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di C.J. Mahaney
Negli ultimi vent’anni, moltissime chiese hanno fatto esperienza della formazione di piccoli gruppi o cellule di vario genere. Ma, per quel che ne capisco, la maggior parte di esse non ha stabilito degli obiettivi chiari e biblici per tali gruppi.
Alcune senz’altro lo hanno fatto, e gliene do atto; e sono indubbiamente quelle che hanno avuto più successo con i loro gruppi. Altre invece hanno avviato le cellule semplicemente perché questa era l’ultima moda ecclesiastica. Raramente però le mode forniscono alle chiese un fondamento solido. In ultima analisi, le cellule non daranno buoni frutti a meno che non esistano per promuovere obiettivi biblici.
Le Scritture sottolineano insistentemente la centralità dei rapporti personali. Ecco perché io vedo le cellule come una priorità per ogni cristiano e per ogni chiesa. J.I. Packer ha scritto:
Non dobbiamo pensare alla nostra comunione con altri credenti come a un lusso spirituale, un optional che possiamo aggiungere, volendo, all’esercizio della devozione personale. La comunione (koinonia) è una delle grandi parole del Nuovo Testamento: indica qualcosa di vitale per la salute spirituale del cristiano, qualcosa di centrale alla vera vita di chiesa … La chiesa fiorirà e i cristiani saranno forti soltanto quando c’è comunione.1
L’autentica comunione non si può vivere in mezzo a una folla di duecento o di duemila persone. Soltanto nei piccoli gruppi i cristiani possono sviluppare dei rapporti intimi, “conoscendosi e facendosi conoscere”. Una chiesa che segue il modello biblico non solo avrà le cellule; sarà formata di cellule. Le cellule esistono per promuovere quelli che vedo come quattro chiari obiettivi biblici: la santificazione progressiva, la cura reciproca, la comunione e l’opera dello Spirito Santo.
La vera santificazione
Il teologo Wayne Grudem dà una bella e concisa definizione di questa dottrina fondamentale:
“La santificazione è un’opera progressiva di Dio e dell’uomo che ci rende sempre più liberi dal peccato e simili a Cristo nella vita vissuta”.2
Sono poche le cellule che mirano a questo obiettivo. Alcune danno più importanza alla socializzazione. Altre eccellono nella condivisione aperta e nell’ascolto comprensivo, senza però mai confrontarsi con i peccati o sfidare i membri a cambiare. Ma un gruppo che ha obiettivi non biblici può finire per fare più male che bene, in quanto tende a rinforzare, piuttosto che a sfidare, il peccato che si trova in noi,
Probabilmente molti piccoli gruppi non ricercano la santificazione perché troppi cristiani non hanno compreso la differenza che c’è tra la giustificazione e la santificazione. La giustificazione si riferisce alla posizione che ha il cristiano davanti a Dio. Non appena sei nato di nuovo, Dio ti ha giustificato. Sulla base dell’opera compiuta da Cristo, Dio considerò i tuoi peccati come cancellati e ti dichiarò giusto. La santificazione, invece, ha a che fare con la nostra vita pratica davanti a Dio, al processo in corso di combattere contro il peccato e di diventare sempre più simili a Gesù.
La santificazione è la prova e lo scopo della nostra giustificazione, ma non è mai la base della giustificazione. Che fatica sprecata cercare di guadagnare ciò che già ci è stato donato gratuitamente!
Allo stesso tempo, la giustificazione e la santificazione sono inseparabili. Dio non giustifica nessuno senza nello stesso tempo santificarla. La santificazione non è facoltativa. Se qualcuno è stato veramente giustificato, questo fatto sarà evidenziato da un’opera progressiva di santificazione nella sua vita. Le cellule contribuiscono a quest’opera magnifica e progressiva della grazia nella nostra vita.
La cura reciproca: non funziona nell’isolamento!
Per quanto rimanga centrale la responsabilità personale di ognuno per la propria santificazione, la Scrittura insegna chiaramente che essa deve prodursi nel contesto di una chiesa locale. Ci dice di curarci reciprocamente, senza egoismo e né favoritismo (vedi Gal. 6:2). L’incoraggiamento, la correzione e il rendiconto ci impediscono di andare alla deriva. Fornendo un contesto all’interno del quale i membri possono dare e ricevere la cura (vedi 1° Cor. 12:24-26), le cellule contribuiscono in modo prezioso alla nostra santificazione.
Come ha scritto l’autore e teologo Bruce Milne:
La maggior parte dell’insegnamento del Nuovo Testamento sulla vita cristiana, compresi i più importanti brani sulla santità, si trova in lettere indirizzate a gruppi collettivi, cioè a chiese. Tutte le grandi esortazioni alla santità di vita sono scritte al plurale: “noi”, “voi” (Rom. 6:1-23, Gal. 5:13 – 6:10, Ef. 4:17 – 6:18) … Allo stesso modo, tutte le promesse di vittoria del Nuovo Testamento sono plurale (1° Cor. 15:57, 1° Gv. 5:4, Ap. 15:2). In altre parole, gli apostoli concepivano la vita cristiana e la santificazione cristiana come cose che avvengono nel contesto di una comunità di amore e di cura reciproca.3
Chi è il tuo Nathan? Le vite del re Davide e di suo figlio Salomone illustrano l’importanza del rendiconto. Quando Davide si rese colpevole di adulterio con Bath-Sceba e poi fece morire suo marito Uria, fu confrontato – fu tenuto a rendere conto di se stesso – dal profeta Nathan (vedi 2° Sam. capp. 11 e 12). Come risultato, egli si pentì del proprio peccato e ricevette il perdono di Dio. Che cosa sarebbe diventato Davide senza la presenza di Nathan nella sua vita?
Salomone, invece, sembra non aver avuto nessun “Nathan” a chiedergli conto delle sue azioni quando incominciò a disubbidire a Dio. Alla fine egli fu severamente punito da Dio per i suoi peccati. Che cosa sarebbe potuto diventare Salomone se avesse avuto qualcuno come Nathan nella sua vita? E tu, che cosa diventerai se non c’è nessun “Nathan” nella tua vita?
Specchio, specchio delle mie brame … I rapporti sono un mezzo importantissimo per la nostra santificazione, ma lo strumento più efficace per cambiarci è l’applicazione della Scrittura alla nostra vita. Non basta però il semplice ascolto della parola di Dio: la Bibbia dà il suo frutto soltanto quando la applichiamo a noi stessi.
La Scrittura usa un’illustrazione umoristica per aiutarci a capire la necessità dell’applicazione pratica:
“Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era” (Giac. 1:22-24).
Non saresti un po’ preoccupato per qualcuno che ogni mattina si alza, si guarda allo specchio, e poi se ne allontana senza aver sistemato niente? Per quanto tempo rimarrebbe accettabile alla società? E quanto aspetteresti prima di regalargli un pettine? È una fantasia assurda … no? Ma, secondo Giacomo, è esattamente ciò che accade ogni volta che incontriamo lo specchio della Scrittura e ce ne andiamo senza aver cambiato nulla.
Le cellule non servono in primo luogo per la predicazione e l’insegnamento, compiti che spettano principalmente al pastore della chiesa. Piuttosto hanno lo scopo di applicare le verità divine in un modo personale e pratico. Chi si guarda regolarmente allo specchio senza aggiustarsi non ha capito a cosa serve lo specchio. E chi legge o ascolta la parola di Dio senza applicare concretamente ciò che ascolta, evidentemente non ha capito lo scopo per cui ci è data la Scrittura. Coloro che ascoltano la Parola domenica dopo domenica senza applicarla alla loro vita faranno l’esperienza non di una santificazione progressiva, ma di illudersi in maniera sempre più grave.
Il ministero dello Spirito Santo
Infine, le cellule esistono per fare esperienza dei doni spirituali e per darvi espressione. Dio dà dei doni spirituali a ogni cristiano (1° Cor. 12:1-7). Egli si aspetta che ne facciamo uso. Ma in qualsiasi chiesa non piccolissima, semplicemente non è fattibile che ogni membro dia espressione a questi doni nel culto domenicale. Nella cellula, invece, questo è possibile.
Alcuni definiscono l’opera dello Spirito in termini eccessivamente ristretti, provocando controversie inutili. Il professore di teologia Gordon Fee, il quale ha pubblicato un importante studio degli scritti di Paolo a proposito dello Spirito Santo, osserva:
“Nel pensiero di Paolo, la potenza non è concepita esclusivamente in termini del miracoloso e dello straordinario … Egli ha della potenza dello Spirito il concetto più ampio possibile”.4
Io sono assolutamente a favore del miracoloso e dello straordinario; ma è facile essere presi da queste cose in maniera esagerata. Attraverso lo studio dottrinale, l’esperienza e l’esercitazione pratica, dobbiamo cercare di comprendere la potenza dello Spirito nel modo “più ampio possibile”. “La comunione dello Spirito Santo” è per te una realtà allo stesso modo come la grazia del Signore Gesù Cristo e l’amore di Dio? (2° Cor. 13:14).
In secondo luogo, dobbiamo fare attenzione a non rattristare lo Spirito Santo. Jerry Bridges fa notare che “è nel contesto delle relazioni interpersonali che Paolo ha dato espressione all’avvertimento: “Non rattristate lo Spirito Santo di Dio” (Ef. 4:30) … Ogni peccato rattrista Dio e dovrebbe rattristare anche noi”.5 Quando pecchiamo, dobbiamo rispondere subito all’azione dello Spirito che ci convince di peccato, altrimenti Lo rattristiamo e perdiamo la comunione con Lui.
In terzo luogo, dobbiamo fare attenzione a non spegnere lo Spirito Santo. Ti stai dando da fare per ravvivare i doni che Dio posto dentro di te? Quando egli ti suggerisce di usarli al servizio degli altri, ubbidisci prontamente? Se no, stai spegnendo lo Spirito.
Infine, dobbiamo arrivare alle riunioni della nostra cellula con l’aspettativa che lo Spirito sia presente con potenza. Quando ogni membro arriva aspettandosi che lo Spirito Santo dia rivelazione e refrigerio, gustiamo insieme i poteri del mondo che verrà.
Ecco perché noi crediamo nelle cellule. Per la grazia di Dio, insieme veniamo trasformati nell’immagine di Gesù Cristo attraverso una santificazione progressiva. Insieme facciamo esperienza della cura reciproca, di un’autentica comunione e del ministero dello Spirito Santo. Non più “assistiamo” soltanto, ma partecipiamo. Non più usufruiamo egoisticamente, ma piuttosto realizziamo gli obiettivi di Dio per la nostra vita nel contribuire alla costruzione della chiesa locale.
1 J.I. Packer, God’s Words, Downers Grove, IL, InterVarsity Press, 1981, pag. 193.
2 Wayne Grudem, Systematic Theology, Grand Rapids, MI, Zondervan, 1994, pag. 746.
3 Bruce Milne, Know the Truth, Downers Grove, IL, InterVarsity Press, 1982, pag. 194.
4 Gordon Fee, God’s Empowering Presence, Peabody, MA, Hendrickson, 1994, pag. 8.
5 Jerry Bridges, The Discipline of Grace, Colorado Springs, NavPress, 1994, pag. 35.