SCARICA PDF di questo articolo
di Geoffrey Allen
Quando, nel 1967, incontrai il Cristo vivente, uno dei primi risultati fu che cominciai a leggere la Bibbia. Forse sarebbe meglio dire “a divorarla”: nei primi tre anni della mia vita cristiana devo averla letta tutta almeno tre volte, e alcune parti molto di più.
Ringrazio Dio che, per almeno un anno, non ho letto o quasi altri libri “spirituali” e che ho usato nello studio solo una Chiave Biblica e un dizionario biblico. “Il miglior commento sulla Bibbia è la Bibbia”, è stato detto; e infatti, man mano che studiavo e meditavo, un brano illuminava un altro e il quadro di ciò che la Bibbia insegna diventava sempre più chiaro e completo. Quadro che comprende, naturalmente, anche i tempi della fine.
Infatti, fino a non molto tempo fa, non sapevo neanche di essere un “premillenarista storico”! Le convinzioni maturate in quegli anni, e che esporrò in questo articolo, sono frutto di una ricerca personale. Ma potete immaginare quanto sono state confermate dalla scoperta che corrispondono quasi in tutto all’insegnamento diffuso nella chiesa dei primi tre secoli.
Con ciò, non voglio certo pretendere l’infallibilità. So che altri che interpretano la Bibbia diversamente hanno raggiunto anch’essi le loro conclusioni tramite un accurato studio della Parola di Dio, e che sono convinti quanto me di essere stati illuminati dallo Spirito Santo! Tuttavia, più studio le varie interpretazioni, più resto convinto che è questo che la Bibbia insegna.
Interpretazione
Prima di proseguire, alcune considerazioni generali.
È difficile interpretare le profezie bibliche, specialmente quelle dell’Antico Testamento, per almeno tre ragioni. Prima, perché sono sempre frammentarie. Qualcuno ha ben detto che Dio non ci mette mai in condizioni di fare uno schema degli avvenimenti futuri: “Succederà così e così”. Piuttosto le profezie servono per poter dire, quando le cose avvengono: “Ah, ecco quel che fu profetizzato…!” Così fu della prima venuta di Cristo. Tuttavia, è un principio che “ciò che è velato nell’Antico Testamento è rivelato nel Nuovo”; è per questo che nel presente articolo citerò principalmente il Nuovo Testamento.
In secondo luogo, spesso avvenimenti distanti nel tempo ma accomunati da uno stesso tema sono intrecciati insieme in una stessa profezia. E come vedere delle montagne da lontano: sembrano un’unica catena, ma quando si arriva vicino, ci si accorge che invece ha una struttura complessa e articolata. Così, troviamo nello stesso brano predizioni che riguardano la prima e la seconda venuta di Cristo, da confondere le idee a chi voleva capire in anticipo come sarebbe venuto il Messia. E credo che, allo stesso modo, troviamo talvolta intrecciate. profezie del millennio, per esempio, con quelle che riguardano invece l’eternità.
In terzo luogo, molte profezie hanno dei “compimenti multipli”, perché riflettono i modi di fare di Dio nella storia. Per esempio, le profezie dell’esilio dei Giudei dalla Terra Promessa si sono adempiute nel 569 a.C. sotto la Babilonia, ma anche una seconda volta nel 70 d.C. sotto i Romani; e molti vedono nel loro ritorno in questo secolo un secondo adempimento delle profezie di ritorno, adempiute già sotto l’imperatore Ciro.
Altre profezie hanno invece un compimento letterale e uno spirituale. Molte realtà spirituali infatti si manifestano ripetutamente in tempi e modi diversi: per esempio, la storia di Israele, le leggi e i riti dell’Antico Testamento sono descritti nel Nuovo come “ombre” e “figure” di realtà spirituali (Ebr. 10:5, Col. 2:17, 1° Cor. 10:11). Anche il Regno di Dio ha un aspetto presente (“il Regno di Dio è in mezzo a voi”, disse Gesù in Lc. 17: 21, cfr. 11:20) ma anche un aspetto futuro (Lc. 13:28-29, 22:16,18; Apoc. 19:15, 2:27 pongono il compimento del Regno di Dio, il dominio di Cristo e dei santi sulle nazioni, ancora nel futuro). È, secondo la felice espressione di Oscar Cullmann, “già e non ancora”.
Tutti questi fattori rendono complicata l’interpretazione della profezia. Tuttavia, se prendiamo la Bibbia nel suo complesso, il quadro diventa sempre più chiaro.
Il premillenarismo
Riassumendo per sommi capi, io credo che:
- Gesù ritornerà dal cielo con grande potenza e gloria; “ogni occhio lo vedrà”. Giudicherà gli uomini ancora viventi sulla terra e poi regnerà personalmente sul mondo intero per mille anni, durante i quali Satana sarà legato e la terra godrà condizioni di pace e di prosperità senza precedenti.
- Prima del suo ritorno ci sarà un periodo di travaglio (la “grande tribolazione”) in cui trionferà la malvagità, incarnata nella persona dell’“Anticristo”, il quale perseguiterà ferocemente i cristiani. La Chiesa però, purificata e fortificata nella fede, splenderà in mezzo alle sofferenze e molti si uniranno ad essa, mentre la religione falsa e corrotta aderirà all’Anticristo. Egli, con quanti lo seguiranno, incorrerà nell’ira e nel giudizio di Dio, manifestato con grandi calamità naturali.
- Quando Gesù ritornerà, i credenti morti risusciteranno e, insieme con quelli rimasti ancora in vita, riceveranno un “corpo spirituale” immortale, simile a quello di Gesù dopo la sua risurrezione, e regneranno con Lui sulla terra.
- Alla fine dei mille anni, Satana sarà liberato e indurrà le nazioni a ribellarsi di nuovo al regno di Cristo. Sconfitto, sarà condannato al luogo di punizione eterna insieme con i suoi angeli.
- L’universo attuale allora sarà abolito e tutti i morti senza Cristo risusciteranno per essere giudicati. Poi i salvati entreranno nella beatitudine eterna alla presenza di Dio nella “nuova Gerusalemme” su una “nuova terra”, mentre i perduti saranno condannati al luogo di punizione preparato per Satana e per i suoi angeli.
Il millennio
La Bibbia afferma chiaramente che Cristo, dopo il suo ritorno, regnerà fisicamente su questa terra per un periodo che Apocalisse 20:17 definisce in mille anni: “Un angelo … afferrò il dragone, il serpente antico, cioè il diavolo, Satana, lo legò per mille anni, e lo gettò nell’abisso … perché non seducesse più le nazioni finché, fossero compiuti i mille anni, dopo i quali dovrà essere sciolto per un po’ di tempo. Poi vidi dei troni; e a coloro che vi sedettero fu dato il potere di giudicare. E vidi le anime di quelli che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non avevano adorato la bestia né la sua immagine … Essi tornarono in vita e regnarono con Casto per mille anni. Gli altri morti non tornarono in vita prima che i mille anni fossero trascorsi. Questa è la prima risurrezione …”
Alcuni sostengono che questa “prima risurrezione” indichi la nuova nascita, descritta appunto in Efesini 2:6 come una risurrezione spirituale. Ma è una vera forzatura della Scrittura. Secondo questa interpretazione, la frase: “… quelli che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù … tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni” significherebbe: “Quelli che avevano ricevuto la vita (spiritualmente) e avevano già regnato con Cristo nel corso dei mille anni, finirono decapitati (fisicamente)”. E “gli altri morti non tornarono in vita prima che i mille anni fossero trascorsi” significherebbe: “Gli altri esseri umani non risuscitarono mai spiritualmente, ma alla fine dei mille anni tutti i morti risuscitarono fisicamente”!
Coloro che non credono in un letterale regno millenario insistono spesso che questo sia l’unico brano della Bibbia a parlarne esplicitamente. Ma, anche se fosse così, sarebbe forse una ragione per non crederci? Anche le istruzioni per la Santa Cena, o per l’unzione dei malati, si trovano in un solo brano della Bibbia, ma non per questo le rifiutiamo!
È vero che solo qui viene definita la durata del regno messianico (anche se Apocalisse 20 insiste molto sui “mille anni”, ripetendo la frase sei volte in altrettanti versetti!). Ma molti altri brani della Scrittura, a mio avviso, non lasciano dubbi sul fatto.
In 1° Corinzi 15, Paolo scrive della risurrezione dei morti, facendo la stessa distinzione di Apocalisse 20 tra la prima e la seconda risurrezione: “Come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al sito turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna che egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico che sarà distrutto, sarà la morte” (vv. 22-26).
Anche qui, sembra chiaro che ci sono tre risurrezioni distinte e diverse:
- quella di Cristo, “la primizia”, già avvenuta;
- alla sua venuta, quella dei credenti;
- più tardi, quella degli altri morti, “dopo che” Egli avrà regnato per un periodo (qui imprecisato) durante il quale ridurrà sotto i piedi tutti i suoi nemici, ultimo dei quali la morte stessa.
È stato obiettato che mille anni sono troppi da riassumere con la semplice parola “poi”. Io rispondo che il “poi” del versetto precedente ne racchiude già quasi duemila!
Un’ulteriore conferma viene da 1° Tessalonicesi 4:13-17: “… Il Signore stesso … scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo” (v.16). Anche se “prima” si riferisse al “poi noi viventi” del v.17 anziché alla risurrezione degli altri morti, perché Paolo precisa che “risusciteranno i morti in Cristo”? Se la risurrezione e il giudizio di tutti i morti avverrà in un’unica volta al ritorno di Cristo, avrebbe sicuramente scritto: “risusciteranno i morti”. No, anche qui è chiaro il riferimento alla “prima risurrezione” di Apoc. 20:5-6.
Anche in Apocalisse 19:15, in un brano che descrive chiaramente il ritorno di Cristo, è scritto: “… Egli governerà [le nazioni] con una verga di ferro, e pigerà il tino del vino dell’ira terribile del Dio onnipotente”. Come il giudizio è ancora futuro, così anche il dominio di Cristo sulle nazioni è ancora nel futuro. E in Apoc. 2:25-27, Gesù dice ai credenti: “Soltanto, quello che avete tenetelo fermamente finché io venga. A chi vince e persevera nelle mie opere fino alla fine, darò potere sulle nazioni, ed egli le reggerà con Luna verga di ferro …” Anche qui, dunque, si parla di un regno e di un dominio che si realizzeranno soltanto dopo il ritorno del Signore.
Occorrono dunque delle ragioni molto valide per interpretare Apocalisse 20:2-6 in maniera figurativa o simbolica, e non ne trovo. Non solo, ma coloro che lo fanno (scuola amillenaria) devono far fronte a una grossa difficoltà. Se il millennio è già in corso, come essi credono, ne consegue che Satana è già stato legato (Apoc. 20:2-3). Come può dire allora Pietro che “il vostro avversario, il diavolo, gira conce un leone ruggente” (1° Pt. 5:8)? E se è stato già “gettato nell’abisso perché non seduca pi ù le nazioni” (Apoc. 20:3), come può affermare Paolo che “il dio di questo mondo [Satana] ha accecato le menti degli increduli affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo” (2° Cor. 4:4)?
Redenzione del creato
Un brano ancora più importante per me è Romani 8:19-22: “Anche la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei ,figli di Dio (che avverrà al ritorno di Cristo: si vedano 1 ° Giov. 3:2 e 1 ° Cor. 15:5153); perché la creazione è stata sottoposta alla vanità.., nella speranza, però, che … sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione genie ed è in travaglio…”
“La creazione” qui deve riferirsi al mondo materiale. Ma, alla fine dei tempi, Dio abolirà questa creazione e la sostituirà con una nuova, completamente diversa e con diverse leggi della fisica (Apoc. 20:11, 21:1 e capp. 21-22), di cui sappiamo poco (anche perché probabilmente supera ogni nostra immaginazione). Ma, se ciò avverrà subito con il ritorno di Cristo, quando sarebbe la “liberazione” del creato attuale?
La “vanità”, la “schiavitù della corruzione” e il “travaglio” si riferiscono evidentemente a Ecclesiaste 1:2-11: “Vanità delle vanità; tutto è vanità … Una generazione se ne va, un’altra viene, e la terra sussiste in perpetuo … Ogni cosa è in travaglio … quello che è stato è quel che sarà… non c’è nulla di nuovo sotto il sole…”
La parola “corruzione”, in particolare, è riferita quasi sempre nel Nuovo Testamento al dominio della morte (cfr. 1° Cor. 15:42,51-54, 1° Pt. 1:23). Il nostro brano, dunque, parla di una liberazione del creato stesso – e non solo dell’uomo – dalla “schiavitù della corruzione”.
L’inizio e la fine
Credo che bisogna mettere Romani 8:19-22 in relazione con i primi capitoli della Genesi, dove è sottolineato che lo stato attuale della creazione non è più quello che Dio allora guardò con tanta soddisfazione, dicendo che “tutto…era molto buono” (Gen. 1:31).
La predazione e la distruzione degli esseri viventi non faceva parte del piano divino originale. Dio infatti disse agli uomini: “Ecco, io vi do ogni erba … ed ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. E ad ogni animale della terra e ad ogni uccello dei cieli e a tutto ciò che si muove sulla terra … io do ogni erba verde per nutrimento. E cosí fu” (Gen. 1:29-30).
Perciò, quando la Bibbia dice che “per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel inondo, e per mezzo del peccato la morte” (Rom. 5:12), non parla solo della morte spirituale – certamente la prima e più importante conseguenza del peccato – ma anche della morte fisica (vedi anche Gen. 3:19). Altrimenti, perché Cristo è dovuto morire fisicamente sulla croce e risuscitare fisicamente con un “corpo glorificato” per compiere la redenzione? Quale sarebbe la “redenzione del nostro corpo” di cui siamo ancora in attesa (Rom. 8:23)? E, se la morte fisica facesse parte della creazione originale di Dio, come la si potrebbe definire un “nemico” (1° Cor. 15:26)?
No, come il peccato ebbe effetti non solo sullo spirito dell’uomo ma sull’intero suo essere, “spirito, anima e corpo”, anche la redenzione agisce su tutte e tre le sfere. Infatti le guarigioni fisiche sono “segni” del regno di Dio proprio perché costituiscono un “anticipo” della redenzione finale dalla mortalità del nostro corpo.
Ora, il peccato dell’uomo ebbe effetti funesti su tutto il creato, sul quale egli era stato posto come capo e amministratore (Gen. 1:28, 2:15). Da allora in poi la terra avrebbe prodotto prevalentemente “spine e triboli” (Gen. 3:17-18) anziché erbe e frutti commestibili. La natura è diventata ostile e ribelle all’uomo, come questo è diventato ostile e ribelle nei confronti di Dio.
Quei cristiani che non accettano questa visione delle cose hanno enormi difficoltà di fronte al problema della sofferenza e del “travaglio” della natura. Se la natura, così come la vediamo oggi, è quella che Dio ha pronunciata “tutta molto buona”, come può essere Dio buono? Come spiegare i bambini che nascono malformate (a parte le responsabilità dell’uomo con l’inquinamento, cui non sì può attribuire tutto)? i terremoti e altre catastrofi naturali? le terribili malattie che fanno strage dell’umanità? se non ammettiamo che “un nemico ha fatto questo”?
Ora, i profeti anticipavano la fine di questo triste stato di cose: “Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo giacerà col capretto … la vacca pascolerà con l’orsa … il leone mangerà lo strame come il bue … poiché la terra sarà ripiena della conoscenza dell’Eterno, come il fondo del mare dalle acque che lo coprono” (Is. 11:6-9). Solo simbolismo? Credo proprio di no.
Durante il millennio, tuttavia, il recupero non sarà ancora completo perché “l’ultimo nemico” non sarà stato ancora del tutto debellato. Gli uomini viventi sulla terra (non i credenti, che avranno già “rivestito l’immortalità”) saranno ancora mortali, anche se pare che il processo di invecchiamento sarà molto attenuato: “Non vi sarà più, in avvenire, bimbo nato per pochi giorni né vecchio che non compia il numero dei suoi anni: chi morrà a cento anni morrà giovane, e il peccatore sarà colpito dalla maledizione a cent’anni” (Is. 65:20).
Quanti ritorni?
Una dottrina che mi ha sempre lasciato perplesso è quella seconda la quale la risurrezione e il rapimento dei credenti avverrebbe, non al ritorno di Cristo, ma prima (secondo alcuni, sette anni prima, secondo altri, tre anni e mezzo). Ci sarebbe, cioè, non solo la seconda venuta di Cristo, ma anche la terza!
Questa strana dottrina deriva in parte da un’interpretazione di Daniele 9:24-27 secondo la quale, all’interno delle “settanta settimane fissate”, ci sarebbe tra la 69° e la 70° “settimana” un intervallo di 1950 o più anni, nel quale stiamo ancora vivendo, e del quale, inutile dire, non c’è la minima traccia nel testo biblico!
E in parte deriva da un’interpretazione particolare di 2° Tessalonicesi 2:7: “Il mistero dell’empietà è già all’opera; soltanto v’è chi ora lo ritiene … finché sia tolto di mezzo. E allora sarà manifestato l’empio …” “Chi ritiene” l’Anticristo, si dice, è la Chiesa, che deve essere dunque “tolta di mezzo” prima che egli si manifesti. Ma questo è un fondamento troppo debole per costruirci sopra una dottrina. E molto più probabile che “chi ritiene” l’Anticristo sia un principe angelico (come in Daniele cap. 10), il quale sarà “tolto di mezzo” per ordine di Dio.
Il solo brano della Bibbia a parlare chiaramente del rapimento della Chiesa è 1° Tessalonicesi 4:16-17: “… Noi viventi, i quali saremo ritmasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati [i credenti morti]; perché il Signore stesso … scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore”.
Non c’è qui alcun motivo per pensare a una “venuta del Signore” diversa da quella di cui parlano tanti altri brani, come ad esempio Matteo 25:31: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, avendo con sé tutti gli angeli, prenderà posto sul trono della sua gloria …”
Anzi, l’espressione “ad incontrare” il Signore (eis apantesin) ha un significato ben preciso: è la frase usata per l’uscita da una città di una delegazione dei principali cittadini per accogliere un re o imperatore che arriva in visita. Nel Nuovo Testamento, lo troviamo anche nella parabola delle dieci vergini (Matt. 25:1-13), che parla anch’essa del ritorno di Cristo.
Là è scritto: “Verso mezzanotte, si levò un grido: Ecco lo sposo, uscitegli incontro!” (v.6). Quando arriva lo sposo per la festa di nozze, si può pensare che gli invitati gli “uscivano incontro” per accompagnarlo da qualche altra parte? No, gli andavano incontro per festeggiarlo e accompagnarlo come una “guardia d’onore” nell’ultimo tratto di strada. Così sarà per il nostro Sposo alla Sua venuta!
Troviamo la stessa espressione in Atti 28:15, dove alcuni fratelli di Roma, “avute nostre notizie, di là ci vennero incontro sino al Foro Appio e alle Tre Taverne …”; dopo di che Paolo naturalmente prosegui dritto per Roma. Anche in Matteo 8:34 e Giovanni 12:13 c’è un’espressione molto simile.
A scanso di ogni equivoco, Paolo chiarisce nella seconda sua lettera alla stessa chiesa: “Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e la nostra riunione con lui … nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima … non sia stato manifestato l’uomo del peccato [cioè l’Anticristo]” (2° Tess. 2:1-4).
Non c’è ombra di dubbio, dunque, che la risurrezione dei credenti e il rapimento della chiesa avverranno quando Gesù verrà per giudicare le nazioni e stabilire il Suo regno sulla terra.
Di chi è il Regno?
Una questione fondamentale che divide il premillenarismo “storico” dalla moderna dottrina “dispensazionalista” è il ruolo degli Ebrei. Secondo i dispensazionalisti, il piano di Dio nella storia riguarda principalmente l’Israele naturale, gli Ebrei; la Chiesa sarebbe solo un ripiego e una parentesi, destinata a fallire prima che gli Ebrei ereditino le promesse divine che ancora apparterrebbero a loro. Alcuni riservano agli Ebrei non solo quasi tutto l’Antico Testamento, ma addirittura parti significative del Nuovo come il “Sermone sul Monte”! Da questo insegnamento deriva anche il sostegno acritico dato da alcuni al moderno stato d’Israele, senza badare alle considerazioni di giustizia tanto sottolineate dai profeti biblici.
In Romani 9-11, Paolo affronta la questione della relazione tra Israele e la Chiesa. La sua conclusione è che “non tutti i discendenti di Israele sono Israele” (9:6), e che “alcuni rami sono stati troncati, mentre tu [Gentile], che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto” (11:17).
“L’olivo” non è dunque la nazione fisica di Israele, ma il piano e il popolo di Dio. “Il regno di Dio vi sarà tolto – Gesù avvertì gli Ebrei – e sarà dato a un popolo che ne faccia i frutti” (Matt. 21:43). Questo popolo oggi è la Chiesa (anche se pure in questo caso “non tutti i discendenti di Pietro [Lutero, Calvino, Wesley …] sono Israele”!). Certo, rimane una speranza, anzi una promessa, che gran parte dell’Israele “secondo la carne” sarà alla fine innestata di nuovo nel tronco dell’olivo, cioè nella Chiesa, e “così tutto Israele [composto di Ebrei e di Gentili secondo la carne] sarà salvato” (Rom. 11:23-26).
Il Regno di Dio non appartiene più agli Ebrei, dal momento che a Dio interessa il frutto, non la genealogia. Nel Regno futuro ci saranno certamente molti Giudei ma anche, su basi di perfetta uguaglianza, moltissimi Gentili, perché in Cristo è stato abbattuto il “muro di separazione” tra i due e abolito ogni distinzione tra loro (Ef. 2:14-16).
Manca lo spazio per approfondire qui ogni aspetto di un argomento così complesso. Ma voglio stimolare tutti i credenti a pregare con fervore, come ci ha insegnato Gesù stesso: “Venga il tuo regno!” (Matt. 6:10), e in tal modo ad “affrettare la venuta del giorno di Dio” (2° Pt. 3:12). “Colui che attesta queste cose dice: ‘Sì, vengo presto!’ Amen! Vieni, Signore Gesù!” (Apoc. 22:20).