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Ernesto D. Bretscher
Qual è il tuo mandato specifico?
A questa domanda, la maggior parte dei cristiani non sa rispondere. Anzi, parecchi non sanno neanche di avere un mandato! Altri potrebbero identificare il proprio mandato solo in un ministero specifico, pensando che servire il Signore significhi sempre e solo essere un pastore, predicare da un pulpito, avere gente che ascolti e faccia quello che si dice.
È importante capire che tutti noi che abbiamo creduto abbiamo ricevuto una funzione specifica, un mandato ben definito. Solo che … non coincide sempre con quanto ci aspetteremmo o vorremmo.
I. Ricerca della volontà del Padre
È Lui il nostro punto di riferimento. Consideriamo le seguenti affermazioni di Gesù:
“Come il Padre mi ha mandato, anch’io mando voi” (Giovanni 20: 21).
“Il Figlio non può da se stesso far cosa alcuna se non la vede fare dal Padre … il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto quello che egli fa …” (Giovanni 5:19,20).
“… cerco non la mia propria volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato” (v. 30).
“Le opere che il Padre mi ha dato a compiere, quelle stesse opere che io faccio, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato” (v.36).
Quello che emerge è che Gesù aveva le idee chiare sul disegno di Dio e sul ruolo che Egli gli affidava per collaborare alla sua realizzazione. L’impegno totale di Gesù era quello di realizzare il piano e la volontà del Padre. Anche noi siamo chiamati ad avere le idee chiare su questo piano.
Ma come avere le idee chiare? Qual è il disegno di Dio per il mondo, per la Chiesa, per la comunità locale in cui siamo chiamati ad operare? E qual è il ruolo affidatoci da Dio per essere strumenti utili per la sua realizzazione?
Possiamo conoscere il piano di Dio:
- In modo generale, studiando la Parola per capire il disegno di Dio di cui parla Paolo in Efesini 1:4,9 e 3:9.
- In modo più particolare, tenendo conto di:
il peso che Dio pone sul nostro cuore. Le cose, situazioni, persone come pure i bisogni, i sogni, eccetera per cui soffriamo, preghiamo e ansimiamo;
gli incoraggiamenti e le conferme profetiche che riceviamo, sopratutto se da persone che non sanno nulla di quanto sta sul nostro cuore;
la conferma di ministeri, in particolare da quelli di pastori, profeti e apostoli;
la conferma delle circostanze che rendono possibile iniziare un servizio specifico, creando (spesso in modo inatteso, addirittura miracoloso) le condizioni per un determinato lavoro (si aprono cioè le “porte” giuste).
II. Fede in Dio
Forse molti di noi iniziano a “servire il Signore”, come ho fatto io, pieni di entusiasmo e di voglia di fare, finendo però per servire più le proprie ambizioni che il Signore. Da tanto attivismo – spesso lavoravo 18 ore al giorno – mi sono ritrovato alla fine, per essere sincero, con ben poco. Eppure ero sinceramente convinto di servire Dio! Dovetti imparare la grande lezione che emerge dai seguenti versi:
“Se è con il dito di Dio che io scaccio i demoni, il regno di Dio è giunto fino a voi” (Luca11:20). “Il Padre mio opera fino ad ora, e anch’io opero” (Giovanni 5:17).
“Se l’Eterno non costruisce la casa, invano vi si affaticano i costruttori; se l’Eterno non protegge la città, invano vegliano le guardie” (Salmo 127:1).
“Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla, ma Dio che fa crescere, è tutto … Noi siamo infatti collaboratori di Dio …” (1° Corinzi 3:6,7,9).
I presupposti per servire Dio sono dunque i seguenti:
Non siamo noi che chiediamo a Dio di operare: è Lui che lo chiede a noi.
I nostri occhi vanno costantemente puntati su di Lui.
Dobbiamo rimanere attenti a percepire ogni Sua direttiva.
È Dio che costruisce; è Lui che attira le persone a Gesù; è Lui che le salva; è Lui che le libera da Satana; è Lui che le guarisce dalle loro infermità; è ancora Lui che le fa crescere … tramite noi!
Il rapporto con Dio, la preghiera, la contemplazione, l’ascolto sono essenziali per chi vuole servire il Signore. Osserviamo quanta necessità avvertiva Gesù di trascorrere del tempo alla presenza del Padre. Vale la pena citare le famose parole di Lutero: “Oggi sono troppo impegnato per non dedicare almeno due ore alla preghiera!”
III. Azione
Nella Chiesa coesistono spesso due estremi opposti: da una parte ci sono i mistici che spiritualizzano tutto, sempre alla ricerca di parole profetiche e di esperienze forti prima di essere pronti a sporcarsi le mani; dall’altra, i pragmatici, per i quali la preghiera va ridotta all’essenziale “di poche parole” e per i quali ciò che conta sono soprattutto i fatti e le azioni concrete.
L’antica regola di Benedetto da Norcia, “Ora et labora”, mette in equilibrio i due estremi. Quando riusciamo a far convivere questi due “estremismi”, pregando e lavorando nello stesso tempo, abbiamo buone probabilità di avere una comunità equilibrata: spirituale e anche attiva.
Alla preghiera infatti deve seguire l’azione: “Andate, predicate …”, disse Gesù (Marco 16:15). “Andate dunque e fate diventare miei discepoli … battezzandoli … insegnando loro …” (Matteo 28:19). “Guarite gli ammalati, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, scacciate i demoni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date …” (Matteo 10:8).
Non è aspettando con le mani in mano che costruiremo. È lavorando sodo, mirando ad obiettivi chiari e concreti; senza però perdere di vista il fatto che siamo noi a dover seguire Dio mentre è Lui che opera.
Il misticismo tende a perdere il senso reale e concreto del disegno di Dio; l’attivismo tende invece a perdere il senso della realtà della sovranità dello Spirito. Bisogna pertanto imparare a pregare e a lavorare … con costanza. Anche qui vale il principio biblico: “Chi semina generosamente mieterà altresì abbondantemente” (2° Corinzi 9:6). Il presupposto per raccogliere molto è dare molto in termini di tempo, abilità, soldi e forze, cercando tuttavia di tenere in equilibrio i vari doveri della vita: la famiglia, la preghiera e l’ascolto del Signore, il lavoro secolare e le attività per il Regno di Dio.
Tuttavia la quantità di impegno non basta. Ci vuole anche la qualità. Bisogna tener presente che:
- Lavoriamo per e con persone, non con macchine. Ci vuole pertanto una grande sensibilità.
- Si raccoglie quello che si semina! Se seminiamo con saggezza, con grazia, con amore, con umiltà, il raccolto sarà buono: le persone risponderanno bene. Le strutture flessibili, basate sulla misericordia, sull’ascolto e sul rispetto reggeranno bene nel tempo. Se invece seminiamo regole, leggi, imposizioni, strutture rigide, il raccolto sarà cattivo: forse le persone risponderanno, ma con motivazioni e atteggiamenti non corretti. E prima o poi le cose costruite si sgretoleranno.
Attenzione: la qualità della base di un’opera determinerà il corso di tutta l’opera!
IV. Il conflitto
Dobbiamo fare i conti con svariate “fortezze” spirituali. Le prime con cui ci scontriamo sono lo scoraggiamento, la pigrizia, la depressione e la sfiducia. Poi ci sono la confusione, la “nebbia”, il senso di deserto intorno, la solitudine, e ancora, la tentazione a cambiare rotta e i dubbi sul mandato e sulla visione. Tutti questi sono tentativi del Principe di una regione per farci desistere dal compiere il piano di Dio. Ci potranno essere anche insuccessi, opposizioni, sconfitte e attacchi contro di noi o i nostri cari.
Come reagire?
- Dobbiamo essere coscienti del conflitto spirituale in cui ci troviamo (Efesini 6:10-20).
- Essere forti dipende da noi! Dio raccomanda a Giosuè: “Sii forte e molto coraggioso … Non te l’ho io comandato? Sii forte e coraggioso; non aver paura e non sgomentarti, perché l’Eterno, il tuo Dio, è con te dovunque tu vada” (Giosuè 1:7,9).
Dunque, niente lamentele, autocommiserazione, crisi depressive! È guerra contro le forze delle tenebre, contro le avversità e le ostilità, contro l’insuccesso e il fallimento. Essere forti è un ordine di Dio. Dipende ora da noi, dalla costanza con cui noi attingeremo alla fonte della nostra forza: Dio. “L’Eterno, il tuo Dio, sarà con te dovunque tu vada”! Perdere una o più battaglie non vuol dire perdere la guerra! “Il giusto cade sette volte e si rialza” (Proverbi 24:16). “Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26:41).
Vegliate … per capire quello che ci succede intorno.
Pregate … per ricevere quotidianamente dal Signore la forza, il coraggio, la perseveranza, la visione e la chiarezza per andare avanti.
“Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi. Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi” (Giacomo 4:7).
In conclusione, il nostro mandato emergerà con chiarezza se:
- Ci impegneremo a scoprire il disegno di Dio per noi e per le future generazioni (se Gesù non dovesse tornare prima).
- Ascolteremo il peso che Dio ha messo sul nostro cuore.
- Svilupperemo un rapporto di continua dipendenza da Dio, cercando la sua faccia e la sua voce.
- Inizieremo a servire concretamente dovunque c’è un bisogno. La nostra vocazione diventerà sempre più chiara dalla nostra unzione e dalle nostre abilità, sensibilità e capacità.
- Comprenderemo il conflitto cui ci stiamo esponendo.
- Rimarremo forti a tutti i costi, restando fedeli alla nostra vocazione.
Ernesto D. Bretscher è cresciuto in Calabria, dove i genitori svizzeri sono tuttora missionari. Ha fondato chiese a Reggio Calabria e a Salerno e attualmente è responsabile di una comunità a Torino. Il suo ministero si svolge soprattutto nel campo dell’evangelizzazione e della cura pastorale dei credenti. Sposato, è padre di quattro figli.