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di Ernesto D. Bretscher
Ogni buon maestro dà ai propri allievi il meglio di se stesso perché diventino quanto più possibile il suo riflesso. La gloria di ogni maestro è il successo dei suoi allievi.
Gesù disse che “ogni discepolo perfetto sarà come il suo maestro” (Lc. 6:40). Il traguardo di ogni vero leader nella chiesa deve essere quello di fare di ciascun credente un discepolo perfetto”, portandolo “dalle fasce alla cattedra”. Come leaders, siamo chiamati innanzitutto a riprodurci, a formare cioè altri leaders che siano un giorno capaci di funzionare bene come noi, se non addirittura meglio. Se abbiamo la visione della chiamata della chiesa a riempire il mondo e diventare la luce delle nazioni, la formazione dei discepoli deve essere una priorità assoluta. È un lavoro che richiede visione, dedizione, pazienza e costanza.
Farsi guidare
Il compito degli anziani e dei pastori è quello di guidare le anime affidate loro. Devono perciò comprendere la direzione da seguire, i pericoli da evitare, il cammino da percorrere; devono precedere il gregge, essendo di esempio in tutti gli aspetti della vita, e assicurarsi che chi sta dietro li segua. Non è cosa da poco!
Ma chi non impara prima a lasciarsi guidare, non potrà mai dare una guida sicura ed efficace. Perciò, chi vuole guidare gli altri deve prima conoscere il proprio posto nel Corpo di Cristo e avere egli stesso una guida e un punto di riferimento. Questo perché siamo uomini imperfetti, soggetti ad errori che potrebbero avere ripercussioni poco felici nella vita di chi ci segue.
Questo è vero per ogni livello di responsabilità. L’apostolo, oltre a sottomettersi allo Spirito Santo, deve aver cura di confrontarsi con altri apostoli e di sottomettere la propria visione e le proprie strategie allo scrutinio dei suoi pari (Atti 15:4-35). Similmente i pastori e gli altri ministri devono avere cura di sviluppare rapporti profondi con gli apostoli ai quali rispondono, osservando il loro operato e ascoltando, ricevendo e riflettendo sulle loro direttive.
Anche gli evangelisti, i responsabili di gruppi di preghiera, di gruppi in casa, di gruppi musicali o di attività sociali, devono curare il rapporto di discepolato con i loro pastori e con chi esercita una funzione analoga alla loro ma che ha maggiore esperienza e statura.
Così tutti potranno crescere in rivelazione, in maturità, in esperienza e in visione. Sicuri per la copertura di ministeri “maggiori”, tutti potranno lavorare con tranquillità alla formazione dei propri discepoli.
Dare l’esempio
Paolo raccomanda con forza a Timoteo di essere un buon ministro, dicendogli: “Ordina queste cose e insegnale… sii di esempio ai credenti nel parlare, nella condotta, nell’amore, nella fede, nella purezza … Occupati di queste cose e dedicati interamente ad esse perché il tuo progresso sia manifesto a tutti” (1° Tim. 4:11,12,15).
Un allievo impara ascoltando, guardando ed osservando il proprio maestro. Chi guida, dunque, deve essere di esempio in famiglia e sul lavoro, nella società e nella chiesa. La sua vita personale, i suoi modi e atteggiamenti, il suo linguaggio e comportamento, la sua correttezza e disponibilità non devono suscitare critiche o perplessità. “Bisogna che il vescovo sia irreprensibile… che abbia una buona testimonianza da quelli di fuori” (l° Tim. 3:2,7).
Il segreto del successo nel discepolato è aprire la propria vita. Il desiderio di conservare la propria privacy impedisce di conseguire risultati soddisfacenti. Gesù disse ai suoi discepoli: “Vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio” (Giov. 15:15). E le cose del Padre riguardano tutta la vita. Chi guida deve essere pronto, dunque, ad aprirsi per condividere tutto il cammino che ha già percorso: non solo gli aspetti positivi, ma anche gli insuccessi, gli errori, i fallimenti, le cadute, le esperienze negative.
Motivare
Perché il discepolo impari, ha bisogno di essere continuamente motivato.
Per esempio, la visione della chiesa destinata a diventare “la gioia delle nazioni” e a manifestare la “gloria dell’Eterno” (Num. 14:21) è quello che lo stimola ad impegnarsi concretamente nel costruirla.
Dopo di che, bisogna fissare obiettivi particolari che riguardino la funzione specifica del discepolo. Affidargli delle responsabilità lo stimolerà a sviluppare le sue abilità. Chi guida, pertanto, deve avere la saggezza di saper mettersi da parte per fare spazio agli altri.
La motivazione è qualcosa che va tenuta “a fuoco lento”. Va costantemente “riscaldata” e messa a fuoco – stimolando la sua vita di preghiera;
- con un insegnamento positivo, costruttivo e completo;
- con il rapporto personale tra maestro e discepolo;
- con la verifica dei risultati già raggiunti e di quelli da raggiungere ancora.
La gratitudine, l’apprezzamento e l’incoraggiamento hanno un valore inestimabile per motivare i discepoli a fare meglio. Spesso essi non svolgono i compiti affidati loro con la stessa abilità dei “maestri”, ma sarebbe certamente un errore rivolgere loro solo dei rimproveri!
Insegnare
“Se il discepolato è una priorità, l’insegnamento teorico non lo è da meno. Gesù poté essere quello che era perché fin da piccolo aveva studiato le Scritture. Tutta la sua vita e il suo ministero furono impregnati dalla Parola di Dio.
I nostri “allievi” non sono “nostri”, ma del Signore. Gesù ci ha dato questo preciso mandato: “Ammaestrate tutti i popoli… insegnando loro ad osservare tutte quante le cose che io vi ho comandate” (Matt. 28:19-20). Siamo chiamati a trasmettere con l’esempio ciò che la Parola di Dio è diventata in noi. Ma l’esempio deve essere abbinato all’insegnamento: “Cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo concernevano” (Lc. 24:27).
Chi guida deve sentirsi responsabile per spiegare agli allievi “tutte le Scritture” perché la loro vita non sia fondata sul “ sentito dire “, ma sulla Parola di Dio. Uno studio metodico e approfondito delle Scritture è di vitale importanza per la formazione di discepoli. Allo stesso modo in cui chi si sente portato a fare il medico, prima di fare esperienza, deve consacrarsi allo studio teorico della medicina, ogni candidato o potenziale leader che avverte la chiamata a impegnare la propria vita per il Signore e per la chiesa deve dedicarsi seriamente allo studio della Parola di Dio.
Delegare
L’allievo che dimostra consacrazione, dedizione, coerenza e impegno potrà e dovrà essere coinvolto in ogni aspetto del ministero nella chiesa, dai servizi pratici – servizio d’ordine, canto, musica, impianti, pulizia, edizioni – a quelli prettamente spirituali: visite, cura, adorazione, preghiera, evangelizzazione, consulenza spirituale, eccetera.
L’atteggiamento che i discepoli devono sviluppare è quello di servi: attenti, disponibili e fedeli, prima a fianco dei pastori, poi per conto dei pastori. Dovranno avere cura di:
- agire secondo lo spirito del proprio pastore o conduttore;
- insegnare rispettando le sue convinzioni;
- operare sapendo di dover rendergli conto;
- rimanere leali, fedeli, corretti nei suoi confronti in qualsiasi circostanza;
- vivere in sottomissione al pastore o conduttore.
Ogni eventuale perplessità, chiarimento, contestazione o critica dovrà essere espressa direttamente e in privato al pastore o conduttore, in maniera costruttiva e con atteggiamento di sottomissione.
Chi guida invece deve assicurarsi che questi punti non solo siano chiari ai discepoli ma accettati senza riserve, prima di delegare loro la propria autorità per i vari uffici. Per evitare spiacevoli conflitti e inutili divergenze, i leaders dovranno vegliare perché. sia perfettamente chiaro ai loro discepoli quel che si aspettano da loro, senza ombre e possibilità di frainteso.
Il leader che dovesse riscontrare qualche discordanza in un suo discepolo, fosse solo su un punto, farà bene ad aspettare e a, provare il suo cuore prima di metterlo in posizioni di responsabilità. Dovrà essere sicuro della tenuta e dell’affidabilità dei suoi discepoli prima di affidare loro la cura spirituale di altre persone, perché la sicurezza della chiesa non ne venga compromessa.
Buoni discepoli
Fin qui abbiamo parlato prevalentemente dei maestri. Una parola ora anche ai discepoli. Il segreto per essere un buon discepolo, e quindi per avere successo nell’apprendimento, è quello di inseguire i maestri. Troppo spesso i discepoli si aspettano piuttosto di essere inseguiti e si lamentano per le scarse attenzioni che i maestri rivolgono loro. Ma così facendo, si comportano come quei bambini che, pur avendo i compiti da fare per la scuola, continuano a giocare in cortile fino a quando la madre non grida dalla finestra: “Ma vuoi venire a fare i compiti?!”.
Un discepolo è tale perché sa di avere bisogno di imparare, perciò deve impegnarsi per ricevere. A un certo punto della mia vita, mi sono reso conto di quanto avessi bisogno di crescere e di apprendere dagli altri. Mi sono impegnato allora ad imparare da tutti e da tutto. Quando poi ho incontrato sul mio cammino uomini dai quali sapevo di poter ricevere, sia per crescere che per migliorare nel mio ministero, ho cominciato ad inseguirli, mettendomi completamente al loro servizio. Chi si mette in tale atteggiamento non può che ricevere tanti benefici. Anche qui vale il principio: “Date e vi sarà dato”.
Credo di essere cresciuto tanto, certamente perché ho avuto il privilegio di trovare uomini di Dio straordinari, ma senz’altro anche perché mi sono messo ai loro piedi. Ho sperimentato personalmente la profondità e la veracità dell’esortazione di Proverbi capitoli 1-4:
“Il principio della sapienza é: Acquista la sapienza. Sì, a costo di quanto possiedi, acquista l’intelligenza. Esaltala ed essa t’innalzerà, essa ti coprirà di gloria quando l’avrai abbracciata” (Prov. 4:7-8).
Consigli pratici
Sulla base della mia esperienza personale, credo di poter oggi dare alcuni consigli a quanti cercano dì essere buoni discepoli. I “maestri” sono solitamente persone molto impegnate, per cui è difficile che trovino tempo per tutto e per tutti. Chi vuole imparare da loro deve trovare il modo di farsi spazio nei loro impegni. Ecco come:
- Chiedere loro di farci da maestri.
- Nel caso siano disponibili, cominciare intessendo un rapporto personale che conduca all’apertura della propria vita. Parlare con onestà delle proprie idee, convinzioni ed esperienze, delle sensazioni, aspirazioni, tendenze è difficoltà. Per poterci aiutare, hanno bisogno di conoscerci profondamente.
- Riservare del tempo, in maniera discreta, per stare vicino a loro. Per esempio, invitarli a cena; offrirsi di accompagnarli con la propria autovettura a culti e conferenze, in ufficio o in chiesa; suggerire una passeggiata (chi è tanto impegnato gradirà la proposta!); chiedere di potersi incontrare, o, meglio ancora, stabilire un appuntamento regolare. Una raccomandazione importante: inseguite, ma non assillate: fatelo cioè in maniera discreta, simpatica, piacevole. Non fate pesare su chi vi discepola la scarsità del tempo che vi dedica, piuttosto imparate ad avere incontri brevi ed efficaci. Così sarà incoraggiato a vedervi più spesso, perché saprà che non gli ruberete un pomeriggio o una serata intera a discapito di altri impegni.
- Mostrategli affetto, attenzioni e gratitudine. Se potete alleggerirlo, mettendovi al suo servizio per sbrigare pratiche o aiutarlo nei suoi impegni, fatelo! Cercate di sviluppare tra voi e chi vi discepola un rapporto privilegiato, come quello di Pietro, Giacomo e Giovanni con il Signore.
- Fate attenzione a quello che vi dice. Prendete sul serio i suoi consigli, anche se costa sacrificare le vostre idee, convinzioni e decisioni. Prendete nota dei suoi interventi, dei suoi messaggi, dei suoi insegnamenti, delle sue convinzioni, dei suoi pareri. Siate attenti al suo modo di fare, di parlare, di reagire. Siate osservatori scrupolosi,
ma non critici. E soprattutto, siate mansueti… sappiate accettare correzioni, rimproveri e richiami, anche se a volte non vi sembrano giusti. Evitate di giustificarvi, se non è proprio necessario, quando siete richiamati. Se ci sono comportamenti o decisioni che non condividete, discutetene apertamente e con umiltà.
- Infine, fate vostri in maniera scrupolosa i principi elencati sopra sotto il titolo “Delegare”. Muovervi in sottomissione e nello spirito di chi vi discepola è la lezione più importante che potete imparare. Sarete così in sintonia con le altre membra del corpo di Cristo e vi muoverete in perfetta interdipendenza (1° Cor. 12).