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1. Gianfranco Galelli
Voglio raccontare alcune mie esperienze del discepolato fatte da quando, circa dieci anni fa, sono entrato nella fede.
Nel periodo iniziale, dopo che un mio collega di lavoro mi aveva presentato Cristo, mi aggregai a una piccola comunità evangelica. Non ebbi difficoltà a legare con il fratello responsabile, Roberto: mi trovai subito a mio agio con lui, gli aprii la mia vita e i suoi consigli, le sue cure e i suoi insegnamenti furono molto utili per la mia crescita iniziale.
Quando, dopo pochi mesi, il mio matrimonio andò in crisi (si parlava seriamente di divorzio), Roberto con altri fratelli mi incoraggiò e pregava per me, mi stette vicino, mi esortò e mi consolò in un momento così difficile. Fu poi uno strumento nelle mani di Dio per la conversione di mia moglie, mostrandole amore, comprensione e sensibilità e nello stesso tempo comunicandole la Parola di Dio con chiarezza.
Dopo questa felice svolta, Roberto ci aiutò ancora a mettere delle nuove basi nella vita famigliare, secondo l’ordine di Dio. Ci furono molti scrolloni e il Signore, con tutto l’amore possibile, iniziò la Sua opera di potatura nella nostra vita.
È bello constatare come lo strumento della nostra crescita nelle mani di Dio siano i fratelli che Egli mette al nostro fianco: ne potrei elencare molti che porto nel cuore. Fu importante per me capire in quel periodo una cosa che ritengo tuttora indispensabile per la crescita: riconoscere l’unzione di Dio sulle persone che il Signore ci propone come autorità, che è la condizione per poterne trarre molti benefici e salti di qualità.
Cambio della guardia
Dopo circa due anni e mezzo, si unirono a noi dei fratelli provenienti da un’altra chiesa evangelica diversa dalla nostra, fra i quali Massimo era un responsabile. Nello stesso periodo, entrammo in contatto anche con i fratelli che ora compongono la squadra basata a Caserta (Giovanni, Ernesto, Geoffrey ed Emilio), con i quali si stabilì subito un forte legame. Non ci fu difficile capire che erano uomini-chiave per la crescita della nostra comunità. Da allora in poi c’è stata una continua riscoperta di vita nel Signore, sebbene tutti quanti sappiamo quanta sofferenza costi il costruire e consolidare la chiesa e i rapporti fraterni.
Proprio questo – l’insegnamento ricevuto da loro sui rapporti e il patto, verticale e orizzontale, cioè col Signore e con i fratelli – fu la cosa che sconvolse la mia vita. Il rapporto che venne a crearsi con questi uomini fu fondamentale per la nostra chiesa, e ci trovammo uniti in modo soprannaturale.
Ebbi all’inizio una certa difficoltà ad accettare Massimo, ma in breve tempo il Signore mise ordine nel nostro rapporto. Il Signore mi fece capire che dovevo sottomettermi a lui, e da allora cominciai a vederlo sotto un’ottica diversa, mettendolo così in condizioni di aiutarmi. E infatti mi fu di grande aiuto, facendomi capire quale poteva essere il mio ruolo nella chiesa. Insieme con Roberto, mi assegnò la cura di qualche fratello, poi la guida di un gruppo in casa, qualche sermone (dove scoprii a che cosa serve il pulpito: “quando ti tremano le ginocchia, vi ti puoi aggrappare”!), e infine la guida dell’adorazione nel culto.
Il mio rapporto con Massimo – ora divenuto il pastore responsabile della comunità – si faceva sempre più aperto e profondo. Riconoscemmo su di lui l’unzione di Dio, la capacità di guida e un cuore da pastore. È stato ed è di grande aiuto per me personalmente e per tutta la comunità di Pavia. Potrei raccontare qui tante vicende personali, ma lo spazio non lo consente. Posso dire solo che un grande lavoro è stato compiuto nella mia vita dai fratelli che il Signore ha messo sopra di me e al mio fianco. Come in tutte le famiglie, si creano a volte crisi e conflitti, ma è anche attraverso queste cose che impariamo a conoscere il nostro posto e a stare tranquilli, e a muoversi nella misura di fede che il Signore ha concesso (Rom. 12:3).
Ci sono periodi nella vita cristiana in cui ci si sente sconsolati e incapaci, come Gedeone (Giud. 6:13), altri in cui si affronterebbe qualunque Goliath (1° Sam. 17). In tali momenti, abbiamo bisogno di qualcuno che dia direzione alla nostra vita e ci tenga in equilibrio. Così avviene un lento processo di crescita, infatti la mia vita ha preso un’impronta diversa e assumo una maggiore responsabilità come padre e come marito, dando sicurezza e stabilità alla mia famiglia.
Se ora, da alcuni mesi, sto frequentando il corso di formazione “Progetto Timoteo”, lo devo non solo al Signore, che mi sento onorato di servire, ma anche ai fratelli e alle sorelle che mi hanno dato fiducia. Voglio essere disponibile per lavorare nel campo di Dio come Egli desidera, sapendo che chi ha cominciato un’opera in noi la porterà avanti sino al compimento. Armati del sentimento di Gesù, quello di fare la volontà del Padre, costi quel che costi vogliamo proseguire il cammino. Il Signore ci benedica!
Gianfranco Galelli proviene da Pavia, dove sino a pochi mesi fa lavorava come calzolaio artigianale. Attualmente partecipa, insieme con la moglie Patrizia, al corso di formazione “Progetto Timoteo” a Caserta. È padre di due figlie di 14 e 6 anni.
2. Pino Imperitura
Quando mi è stato chiesto di scrivere le mie esperienze di discepolo, ho provato un certo imbarazzo. Non è facile, almeno per me, descrivere certi avvenimenti e le esperienze fatte. Comunque ci proverò.
Dopo aver conosciuto il Signore, il pastore della comunità mi ha chiamato a frequentare, insieme ad altri fratelli, uno studio biblico. Tutto filava liscio fino a che si trattava di ascoltare la Parola del Signore; ma fu un’altra musica quando questa doveva tradursi in realtà!
Lì ho cominciato a capire quanto è duro diventare “veri” discepoli. Implica parecchie scelte da fare, peccati da eliminare e, quel che mi era più difficile, diventare “come il maestro”… e qui sto pensando non solo alla difficoltà di imitare Gesù, ma anche al pastore, uomo di grande fede.
Difficoltà
Abbiamo cominciato a vederci regolarmente per parlare della vita, della visione e, più tardi, anche dell’andamento e dei problemi della vita comunitaria.
Con il passare degli anni, ci sono state delle difficoltà nei nostri rapporti: ci sono state incomprensioni, fraintesi e qualche volta degli scontri. Volevo colmare i limiti che vedevo nel mio “maestro”, e quando non mi fu consentito di farlo, andavo in crisi. In quei momenti, il mio desiderio era quello di abbandonare tutto e farmi da parte.
Alla fine, però, Gesù mi ha fatto capire in modo chiaro che il mio atteggiamento nei confronti del mio “maestro” era sbagliato. Dovevo avere verso di lui lo stesso atteggiamento di Davide nei confronti di Saul: dovevo onorarlo perché era l’unto di Dio.
Solo dopo questa che fu per me una vera rivelazione, il mio rapporto con lui è cambiato radicalmente. Ho imparato ad accettare di buon grado le sue decisioni, ma ho anche la libertà di comunicargli il mio punto di vista e quello che ho nel cuore.
Lezioni imparate
Da questa esperienza, ho capito in modo chiaro e inequivocabile che il rapporto esistente tra discepolo e maestro deve essere stabilito sulla base di alcuni principi fondamentali: patto, fedeltà, onore, amore, ubbidienza e sottomissione. Il Signore Gesù mi ha fatto sperimentare nella pratica ciò che conoscevo teoricamente. A volte, questo passaggio dalla teoria alla pratica è avvenuto in maniera dolorosa. Ma ho potuto capire così quanto sia necessario morire a tutto ciò che ha origine nella carne.
Oggi posso ringraziare il Signore perché questa esperienza, anche se mi è costata tante lacrime, mi è stata utile perché non è stata altro che una fase di crescita.
Pino Imperitura, 37, di Caulonia Marina (RC), è impiegato presso un ente pubblico e nello stesso tempo è attivamente impegnato nella cura pastorale nella sua chiesa, di cui è un anziano. È sposato e padre di due bambini di 7 anni e un anno. Attualmente ha lasciato il lavoro e la sua chiesa per partecipare a Caserta al corso di formazione “Progetto Timoteo”.
3. Salvatore Interlandi
“Non mi accontento dell’80 o del 90 per cento: voglio l’apertura di tutta la tua vita”, furono le parole del mio pastore in uno dei primi colloqui che avemmo all’inizio del nostro rapporto.
Da allora sono passati circa otto anni e il nostro rapporto non ha mai subito alcuna incrinatura, proprio perché sin dall’inizio avevo deciso di aderire con tutto il mio cuore al mio maestro, proprio come avevo fatto col Signore Gesù.
Molti potrebbero pensare che il rapporto di discepolato così fatto è del tipo “coercitivo” o ancora “dittatoriale”, ma credo che questo derivi da una scarsa comprensione delle Sacre Scritture.
Il discepolato inteso in senso biblico è un rapporto del tipo padre/figlio (come per esempio il rapporto di Paolo con Timoteo), ed è proprio così che io l’ho vissuto e continuo a viverlo tutt’oggi. Come ogni figlio, anch’io ho avuto il mio sviluppo, in cui si sono alternati momenti di gioia e momenti tristi, sofferenza e vittoria, riprensioni ed esortazioni, e tutto ciò che implica un rapporto tra padre e figlio. Ma una cosa è certa: alla fine, ogni cosa ha cooperato al mio bene.
Considerando il percorso fatto, posso dire che tra le difficoltà incontrate la maggiore è stata, ed è ancora, la quantità di tempo che trascorro insieme al mio pastore e agli anziani della chiesa. Dalla mancanza di comunicazione scaturiscono a volte insicurezze, incomprensioni, difficoltà a condividere certi momenti intimi (buoni o cattivi) col rischio di fare spazio a pensieri di abbandono, di solitudine e di non accettazione da parte di chi ti ammaestra. D’altra parte, però, è vero che allo stesso tempo queste esperienze sono servite per irrobustirmi e non diventare “pastore-dipendenti” per ogni piccola cosa, e ho imparato la pazienza nell’attendere, visto che non sono l’unico “figlio” e che i casi urgenti spesso prendono la precedenza.
Ho parlato delle difficoltà ma voglio precisare che da questo rapporto ho tratto dei grossi vantaggi per la mia vita spirituale.
Il primo è quello di avere un “esempio vivente”, un campione o modello tangibile dal quale apprendere. Questo è stato di vitale importanza per far scendere nella pratica giornaliera i principi biblici che spesso, pur conoscendo, non pratichiamo.
Vi è poi un altro beneficio: quello della copertura sulla mia vita che mi soccorre in caso di necessità e che vigila sulla mia relazione con Dio, sulla mia maturità, sulla mia crescita e mi protegge dal peccato.
Ci sarebbero altri vantaggi da elencare. Il beneficio tratto dai consigli ricevuti, le conquiste che ci vengono trasferite attraverso la guida, la motivazione, la visione, i suggerimenti, gli incoraggiamenti e tanti altri.
In conclusione, io ne traggo un bilancio profondamente positivo dove le benedizioni hanno compensato ampiamente i dolori e le tensioni. Se qualcuno mi chiedesse cosa togliere o aggiungere per migliorare, risponderei che tutto mi sta benissimo … tranne la “scrivania” del mio pastore alla quale preferirei una “ricca” passeggiata sulle rive del lago di Gennesaret (oppure del Golfo di Napoli!).
Nato in Venezuela, Salvatore Interlandi si è laureato in ingegneria aeronautica presso l’Università di Napoli. Lavora come consulente tecnico per una ditta elettrotecnica ed è responsabile del gruppo giovanile della Comunità Cristiana di Caserta. Attualmente sta partecipando al “Progetto Timoteo” per formarsi in vista di un futuro ministero nella chiesa. È sposato e ha due bambini.