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di Geoffrey Allen
Sono convinto che gran parte dei cristiani non ha compreso per niente cosa sia la vita cristiana.
E non sto parlando dei cosiddetti “cristiani anagrafici” – quelli che si considerano tali perché nati in una nazione “cristiana” e battezzati da piccoli – ma ai “nati di nuovo” in conseguenza di un’autentica conversione personale.
Gran parte dei cristiani infatti continua a vivere “cercando di fare il proprio meglio” per piacere a Dio e mettere in pratica i Suoi comandamenti. Ma questo non è altro che il principio della legge: il principio non del cristianesimo del Nuovo Testamento, ma del Giudaismo dell’Antico! Il Nuovo Testamento proclama al contrario, come uno squillo di tromba: “Non siete sotto la legge ma sotto la grazia!” (Romani 6:14).
Si comincia, è vero, con la grazia. Tutti noi sappiamo (almeno spero!) di essere perdonati e resi giusti agli occhi di Dio come dono gratuito, senza averlo minimamente meritato. Ma poi, si vuole andare avanti per raggiungere la santità nella condotta di tutti i giorni per mezzo della legge. È infatti la legge che ci dice: “Devi …” e “Non devi …”. E quando cominciamo a dire a noi stessi: “Devo fare questo” e “Non devo fare quello”, ci mettiamo di nuovo sotto il giogo della legge e ci condanniamo immancabilmente ad una vita di sconfitte e di delusioni.
È come quel comportamento assurdo di cui parlò Gesù: “Nessuno mette un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio …” (Matteo 9:16). Ora, nelle chiese fondate da Paolo nella Galazia, c’erano alcuni che facevano proprio così: prendevano il “nuovo” dell’Evangelo e lo applicavano come una “toppa” al vecchio sistema di cose. Dopo aver iniziato con la grazia, vollero andare avanti con la legge. E Paolo come definì questa linea? “O Galati insensati!”, egli esclama (Galati 3:1).
INSENSATI! E quanti “insensati” ci sono oggi nelle chiese cristiane!
La legge è negativa
La legge, abbiamo detto, contiene una serie di “Devi …” e “Non devi …” Ma soprattutto di “Non devi …”! Anche i Dieci Comandamenti – che sono santi, buoni e giusti, la legge di Dio – si presentano più che altro in chiave negativa: otto su dieci cominciano con “Non …”. E il legalismo è sempre così: essenzialmente negativo.
È interessante che le religioni del mondo sono note soprattutto per quello che i loro seguaci non devono fare. Gli Ebrei, per esempio, non mangiano il maiale e non lavorano il sabato. I Testimoni di Geova non accettano trasfusioni di sangue, non fanno il servizio militare … Gli evangelici, però (almeno nel nostro paese) detengono il record di negatività: non pregano la Madonna, non hanno immagini nelle chiese, non fumano, non vanno a ballare, non si truccano, non portano gli orecchini …
Che tragedia! Gesù ha forse detto: “Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, da tutte le cose che non fate”? No, ha detto invece: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Giovanni 13:35). Ma oggi – chiediamoci onestamente – siamo noti a tutti come gente che trabocca di una vita esuberante (Giovanni 10:10) e che si ama intensamente, spandendo dappertutto il profumo squisito della presenza del Cristo che vive in mezzo a noi (2° Corinzi 2:14-15)? O invece come persone che non fa un sacco di cose che fanno gli altri … e si sono divise in mille rivoli diversi perché non riescono ad essere d’accordo sulle cose da non fare?
Il Nuovo Patto
L’Antico Patto fu fondato sulla legge, data a Mosè, che il popolo doveva osservare. Ma il Nuovo Patto è fondato su un principio completamente diverso, preannunciato dal profeta Geremia: “«Ecco, verranno i giorni», dice l’Eterno, «nei quali stabilirò un nuovo patto con la casa d’Israele … Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non insegneranno più ciascuno il proprio vicino … dicendo: «Conoscete l’Eterno!», perché tutti mi conosceranno …” (Geremia 31:31-34).
Il Nuovo Patto – inaugurato da Gesù con il proprio sangue – non si fonda dunque su leggi da osservare, ma su una legge scritta nel cuore di gente che conosce Dio personalmente.
Anni fa, un giovane che si era convertito da qualche settimana venne a dirmi: “Sai, mi piace tanto ballare e vado spesso in discoteca. Ma ora mi sono chiesto: posso andarci ancora?”
Sarebbe stato facile rispondergli: “No, per carità! Un credente non può andare in un luogo del genere!” Ma … sarebbe stata una risposta biblica? Dove è scritto nella Parola di Dio che un credente non deve ballare? Certo, possiamo fare le nostre considerazioni su ciò che è conveniente (e forse le discoteche di quindici anni fa non erano arrivate al punto di quelle di oggi …!), ma comunque bisogna stare attenti a non andare “oltre quel che è scritto” (1° Corinzi 4:6). In ogni caso, una risposta del genere sarebbe stata la via della legge, non quella della grazia e della libertà dei figli di Dio. Probabilmente avrebbe ubbidito, ma chissà con quanta convinzione?
Comunque, gli risposi in un altro modo. Dissi: “La Bibbia non ce ne dice nulla di preciso, anche se, secondo la mia opinione, non è un ambiente sano. Ma, se ci vai, ricordati che Gesù ci va con te, perché ormai vive dentro di te. Quello che guardi, lo vede anche Lui attraverso i tuoi occhi. Quello che fai, lo fai fare anche a Lui”.
Pochi giorni dopo, venne a raccontarmi: “Sai, ricordi quel discorso della discoteca? Ci sono andato … ma non riuscivo a starci! Mi sono sentito totalmente estraneo, come un pesce fuor d’acqua. Sono dovuto scappare via e non ci andrò mai più!” La legge di Dio era stata scritta nel suo cuore dallo Spirito di Dio e gli veniva spontaneo fare le cose che Gli piacciono … perché camminava secondo lo Spirito.
Ed è proprio questo che Paolo descrive nella grande esposizione dell’Evangelo nei primi otto capitoli dell’Epistola ai Romani. Troppi credenti pensano che l’Evangelo sia soltanto il messaggio della giustificazione per grazia contenuto nei capitoli 1-5. Invece “l’evangelo secondo Paolo” non riguarda soltanto la nostra posizione giuridica davanti a Dio, ma anche il nostro cammino nella vita pratica (capp. 6-8).
E il punto di arrivo di questo evangelo (“buona notizia”) è esposto nel capitolo 8: “La legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti, ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva debole, Dio lo ha fatto: mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato, ha condannato il peccato nella carne, affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito” (Romani 8:2-4).
Una vita impossibile
“Ciò che era impossibile alla legge …”! Già … la vita cristiana è proprio una vita “impossibile”! Era già “impossibile” adempiere tutti i requisiti della Legge di Mosè: per questo Dio aveva istituito anche il “Giorno dell’Espiazione” in cui tutti gli Israeliti dovevano ogni anno confessare i propri peccati per ottenerne la remissione (Levitico 16). Ma ora, Gesù ha alzato ancora di più il livello, dicendo: “Voi avete udito che fu detto … Ma io vi dico …”. Per esempio: “Chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio … Non resistere al malvagio … Amate i vostri nemici …”. E, come se non bastasse: “Voi, dunque, siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”! (Matteo 5:21-48). Nessuna meraviglia se Paolo insiste: “Non c’è nessun giusto, neppure uno” (Romani 3:10).
“… Ma ciò che era impossibile alla legge, Dio lo ha fatto”! L’Evangelo annuncia non solo la giustificazione del peccatore, che ora viene considerato da Dio perfettamente giusto e santo per i meriti di Cristo, ma anche il fatto che Egli “ha condannato il peccato nella carne, affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito” (Romani 8:3-4).
La legge diceva “Devi …”, ma non faceva nulla per aiutarci a fare quello che esigeva. È il marito geloso ed esigente di Romani capitolo 7. L’Evangelo della grazia, invece, non dice “Devi …”; dice “Puoi …”! Ci dà la capacità di adempiere ciò che la Legge esige; non per i nostri sforzi, ma per la vita dello Spirito dentro di noi. Infatti Romani 8:2 dice: “… la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte”.
Le due leggi
Quali sono le due leggi alle quali si riferisce questo versetto? Non sono – bisogna precisare – “leggi” nel senso di quelle dello Stato italiano, e neanche dell’Antico Testamento. Sono piuttosto come le “leggi” della fisica o della matematica: cioè, descrizioni di come stanno le cose e come funzionano nella sfera spirituale.
Illustriamo. Supponiamo che prendo un grosso blocco di metallo e lo spingo giù da un precipizio. Che cosa avverrà? Certamente cadrà, perché c’è una “legge” – quella della gravità – che lo garantisce.
Ma se quel blocco di metallo è lavorato per diventare le varie parti di un aereo, può decollare e volare nel cielo. Come mai? Perché c’è un’altra legge – quella dell’aerodinamica – che lo libera dalla schiavitù della gravitazione che lo legava alla terra.
Oppure, se prendo un pezzo di legno e lo faccio cadere in una vasca vuota, cadrà sul fondo. Ma se la vasca è piena di acqua, non arriverà sul fondo, perché c’è una legge – chiamata “principio di Archimede” – che stabilisce che l’acqua l’innalzerà, lo farà galleggiare. Anche se lo spingo giù, appena lo lascerò tornerà a galla, perché c’è una legge che vince la legge della gravità, una forza che lo spinge verso l’alto con maggiore forza di quella che tenderebbe a farlo cadere.
E così è di chiunque è nato dallo Spirito! La legge dello Spirito della vita in Cristo ci libera dalla legge del peccato e della morte! Non siamo più soggetti al loro dominio, ma liberi di “volare” e di “stare a galla” sotto l’impulso dello Spirito, godendo della gloriosa libertà dei figli di Dio (Romani 8:21).
Reazioni alle circostanze
Ci sono nella nostra vita molte circostanze che agiscono sul nostro essere con forza, spingendoci verso il basso per farci cadere nel peccato. Ma se camminiamo nello Spirito, la Sua forza ci farà stare in piedi, al di sopra delle circostanze.
Nell’Antico Testamento leggiamo dell’esperienza degli Israeliti nel deserto. Dopo tante tribolazioni in Egitto, finalmente Dio li aveva liberati. Li aspettava un paese dove scorrevano latte e miele, erano protetti dalla mano di un Dio forte e potente, tutto ormai doveva andare liscio. Invece cosa trovavano? Un deserto e una dieta monotona di … manna per colazione, manna a pranzo e ancora manna a cena.
Così gli Israeliti cominciarono a lamentarsi e a piagnucolare. “Non c’è più acqua. Perché ci hai portati qui per morire in questo deserto?” dissero a Mosè. “Non sopportiamo più questa manna, dacci della carne da mangiare!” “Non vogliamo quel Mosè; eleggiamoci un capo e torniamo in Egitto!”
Niente di più umano. Solo che quelle lamentele erano il sintomo di una fondamentale mancanza di fede in Dio. “Per quarant’anni ebbi in disgusto quella generazione – esclama il Signore – e dissi: Sono un popolo dal cuore sviato e non conoscono le mie vie” (Salmo 95:10). “Della maggior parte di loro Dio non si compiacque; infatti furono abbattuti nel deserto. Or queste cose avvennero per servire da esempio a noi …” (1° Corinzi 10:5-6). E così la Parola di Dio ci dice: “Fate ogni cosa senza mormorii e senza dispute, perché siate irreprensibili e limpidi, figli di Dio … in mezzo a una generazione corrotta …” (Filippesi 2:14-15).
Ci lamentiamo quando le cose non vanno secondo le nostre idee e le nostre preferenze? Allora camminiamo “secondo la carne” e non “secondo lo Spirito”. Guardate invece la reazione di Davide, “l’uomo secondo il cuore di Dio”. All’inizio tutto gli era andato meravigliosamente bene. Dopo l’unzione da parte di Samuele e la profezia che sarebbe diventato re d’Israele, aveva ucciso Goliath, il gigante che minacciava il popolo di Dio, ed era diventato l’eroe nazionale. “Saul ne ha ucciso migliaia, ma Davide decine di migliaia”, cantavano le donne (con un po’ di lecita esagerazione poetica!).
Poi, tutto cominciò ad andare storto. Saul, pazzo di invidia, tentava di ucciderlo. Nessuno prendeva le sue parti; solo Gionathan, l’amico del cuore, lo aiutò … a fuggire. I sacerdoti che lo soccorsero furono crudelmente massacrati. Davide dovette rifugiarsi … presso i Filistei! Possiamo solo immaginare come fu popolare fra loro! E anche là, dopo un po’, fu sospettato e accusato, e per salvarsi la pelle dovette fingersi pazzo in modo da essere scacciato via nel deserto anziché finire ammazzato (1° Samuele capp. 16-22).
Là, nel deserto, Davide si sedette in una caverna, con la banda di scontenti, falliti e sbandati che gli si era aggregata (1° Samuele 22:1-2); presa la sua arpa e si mise a cantare. Che cosa cantò? “Povero me! Perché mi va tutto così male? Perché Dio mi ha abbandonato? Credevo di diventare re, e guardatemi ora: vivo in una caverna nel deserto e sono a capo di una banda di delinquenti!”
Fu questa la canzone di Davide? No, ci è stata conservata nel Salmo 34: “Io benedirò l’Eterno in ogni tempo; la sua lode sarà sempre sulla mia bocca. L’anima mia si glorierà nell’Eterno; gli umili l’udranno e si rallegreranno”. Poi, rivolgendosi alla sua banda di disperati: “Magnificate con me l’Eterno, ed esaltiamo tutti insieme il suo nome! Io ho cercato l’Eterno, ed egli mi ha risposto e mi ha liberato da tutti i miei spaventi … Gustate e vedrete quanto l’Eterno è buono; beato l’uomo che si rifugia in lui … Quelli che cercano l’Eterno non mancano di alcun bene” (Salmo 34:1-10). Davide, pur vivendo nell’Antico Testamento, aveva imparato il segreto della vita nello Spirito.
Inni in prigione
Allo stesso modo reagirono anche Paolo e suo compagno Sila. Era stata interrotta la loro evangelizzazione a Filippi proprio quando stava per decollare. La liberazione di un’indemoniata nota a tutta la città aveva attirato finalmente l’attenzione della gente. Ma alcuni che temevano un danno economico avevano mosso contro di loro false accuse e suscitato un tumulto, e, senza regolare processo, erano stati fustigati pubblicamente con molte vergate e poi cacciati in prigione con i ceppi ai piedi (Atti 16:18-24).
Nella parte più interna della prigione era buio pesto e non era possibile trovare una posizione comoda per via dei ceppi … Nessuna meraviglia se non riuscivano a prendere sonno! Come fecero, allora? “Paolo, la schiena mi fa un male tremendo”. “Anche a me. Hai visto come ghignava quel pretore mentre ci picchiavano?” “Cos’è quel rumore? Un topo?” “Sì, ho già dovuto scacciarne due!” “E pensare che eravamo convinti che Dio ci aveva mandati qua!”
Niente di tutto questo! “Verso la mezzanotte, Paolo e Sila pregavano e cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano”. Avevano addirittura un uditorio, gente bisognosa dell’Evangelo obbligata a sentire come reagiscono i figli di Dio di fronte alla tribolazione e all’ingiustizia! E i risultati non tardarono: la miracolosa liberazione di Paolo di Sila, la conversione del carceriere, e la fondazione di una chiesa fiorente; la stessa alla quale, più tardi, Paolo ebbe a scrivere (da un altro carcere): “Rallegratevi continuamente nel Signore. Ripeto: rallegratevi … Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiera … La pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri … Il mio Dio supplirà magnificamente a ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza in Cristo Gesù” (Filippesi 4:4,6,7,19).
Nella carne …
Ma tutto questo è possibile – torno a ripeterlo – a una sola condizione: che camminiamo “secondo lo Spirito” e non “secondo la carne”. Infatti questo grande capitolo 8 dell’Epistola ai Romani, che ci spiega in che consiste la vita cristiana, batte insistentemente questo tasto del contrasto tra l’essere “nella carne” e “nello Spirito”, il che è la chiave, il segreto della vittoria:
“… Camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito. Infatti ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace … Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi; e se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non appartiene a lui … Così dunque, fratelli, non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne; perché se vivete secondo la carne voi morrete; ma se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito sono figli di Dio …” (Romani 8:4-14).
Cari fratelli, stiamo vivendo “secondo lo Spirito”? o viviamo invece “secondo la carne”? Confidiamo nelle nostre risorse, nei nostri sforzi, nei nostri buoni propositi, nella nostra forza di volontà? O attingiamo alle risorse dello Spirito? Perché solo chi vive secondo lo Spirito, condotto dallo Spirito, vive da figlio di Dio (v.14).
Ora, attenzione! Non credo che l’apostolo voglia dire che chi, pur essendo “nato di nuovo”, continua a vivere “secondo la carne” – nella sconfitta del capitolo 7 – è perduto per l’eternità. È comunque un figlio di Dio, nato da Dio, e per la Sua grazia sarà salvato. Ma qui ed ora, non vive da figlio di Dio! È un “bambino”, non un figlio cosciente dei suoi privilegi.
“L’adozione” del v.15 (greco hyiothesis) non è infatti ciò che tale parola suggerisce a noi: un atto di compassione col quale una coppia senza figli dà una famiglia a un povero bambino abbandonato. È piuttosto l’atto di riconoscimento ufficiale del figlio ormai adulto come degno erede del padre, per il quale egli entra in possesso della sua eredità. Infatti il v.17 dice: “Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo”; e aggiunge che “anche la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio”, sperando anch’essa di “entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio” (vv.19,22).
… o nello Spirito?
Prendiamo dunque possesso della nostra eredità! Impariamo a “camminare secondo lo Spirito, e non adempiremo i desideri della carne” (Galati 5:16). O, per dirla con l’espressione di Giovanni capitolo 15, impariamo a “dimorare nella vite”, il nostro Signore vivente. Solo così potremo “portare molto frutto e così essere Suoi discepoli” (Giovanni 15:5,8).
Dobbiamo usare tutti i mezzi che Dio ha messo a nostra disposizione – la Parola di Dio, la comunione con lo Spirito Santo nella preghiera e nell’adorazione, la comunione e l’incoraggiamento dei fratelli, la “pratica della presenza di Dio” in ogni tempo e in ogni luogo – per rafforzare la nuova vita, la vita dello Spirito, che Dio ha piantato dentro di noi.
Perché rimarrà sempre vero, finché siamo in questa vita terrena, che “la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne” (Galati 5:17). Se il nostro spirito è debole e la carne è forte, vivremo nella sconfitta e nella frustrazione. Ma se usiamo i mezzi della grazia che Dio ci ha dato per fortificare il nostro spirito – che desidera tutto ciò che è santo, buono e giusto, che vuole dare gioia al cuore del Padre – allora si adempirà anche per noi la promessa di Dio: “Tanto più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell’uno