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di Emilio Ursomando
“Gesù era stato in disparte a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare …” (Luca 11:1). “Signore, insegnaci”! Credo che Gesù dovette sentirsi molto incoraggiato. Quel discepolo aveva realizzato qualcosa che forse non tutti noi, discepoli del ventesimo secolo, abbiamo compreso: che a pregare si impara!
La preghiera dinamica
Pregare è più che pronunciare parole, più che chiudere gli occhi, più che restare in silenzio, più che alzare le braccia. Pregare è soprattutto “muoversi”, muoversi nello spirito. La preghiera deve essere dinamica! Dobbiamo passare da una preghiera passiva ad una preghiera attiva, che agisce. Sia che lodiamo, o intercediamo, o adoriamo, le nostre parole devono essere contraddistinte dall’azione. È questa la preghiera che porta il regno di Dio sulla terra.
Quando, più tardi, i discepoli alzarono la voce a Dio (Atti 4:24), non stavano esponendo soltanto le loro difficoltà al Signore. Memori delle parole di Gesù: “Io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sii tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male” (Luca 10:19), stavano ora usando quel potere. Avevano imparato a pregare! Affermando la signoria di Gesù Cristo, l’autorità assoluta del Padre, insieme alla loro disponibilità a servire a qualunque costo, si fecero largo tra i principati, le podestà e le potenze demoniache, arrivando fino al trono di Dio, dove ricevettero una nuova unzione di potenza. Quello che accadde dopo – “il luogo tremò” (Atti 4:31) – non fu che il riflesso, sulla terra, della vittoria che avevano riportata nel cielo. Il luogo che tremò fu il segno che i principati e le podestà nei luoghi celesti erano stati scossi. Per cui uscirono, ripieni dello Spirito Santo, ed annunciavano la parola di Dio con franchezza. Certo, i sacerdoti che li avevano minacciati erano sempre li, ma i discepoli ora si sentivano perfettamente liberi. Avevano vinto nei luoghi celesti.
È lì che si combatte la vera guerra. “Il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo inondo di tenebre, contro le forze della malvagità che sono nei luoghi celesti” (Ef. 6:12). Con queste parole l’apostolo Paolo cerca di orientare la nostra guerra nella giusta direzione. Se vuoi ottenere la vittoria sulla terra, devi prima imparare a vincere nel cielo!
Il successo di Gesù derivava dalla sua vita di preghiera. Era lì che riceveva l’autorità, la rivelazione e la forza. Egli stesso dichiarava: “Il Figlio non può da se stesso far cosa alcuna, se non la vede fare dal Padre” . “lo non posso far nulla da me stesso: come odo, giudico” (Giov. 5:19, 30). Aveva udito, aveva visto. Per questo si muoveva ed agiva con autorità e determinazione. Non ha mai fallito una guarigione, non ha mai fallito un miracolo. Credo che tanti nostri “fallimenti” hanno la loro origine nel fatto che non abbiamo “ascoltato”, non abbiamo “visto”, e questo perché non abbiamo pregato nel modo giusto.
A pregare si impara
Pensate ad un piccolo bambino di pochi mesi. Se vuole imparare a camminare, deve scendere dal seggiolone e cominciare a poggiare i piedi per terra. Dobbiamo smettere di aspettare che siano gli altri a portarci avanti (“Fratello, prega per me”!), e cominciare a fare i nostri passi, o saremo sempre “dipendenti” dalle preghiere e dal sostegno degli altri. Dobbiamo imparare a pregare. Dio aspetta uomini da mandate alla guerra, è stanco di bambini che non fanno che piangere dai loro seggioloni.
Se vogliamo vedere il Regno di Dio manifestarsi intorno a noi, dobbiamo scuoterci, lasciare la sicurezza del “naturale” e cominciare a spingerci nel “soprannaturale”; perché, ricordiamolo, il soprannaturale che si manifesta sulla terra (nel visibile) è sempre preceduto da un soprannaturale che abbiamo conquistato nel cielo (nell’invisibile)! Il nostro vero combattimento è nei luoghi celesti. Dobbiamo capirlo o non cominceremo mai a combattere veramente nello spirito.
“In realtà, sebbene viviamo nella carne, non combattiamo secondo la carne; infatti, le armi della nostra guerra non sono carnali, a hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze” (2 Cor. 10:3-4). C’è dunque una preghiera carnale, inoffensiva contro il diavolo, e c’è una preghiera spirituale. Puoi anche pregare per ore senza produrre alcun risultato. Solo la preghiera spirituale ha potere contro il regno del diavolo e consente al regno di Dio di manifestarsi e diffondersi sulla terra.
I luoghi celesti
“Benedetto sia Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo” (Ef. 1:3). “… ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù” (Ef. 2:6). È nei “luoghi celesti” che sediamo in Cristo e veniamo benedetti! Finché non facciamo nostra questa realtà, non faremo mai l’esperienza della benedizione e del riposo in Cristo.
Ci sono dei “luoghi”, luoghi veri e propri, ma spirituali e perciò inavvertibili dai nostri sensi naturali (cfr. 2 Re 6:15-17). Appena ci mettiamo a pregare, ci affacciamo sul mondo spirituale e cominciamo a muoverci, col nostro spirito, in questi “luoghi”.
Siamo un po’ come un veliero. Con lo scafo è a contatto con il mare, ma con le vele è a contatto con il cielo. Così è di noi: col nostro corpo attraversiamo il mondo materiale e visibile, ma col nostro spirito ci muoviamo nei luoghi celesti. E le difficoltà, le pressioni, i “blocchi” che a volte avvertiamo sulla nostra anima, altro non sono che il riflesso di un’altra realtà: l’impatto del nostro spirito con le forze spirituali che cercano di impedire, o almeno limitare, la nostra avanzata nel mondo invisibile.
II campo di battaglia
Fra noi ed il luogo dove il nostro spirito riposa ai piedi di Dio, si estendono altri “luoghi”, che dobbiamo imparare ad attraversare, se vogliamo giungere al trono. Sono quei luoghi in cui sono arroccate le forze della malvagità (Ef. 6:12). Il cielo, quindi, non è solo un luogo di benedizione, è prima di tutto un campo di battaglia.
Quando hai accettato Gesù nella tua vita, non sei stato soltanto salvato. Sei stato anche arruolato nell’esercito di Dio e catapultato nel mezzo di una guerra. Devi capire bene questa cosa! Perché se pensi che pregare sia solo andare da Dio per essere benedetto, resterai confuso e ti fermerai. Pregare è prima di tutto combattere. Molti sono pronti a pregare per essere benedetti, ma solo pochi sono disposti a pregare per combattete. Chi non ha cominciato a combattere nella preghiera non ha ancora cominciato a pregare veramente. Ricordiamolo, c’è anche una preghiera “carnale”, ma noi dobbiamo imparare a confrontarci con la realtà spirituale intorno a noi, affrontare e rintuzzare l’opposizione del diavolo, se vogliamo vedere le moltitudini piegare le loro ginocchia davanti a Cristo.
Pronti a morire
Alcuni cristiani non avanzano mai nei luoghi celesti, non fanno mai l’esperienza del trono, perché hanno paura. Amano ancora la loro vita. Come posso riuscire a resistere e ad andare avanti nella valle dell’ombra della morte se non sono ancora pronto a dare la mia vita? “Essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello… e non hanno amato la loro vita, anzi l’hanno esposta alla morte” (Apoc. 12:11). Il sangue dell’Agnello, e la prontezza a morire. Ecco la chiave della nostra vittoria! Chi non ha deciso ancora di perdere la propria vita, non andrà molto avanti nei luoghi celesti, non farà mai l’esperienza della pienezza della benedizione di Dio!
C’è una guerra incessante che si svolge ogni giorno nel cielo ed ogni volta che cerchiamo Dio entriamo in questa guerra. C’è un’opposizione nei luoghi celesti. Per questo motivo, a volte, risulta così difficile pregare. Gli stessi eserciti che cercavano di ostacolare la discesa dell’angelo fino a Daniele (Dan. 10:13) cercano di impedire oggi la nostra salita al trono di Dio.
Dobbiamo imparare ad andare avanti. Crescere nella comprensione del regno spirituale intorno a noi. Dobbiamo chiedere oggi, come fecero quel giorno i discepoli: “Signore, insegnaci a pregare”.
Prendere il regno
“Il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono” (Matt. 11:12). Questa affermazione di Gesù attira la nostra attenzione su un’altra realtà: il regno dei cieli va “preso”! Il regno è venuto, è in noi (Luca 17:21), ma va anche preso. Se lo afferma Gesù vuol dire che è così: Dio ci ha dato il regno, ma dobbiamo anche prenderlo. In realtà la contraddizione è solo apparente. C’è un regno “in” noi (da cui prendiamo la nostra pace e la nostra autorità di figli di Re), ma c’è anche un regno come realtà spirituale “esterna” a noi, ed è quest’ultimo che, afferma Gesù, va conquistato. Anch’esso è nostro, fa parte della nostra eredità (Luca 10:1720) ma dobbiamo impadronircene, strapparlo al diavolo e ai suoi eserciti.
Predicare Cristo non gioverà a nulla se non avremo prima vinto la nostra battaglia nei luoghi celesti. Gesù ci ha rivelato che per poter liberare i prigionieri, Egli si è prima preoccupato di “legare l’uomo forte” (Mc. 3:27). E lo faceva nella preghiera.
Nella preghiera ci confrontiamo con le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti. Per questo spesso abbiamo difficoltà a pregare. La preghiera è quindi anche causa di pressioni, ma è lì che i nostri muscoli spirituali si irrobustiscono, che il nostro cuore diventa fermo e i nostri occhi arrivano a vedere più chiaro e più lontano. Se il diavolo riesce a tenerci lontani dai luoghi celesti, avrà fermato l’avanzata del regno di Dio sulla terra e sarà anche riuscito a privarci della nostra gloria. Saremo come struzzi, uccelli i più veloci tra quelli che vivono sulla terra, ma che non volano più. Dobbiamo sforzarci di rimanere in volo o le nostre ali, lentamente, si atrofizzeranno. Dobbiamo imparare a dimenticare i voli falliti del passato e rilanciarci con nuovo entusiasmo nella conquista del cielo, nella conquista del regno! (cfr. Fil. 3:13-14).
Alcuni credenti trovano il cristianesimo una cosa monotona e cercano fuori della chiesa degli “eccitanti”. La realtà è che stanno vivendo un cristianesimo “naturale”. Non occupano la loro posizione in Cristo; non hanno ancora imparato a muoversi nei luoghi celesti. “Insegnaci a pregare”, chiesero i discepoli. E mai come oggi abbiamo bisogno di chiederlo a gran voce anche noi.
Quando Dio avrà a sua disposizione uomini e donne che sanno pregare, allora vedremo il “sistema” di questo secolo franare al suolo come una torre di sabbia ed il monte di Dio innalzarsi sopra ogni altro monte (Is. 2:2).
Voglio ora applicare queste considerazioni ad alcuni tipi di preghiera, che sono i più comuni nella vita del credente.
La lode
Lodare non è solo battere le mani e rallegrarsi in Dio, nel confortevole tepore di un locale riscaldato, circondati dall’amore della comunità in festa. Certo, è anche questo, ma è più di questo. C’è una “piccola” lode ed una “grande” lode. La differenza non è nella quantità delle voci che lodano, ma nelle circostanze in cui la nostra lode sale verso Dio. È facile lodare Dio per la gioia, per la salvezza, per una guarigione, ma la vera lode, quella che scuote i luoghi celesti, è quella che facciamo salire verso il trono in mezzo alle difficoltà, quando ci ritroviamo soli con i nostri problemi, quando Dio stesso sembra venir meno alla Sua parola e la gioia scompare dal nostro cuore. È qui che comincia la vera lode, la grande lode.
Sì, anche la lode deve essere dinamica! Davide scriveva: “Io benedirò l’Eterno in ogni tempo, la stia lode sarà del continuo nella mia bocca” (Sal. 34:1). Certo, è più difficile, ma è questa la lode che ci fortifica, ci porta più avanti nel regno spirituale e ci rivela Dio in un modo sempre più reale e tangibile. Voglio dirti un segreto. Se vuoi crescere nella conoscenza di Dio, ebbene, lodalo! La lode “attira” Dio. È scritto che Egli siede in mezzo alla lode (Sal. 22:3). Loda il Signore ed Egli verrà, e potrai così conoscerLo sempre di più.
I ragionamenti
La lode ha però un grande nemico: i nostri “ragionamenti”. Paolo dice che dobbiamo farli prigionieri e portarli all’ubbidienza di Cristo (2 Cor. 10:5). “Fare prigionieri”! Ancora si parla di battaglia. E così, anche per lodare bisogna prendere posizione e combattere.
Un’illustrazione di ciò è l’episodio della presa di Gerico (Gios. 6). Non credo che fu tutto così semplice per Giosuè. La Bibbia ci descrive i fatti, quello che si è svolto nel visibile; ma certamente dentro, nel segreto del suo cuore, Giosuè era in guerra. In guerra con i suoi pensieri, con la sua anima. Quella fortezza alta e compatta, davanti a lui, sfidava la sua ragione. Dio gli aveva detto: “Gerico cadrà!”, ma Gerico diceva: “COME cadrò? Credi che basteranno le vibrazioni delle vostre voci e delle vostre trombe? Ma non vedi come sono alte e compatte le mie mura?”
Era un “ragionamento”, un ragionamento che contraddiceva e contrastava, con la forza dell’umano buon senso, la parola di Dio nella mente di Giosuè. Ma Giosuè resistette. Non fece avanzare gli armati. Attaccò quel ragionamento con la parola ricevuta da Dio: “Gerico, per quanto sei grande e fortificata, tu cadrai davanti a me, perché Dio l’ha detto!” Ecco la lode, la grande lode. Tutti gli eserciti del diavolo urlarono di rabbia, quel giorno, nel cielo. Poi Giosuè fece suonare le trombe, il popolo proclamò a gran voce il nome di Dio. E … Gerico cadde! Tutta la sua arrogante imponenza rovinò miseramente al suolo. Fu vinta dalla lode. E la vera lode nasce dalla fede nella fedeltà di Dio.
La lode è inscindibile dalla fede. Lodare significa innalzare Dio come il fedele e il verace, contro ogni dubbio, perplessità o timore. Un cuore che loda è un cuore che crede.
Legare i re
Nel Salmo 149:6-9, viene detto che lodare Dio significa anche “legare i re”. Quali re? Quelli che governano nei luoghi celesti. E il salmista conclude dicendo: “Questo è l’onore che hanno tutti i suoi fedeli. Alleluia!” È un privilegio lodare, ma è anche un privilegio combattere per il Signore. Così, quando ti trovi in mezzo ad una difficoltà, non lasciarti prendere da ragionamenti disfattisti, ma sappila vedere come una preziosa opportunità che Dio ti concede di legare un re, contribuendo così all’avanzata del suo regno. E se ti senti come “premuto” da un ragionamento che ha il solo scopo di ricacciarti nel naturale, quando ti ritrovi senza forza e non vedi una via d’uscita, allora… non sforzarti. Rilassati! È il momento di pensare a Giosuè. Serenamente, deponiamo le armi naturali (le “nostre” risorse) e proclamiamo la fedeltà e la potenza del nostro Dio. Egli stesso verrà (Dio risponde sempre alla vera lode!) e metterà in fuga i nemici invisibili che tramavano nell’ombra.
Così, sei depresso? Non prendere pillole eccitanti, ma loda, loda il Signore! Egli è la tua forza, Egli è colui che ti libera! Ti senti confuso e non vedi più chiaramente la via di Dio davanti a te? Rilassati e loda, loda il Signore, credendo che, anche se non te ne rendi conto, il Suo Spirito ti sta guidando. Non valutare il cammino con la tua mente, ma loda il Signore ed esprimigli la tua fiducia nel fatto che Egli sta guidando i tuoi passi sulla buona via. Ricorda sempre che vivi per una potenza “esterna” alle tue capacità ed alla tua forza. Come Paolo, impara a gloriarti delle tue fragilità e sentiti sicuro per la “Sua” forza. Questa è già lode, vera lode, grande lode davanti a Dio!
L’intercessione
Anche la preghiera di intercessione è una preghiera di combattimento, forse la più dura. Personalmente, è la preghiera in cui avverto maggiori resistenze. C’è stato un tempo in cui pensavo che fosse Dio ad opporre queste resistenze, poi un passo della Scrittura mi ha convinto del mio errore: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1 Tim. 2:4). L’opposizione proviene quindi da qualche altra parte e, se hai letto con attenzione fin qui, avrai capito anche da dove.
Quando ci mettiamo a pregare per la salvezza di un’anima, entriamo in conflitto con colui che, in un modo o nell’altro, tiene legata quell’’anima: ancora una volta, il diavolo. Intercedere, quindi, non è soltanto vestirsi di sacco e digiunare, ma è ancora una volta “combattere”. Se la nostra preghiera di intercessione non sarà “dinamica” ed “aggressiva” anche il sacco, la cenere e il digiuno risulteranno sterili. Saranno armi “carnali”, e perciò impotenti a strappare anime al diavolo.
Se vuoi avere un quadro di quello che accade nei luoghi celesti quando intercedi, leggi Zacc. 3:1-2 e Giuda 9, dove potrai vedere come sempre, ad ogni iniziativa dei figliuoli di Dio, corrisponde una dura resistenza da parte del diavolo.
Elemento fondamentale della preghiera di intercessione è dunque l’insistenza! Molte anime non giungono mai alla piena conoscenza di Cristo, non perché non preghiamo per loro, ma perché non continuiamo a pregare per loro. “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà” (Matt. 6:10) è una preghiera di intercessione. Come preghiamo ogni giorno per il “pane quotidiano”, dobbiamo pregare ogni giorno per gli uomini che hanno bisogno di Dio. E una responsabilità che Dio ci affida.
L’adorazione
Anche riguardo all’adorazione c’è bisogno di fare maggiore chiarezza. Molti identificano l’adorazione con quel momento del culto domenicale in cui si cantano canti particolari accompagnati da gesti particolari. Ma l’adorazione non ha a che fare con i canti, né con i gesti. L’adorazione ha a che fare con la vita, con la tua vita! Se non adori nella vita, non riuscirai mai ad adorare al culto. Potrai, certo, cantare o pregare delle parole di adorazione, ma sarà falsa adorazione. “Adorare Dio in spirito e verità” è tutta un’altra cosa! È nella vita che adori o non adori Dio.
In Genesi 22 leggiamo del drammatico giorno in cui Dio mise alla prova il cuore di Abramo, chiedendogli la vita di Isacco. Ebbene, notiamo l’espressione che Abramo. usa partendo per il luogo del sacrificio. Egli dice ai suoi servi: “Io e il ragazzo andremo là e adoreremo; poi torneremo” (v. 5). Per Abramo, offrire Isacco era un atto di adorazione. L’adorazione è legata all’offerta, l’offerta della nostra vita e delle cose che ci sono più care. Avrai grosse difficoltà ad adorare durante il culto, se non stai adorando Dio con le tue azioni, durante la settimana. Nel culto comunitario, “continuiamo” a presentarci in offerta a Dio. Senza offerta, non c’è vera adorazione! Non servirà a nulla alzare le braccia la domenica, in segno di resa a Dio, se non le stai alzando durante la settimana. Non capirai perché, ma il cielo resterà chiuso sopra di te.
Adorare in verità
“Bisogna che i veri adoratori adorino Dio in spirito e verità”, disse Gesù (Giov. 4:23-24). Non solo in spirito, ma anche in verità! Che le nostre parole corrispondano a quello che abbiamo nel cuore! Dobbiamo avere lo stesso comportamento sia quando siamo da soli che quando veniamo insieme la domenica. Abramo era solo quel giorno. Avrebbe potuto tornare e dire che Dio aveva cambiato idea su Isacco. Nessuno avrebbe potuto contestarlo. Ma Abramo alzò il coltello. Essere da solo o con tanti altri non faceva alcuna differenza per lui. Egli agiva sempre allo stesso modo, non c’era cattiva coscienza in lui. Era un adoratore.
L’adorazione non è una tecnica, non è un canto particolarmente suggestivo. L’adorazione comincia dentro di noi, nel segreto del nostro cuore. La qualità dell’adorazione è legata a quello che siamo capaci di mettere sull’altare di Dio.
Possediamo di più
Un’ultima considerazione, prima di concludere. Voglio riproporre alla vostra attenzione la dichiarazione di Paolo: “… ci ha fatti sedere nei luoghi celesti … “ (Ef. 2:6). È importante che comprendiamo tutte le implicazioni di questo versetto. È qualcosa di portata incalcolabile, che va molto al di là della nostra intelligenza e finanche della nostra fantasia.
In Cristo noi possediamo qualcosa che nemmeno i più grandi uomini di preghiera del Vecchio Testamento hanno mai sperimentato. Stupiamo di santa invidia leggendo dell’angelo che appare a Gedeone o a Daniele. Ma in Cristo noi possediamo di più! Molto di più! Più di Gedeone, più di Mosè, più di Daniele. Daniele doveva attendere che l’angelo scendesse fino a lui, ma (stupiamo!) noi possiamo salire direttamente nei luoghi celesti e, in virtù del sangue di Cristo, accostarci ogni volta che vogliamo, e non ad un angelo, ma al trono stesso del Dio Onnipotente ed Eterno: nostro Padre!
Prima di Cristo bisognava aspettare che il cielo scendesse sulla terra, ma con la venuta di Gesù una nuova via si è aperta e adesso noi possiamo salire. Era questo che intendeva dire Gesù quando affermò: “… il minimo nel regno dei cieli è più grande di Giovanni Battista” (Matt. 11:11)! Veramente in Cristo possediamo di più. Non invidiamo Mosè, non invidiamo Elia. Abbiamo di più (Ebr. 11:40)!
Prendere il paese!
C’è un “paese” davanti a noi: il cielo! Dio dice: “Voi avete dimorato abbastanza tra queste montagne. Prendete possesso del paese!” (Deut. 1:6). È l’ora della preghiera, ma della preghiera dinamica, della preghiera dell’autorità e della fede!
Muoviamoci, scuotiamoci! Esperienze straordinarie, rivelazioni stupende aspettano chi deciderà di diventare un uomo o una donna di preghiera. Smettiamo di recitare i nostri tristi “rosari”. Usciamo dalla passività. Per quanto possiamo sentirci deboli, l’autorità è ancora nostra! Alziamoci e occupiamo il nostro posto nei luoghi celesti. È l’ora della preghiera, è l’ora della restaurazione, è l’ora della guerra! Alziamo la voce e, tutti insieme, gridiamo al Signore: “Signore, insegnaci a pregare. Insegnaci la preghiera che scuote i principati e le podestà che sono nei luoghi celesti. Perché il tuo Regno venga e la tua volontà sia fatta sulla terra come è fatta nel cielo. Amen!”