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di John White
Io sono convinto che ci potrà essere nel prossimo futuro un grande risveglio. La domanda si presenta allora: che cosa dobbiamo fare?
Sono necessari diversi preparativi. Dobbiamo far conoscere al pubblico cristiano, senza sentimentalismo, le cose che Dio ha fatto nei risvegli del passato: occorre includere nei racconti gli insuccessi e i peccati, le stupidità e gli errori degli uomini, oltre ai gloriosi trionfi di Cristo. Dobbiamo insegnare alle chiese gli errori che è necessario evitare, e non solo le benedizioni da anticipare. Ma, nel farlo, non bisogna spaventare le persone con il lato negativo a tal punto da allontanarle dalla gloria; perché abbiamo disperatamente bisogno di un risveglio, e sarà la gioia di Dio mandarlo.
Ma soprattutto, dobbiamo pregare. Anzi, dobbiamo dedicarci a una preghiera fervente e perseverante. Ciò che noi chiamiamo “risveglio” non basta: cioè, le dimostrazioni drammatiche della potenza divina non hanno di per sé nessuna importanza. Perché il rinnovamento della chiesa raggiunga lo scopo per cui Dio lo manda e perché Cristo sia glorificato, si dovrà verificare un grande movimento di evangelizzazione. E solo un’effusione straordinaria dello Spirito di Dio potrà produrre questo risultato.
Trasformare la società
Il risveglio dovrà produrre anche delle riforme nella società. Nel grande risveglio in Inghilterra, le moltitudini che nacquero di nuovo non solo aderirono alle chiese, ma con le loro preghiere, la loro mentalità radicalmente rinnovata, la loro obbedienza e l’esempio della loro vita, cambiarono profondamente la società britannica. Si produsse un clima in cui nacquero delle riforme legislative e politiche, in un modo che l’attivismo politico da solo non avrebbe mai potuto produrre. Questi cambiamenti furono una specie di “sottoprodotto” della manifestazione della potenza divina.
Dobbiamo allora implorare l’effusione dello Spirito Santo sulle chiese cristiane. Sembra che Dio voglia fare proprio questo, e noi siamo chiamati a collaborare con Lui perché avvenga. E, nel pregare per una simile effusione, se vogliamo essere coerenti, dobbiamo chiedere anche che lo Spirito sia riversato su ciascuno di noi individualmente. Quello che chiedo per la chiesa e per la società, lo devo chiedere anche per me stesso.
Le mie preghiere, tuttavia, non devono essere egoistiche. Non devo avere nessun secondo fine nei miei contatti con Dio. Ho il segreto desiderio di fare un’esperienza esoterica? Cercarla non solo sarà sbagliato, ma può essere anche pericoloso. Desidero potenza e doni che mi innalzino al di sopra dei miei fratelli cristiani? I doni e la potenza sono una cosa, ma l’elevazione al di sopra dei miei fratelli è del tutto un’altra. Il mio desiderio deve essere rivolto a Dio stesso e a una potenza che mi metta in grado di servirLo.
Guerrieri della fede
Ma un conto è ammettere la necessità di una preghiera insistente per il risveglio personale e comunitario, e un altro pregare con fede costante e invariabile. Come si può fare il passaggio da intercessori scoraggiati a guerrieri che prevalgono nella preghiera?
In particolare, come acquisire quel genere di fede che getta le montagne in mezzo al mare? Pregare perché la propria nazione sia inondata da un risveglio è un obiettivo molto più grande, e richiede molto più potenza, che non semplicemente buttare il monte Everest nell’Oceano Indiano. Ma Gesù parla di tali prodezze come se le preghiere che le producono fossero alla portata di tutti i figli di Dio.
“Abbiate fede in Dio! In verità vi dico che chi dirà a questo monte: «Togliti di là e gettati nel mare», se non dubita in cuor suo, ma crede che quel che dice avverrà, gli sarà fatto. Perciò vi dico: Tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete” (Mc. 11:21-24).
Andrew Murray ha fatto un commento penetrante sulla nostra difficoltà nel trovare dentro di noi sufficiente fede e perseveranza per pregare in questa maniera. Nell’esaminare Marco 11:22-24, egli nota come queste parole di Cristo sulla preghiera della fede, all’apparenza così esagerate, addirittura irresponsabili, sono precedute dalla frase: “Abbiate fede in Dio!” La fede in Dio, cioè, precede la fede nelle promesse. Ecco la chiave della nostra difficoltà.
La fede nella promessa – egli dice – deve crescere nel suolo della fede in Chi ha promesso. Non si può avere una fede totale e senza tentennamenti che qualche cosa avverrà, senza aver conosciuto Qualcuno sufficientemente per confidare in Lui e per sapere quali siano i Suoi desideri. È una questione di intimità personale. Più intimamente si conosce Dio, più si ha fiducia in Lui e più Lo si vede e si sente chiaramente. E, dallo stesso tono della Sua voce, si sa che ciò che dice è vero. Come lo esprime il Murray: “… la fede è l’orecchio con il quale odo la promessa e l’occhio col quale la vedo”.1
Non è proprio questa la ragione per cui siamo stati salvati? Non era forse la più grande ambizione di Paolo quella di conoscere Cristo? Ma – qualcuno obietterà – una conoscenza di Dio così profonda e così intima non richiede forse che viviamo in un’atmosfera rarefatta e godiamo continuamente di un’esperienza spirituale eccezionale?
Intimità
Quest’ultima è chiaramente una domanda sbagliata. Ancora non abbiamo capito il cuore del Padre. Diciamo che nulla ci farebbe maggior piacere che l’intimità con Lui, suggerendo però con il nostro tono di protesta che una simile intimità è fuori della nostra portata. Ciò che dimentichiamo è che il Padre la desidera più di noi. La brama intensamente! Ha sacrificato il Suo unigenito Figlio per renderla possibile. Perciò Egli farà più del “secondo miglio” con chiunque condivida la stessa brama.
Com’è dunque il Padre? Gesù lo ha descritto in Luca capitolo 15. È il padre che per anni aspetta ogni giorno sulla terrazza con gli occhi puntati sull’orizzonte. (In quale altro modo avrebbe potuto spiare il figlio prodigo “mentre era ancora lontano”, se non dalla terrazza? – Lc. 15:20). È quel papà che uscì di corsa dalla casa, gridando ai servi di preparare una festa mentre si precipitava verso il figlio che tanto desiderava abbracciare. È il papà che tagliò corto il discorso penitenziale di suo figlio, gridando di portare una nuova veste e un anello da infilare al suo dito. E questo Padre nutre gli stessi sentimenti per me e per te quando, da lontano, ci avviamo verso di Lui!
Egli vuole che Lo conosciamo tutti come “Abba”. Quando Lo conoscerai così, la tua fede sarà più semplice e più chiara, le tue preghiere nello stesso tempo riverenziali, intime e informate. Saprai che cosa Egli desidera che ti chieda, e lo desidererai perché lo desidera Lui. Sentirai le Sue promesse anche nei Suoi comandi e nel sorriso col quale illuminerà il tuo cuore.
Diventare bambini
Hai mai provato a chiamarlo “babbo”? Se sei come me, avrai una grandissima difficoltà. Perché? Per molti motivi. Sembra di mancare di rispetto. Ma un bambino usa tale espressione senza pensarci due volte … ed è proprio qui il punto! Vedete, stiamo parlando di diventare come bambini piccoli davanti al Padre. Alcuni di noi siamo cresciuti chiamando “babbo” i propri padri, e quando siamo diventati adulti (e alcuni dei nostri padri senili), la parola “babbo” ha acquisito un tono di affetto un po’ accondiscendente, seppure tollerante: un atteggiamento e una posizione assolutamente incompatibili con il nostro rapporto con il “Padre degli astri luminosi”.
Egli non è “il caro vecchio babbo”, ma il papà visto attraverso gli occhi fiduciosi e devoti di un bambino piccolo. E non è facile diventare come bambini piccoli. È duro imparare la semplicità. Ma, se desideriamo l’intimità e la potenza, dobbiamo diventare come bambini piccoli e deboli, che conoscono Dio come il loro Papà.
E, dal momento che Egli stesso brama questa intimità con noi, non bisogna pensare che sia un traguardo irraggiungibile. Soltanto, la nostra dignità carnale deve scomparire per essere sostituita da un’umile fiducia. Dapprima sembrerà strano. Ci saranno delle difficoltà, ma, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
Ci può essere qualcosa nella vita di maggior valore che questo: conoscere Dio?
[1] Andrew Murray, With Christ in the School of Prayer, Marshall Pickering 1983, pag. 88.
John White è un professore di psichiatria e noto autore cristiano. Fra i suoi libri sono stati tradotti in italiano Scacco Matto (Edizioni GBU) e Eros calpestato (Edizioni Patmos, in preparazione). Questo articolo è un estratto da When the Spirit Comes with Power, Hodder & Stoughton, Londra, 1989.