiche della “Era di Acquario” (una specie di Millennio secolarizzato), che si abbina sapientemente alle predizioni di disastri ecologici o nucleari di certi scienziati.
Come dobbiamo noi credenti rispondere a tutto ciò?
Sicuramente ci conviene tener presenti alcune considerazioni:
- Gesù ha detto chiaramente che non possiamo sapere il tempo preciso del suo ritorno. Quando vedremo i segni premonitori (e certamente alcuni sono più vicini ora che allora!), riconosceremo che il tempo è vicino. Ma chi pretende di calcolare la data in anticipo è un illuso o un ciarlatano.
- Il terzo millennio comunque inizia, non il 1° gennaio del 2000, ma dal 2001 (visto che il primo anno non era 0 ma 1). Anzi, il calcolo dell’era cristiana, popolarizzata attorno al 700, è sicuramente sbagliato: Gesù nacque sotto il regno di Erode il Grande, quindi entro il 4 “a.C.”, per cui in realtà il terzo millennio cristiano è già iniziato da alcuni anni …!
- Per i cristiani, l’attesa della venuta del Signore non fa comunque paura, ma è una gioiosa speranza. Ci deve spingere però alla santità (“la Sposa si prepara”), alla preghiera (“Venga il tuo regno!”) e all’adempimento del Grande Mandato per “affrettare” quel giorno (2° Pt. 3:12, Matt. 24:14).
Godiamoci pure questo passaggio da un “millennio” all’altro, ma non attribuiamo a questo evento “numerico” un significato che, in fin dei conti, non ha.