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di Geoffrey Allen
Si racconta di un pastore che doveva far costruire in un nuovo quartiere dei locali per la sua chiesa. Un giorno, mentre ispezionava il terreno sul quale questi dovevano sorgere, incontrò un’anziana sorella della comunità. “Pastore – gli domandò la vecchietta – si comincerà a costruire dal tetto oppure dal fondamento?” “Che domanda strana!” pensò il pastore, e rispose: “Ma dal fondamento, è chiaro”. “Hai ragione, hai ragione” disse la vecchia signora, allontanandosi. Solo più tardi il pastore, riflettendo, potè comprendere il senso della “parabola”: egli voleva costruire un locale, ma la comunità era ancora tutta da costruire.
Può sembrare solo una storiella buffa; ma quanti fra noi commettono lo stesso errore, di voler iniziare qualcosa dal “tetto”, quando manca ancora il “fondamento”! E ciò è vero anche quando si tratta dell’unità della chiesa. Spesso si cerca di promuovere l’unità tra le varie comunità di una città, quando in realtà non siamo ancora “uno” nemmeno nella nostra.
È notevole il fatto che solo due volte in tutto il suo insegnamento Gesù abbia usato la parola “chiesa”. La prima è in Matteo 16:18, quando, dopo essere stato riconosciuto da Simon Pietro come il Messia, Egli fa la famosa dichiarazione: “Su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere”. È chiaro che qui si tratta della Chiesa universale, la quale, dice il Signore, si fonda sul riconoscimento (basato non su ragionamenti umani ma su una rivelazione divina) di Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio.
La seconda volta è in Matteo 18:17, nel contesto dell’insegnamento del Signore sulla riprensione e la riconciliazione, dove ovviamente “chiesa” deve significare quella locale. E stato suggerito, allora, che qui si parli del “fondamento” della chiesa locale. Qualcuno ha espresso l’idea così: Gesù annuncia la sua intenzione di istituire una nuova realtà sulla terra, chiamata “chiesa”. Ma anziché fare qualche discorso “profondo”, dice: “E ragazzi, la prima regola è: Andate d’accordo! Se no, la mia chiesa va tutta in rovina!”
Obbligatorio
Vogliamo dunque esaminare attentamente le parole di Gesù in Matteo parole di Gesù in Matteo 18:15-17. La prima cosa che risalta è questa: non si tratta di un “consiglio” né di una “buona idea”, ma di un preciso comando del Signore Gesù, Colui che altra volta dovette dire: “Perché mi chiamate: Signore, Signore! e non fate quello che dico?” (Luca 6:46). Eppure è evidente che i credenti odierni, a larga maggioranza, ignorano tranquillamente questo Suo comandamento: “Se tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo”. Come mai osiamo disubbidire a ciò che Egli, ci ha così specificamente ordinato?
Domandiamoci adesso quale sia lo scopo della riprensione tra fratelli. È forse quello di ottenere un’ammissione di colpa e far riconoscere che “io” ho ragione? No, l’obiettivo fissato da Gesù è la riconciliazione: Egli infatti parla di “guadagnare tuo fratello”.
Stando così le cose, era logico che la responsabilità di incontrarsi e di chiarire venisse data da Gesù ad entrambe le parti. Infatti, in Matteo 5:2324, Egli dice: “Se tu stai per offrire la tua offerta sull’altare e qui ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni offrire la tua offerta”
Qui, dunque, è il fratello che ha fatto il torto a dover prendere l’iniziativa. In Matteo 18, invece, l’iniziativa viene chiesta al fratello che ha subito il torto! Qualcuno potrebbe dire: “C’è una contraddizione! Insomma, a chi spetta andare a trovare l’altro?” La risposta più giusta sarebbe: “A tutt’e due! Non importa chi arriva per primo dal suo fratello, l’essenziale è che siano riconciliati!”
Anzi si potrebbe supporre che Gesù, sapendo già quanti cristiani sarebbero stati disubbidienti ai Suoi comandi, abbia voluto aumentare le probabilità che qualcuno, almeno, prendesse l’iniziativa della riconciliazione. In tal modo, anche se solo la metà dei credenti ubbidisse ai Suoi ordini, per lo meno il 75 per cento dei “casi” di conflitto, statisticamente, verrebbe risolti! Purtroppo, la reale proporzione è molto, molto più bassa …
Qualcuno ha osservato che, ogni volta, che due credenti litigano, se fossero scrupolosamente ubbidienti al comando del Signore, dovrebbero incontrarsi a metà strada tra le loro due case: il fratello offeso mentre va a riprendere colui che gli ha fatto il torto, e il fratello colpevole mentre va a chiedergli perdono, prima di poter presentarsi davanti a Dio. Ma io non ho mai sentito parlare di un caso in cui ciò sia realmente successo. E voi?!
Perdono
Se dunque è con questo scopo che devi andare a riprendere tuo fratello, è ovvio che la prima cosa da fare ancora prima di andarci! – è quello di perdonarlo. Altrimenti, non ti sarà mai possibile, rimproverarlo nella maniera giusta, cioè con un atteggiamento atto a “guadagnarlo”; probabilmente non farai altro che peggiorare la situazione. A meno che non si tratti di un fratello straordinariamente umile, si sentirà accusato da te, comincerà a difendersi … e quando vi lascerete, avrete litigato peggio di prima.
Ed è chiaro che i primi discepoli capirono il di scorso in questi termini, perché, appena Gesù ebbe finito dì parlare, Pietro gli domandò: “Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me?”, ricevendo la famosa risposta: “Non … fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Matt. 18:21-22).
Colpevole?
Poi, ti devi domandare: “Ha peccato veramente? Ed è contro di me che lo ha fatto?” Spesso infatti si litiga, ci si offende e ci si risente per “attriti” che non possono essere considerati, alla fine, come dei peccati. “Quella sorella mi dà fastidio” si dice, per esempio. “Non so cosa sia: il sud modo di parlare, la sua maniera; e poi, non mi viene mai a trovare”. E così nasce una “freddezza” che fa presto a diventare una barriera, un’inimicizia, una “guerra fredda” addirittura! Ma … “da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”, ha detto Gesù (Giov. 13:35). E neanche bisogna dimenticare che spesso è un nostro atteggiamento poco cristiano a complicare ed aggravare le cose. “Chi è senza peccato, scagli per primo la pietra …” (Giov. 8:7).
La Bibbia ci dice, non solo di “perdonare” i peccati e le offese dei nostri fratelli contro di noi, ma anche di “sopportarci gli uni gli altri” (Col. 3:13). E che cosa dovremmo sopportare, se non i difetti; i limiti, i modi di fare che ci sono antipatici sì, anche la carnalità e l’immaturità in loro?
Altre volte, invece, abbiamo difficoltà a riconoscere che quello che ha fatto il fratello è proprio un “peccato”, e così cerchiamo di “scusarlo”, anziché “perdonarlo” e poi eventualmente riprenderlo. Ma Dio non “scusa” i nostri peccati… e meno male che è così, perché diversamente rimarremmo sotto il loro peso, pure se “tollerato” da Lui, mentre quando li confessiamo, Egli ci perdona e ne siamo liberati! Molti sono spiritualmente “stanchi” perché camminano sotto il peso di peccati che forse essi stessi ignorano di avere, proprio perché nessuno è andato a riprenderli, consentendogli così di tornare liberi.
Questo problema può sorgere quando il peccato che vediamo nell’altro è presente anche in noi, e così, per non riconoscere in noi stessi un peccato, non lo chiamiamo con il giusto nome neanche nell’altro. Ma la Bibbia dice: “Chi copre le sue trasgressioni non prospererà; ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia” (Prov. 28:13). Dobbiamo confessare i nostri peccati, non “scusarli”, e allora potremo perdonare quelli degli altri.
Involontario
Un altro caso in cui possiamo avere difficoltà a riconoscere come tali i peccati degli altri è quando si tratta di “peccati involontari”. Nell’Antico Testamento, esisteva tutta una serie dileggi (Levitìco capp. 4 e 5) sulle offerte ed i sacrifici per i peccati involontari. Un’azione può dunque essere un peccato senza che lo sappiamo! Ai nostri giorni, infatti, tanta gente si è convinta che la fornicazione e l’adulterio, la menzogna e la frode non siano peccati, ma non per questo cessano di esserlo. Anche nei rapporti personali e familiari, si fanno grandi torti e si commettono gravi peccati, a volte con le migliori intenzioni.
È successo a me, per esempio, di avere grande difficoltà ad amare un membro della mia stessa famiglia. Alla fine, un fratello mi ha fatto capire la ragione: non gli avevo perdonato il male e il torto che mi aveva fatto, e questo perché non avevo voluto ammettere che aveva peccato contro di me, pure senza, volerlo! Solo dopo averlo riconosciuto l’ho potuto perdonare, e finalmente la situazione si è sbloccato. Non si trattava di “fratello” ma di una persona non convertita, per cui è bastato il perdono; se avessi provato a dirglielo, non credo che sarei stato capito.
Pregare
Se vedi il tuo fratello peccare, ma la cosa non ti riguarda in maniera diretta e personale (non è “contro di te”), come devi fare? Prega per lui perché il Signore gli dia il ravvedimento! Normalmente in tali casi non spetterà a te riprenderlo, ma piuttosto al pastore, all’anziano o alla persona che ha responsabilità e autorità su di lui (per esempio, il padre nel caso di un ragazzo di famiglia credente); la Parola di Dio dà questo preciso incarico ai conduttori della chiesa (1 Tim. 5:20, 2 Tim. 4:2, ecc.).
Tuttavia viene dato quest’ordine anche a tutti i credenti più maturi: “Fratelli, anche se uno viene sorpreso in colpa; voi, che siete spirituali, rialzatelo n con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato” (Gal. 6:1). Notiamo che, di nuovo, lo scopo è quello di “rialzarlo”; perciò viene dato l’incarico a quelli che sono “spirituali”, quindi meno soggetti alle tentazioni dell’orgoglio e del giudizio.
Andare
Torniamo ora al caso in cui il tuo fratello ha peccato contro di te; allora devi “andare a riprenderlo tra te e lui solo”. Non è strano quanto spesso ci ricordiamo l’altro comando di Gesù di “andare … in tutto –il mondo a predicare l’Evangelo ad ogni creatura”, e’ quanto poco questo, altrettanto obbligatorio, di andare da tuo fratello? Quanti sermoni hai mai sentito su di esso?!
“… tra te e lui solo”, ha detto Gesù. Spesso, invece, si va a raccontare dell’offesa ricevuta a tutti quanti, tranne che all’unico da cui, secondo le parole del Signore, bisogna andare! Oppure lo si riprende pubblicamente davanti ad altri fratelli, addirittura davanti ai suoi familiari inconvertiti, in modo tale da umiliarlo e farlo apparire in cattiva luce. Altro che “guadagnarlo”! C’è il rischio di cadere nella situazione graficamente descritta in Proverbi 18:19: “Un fratello offeso è più inespugnabile di– una città forte; e le liti tra fratelli sono come le sbarre di un castello”.
A questo proposito, è necessario anche rifiutare di dare ascolto a chi dovesse parlarci di ciò che qualche fratello ha fatto contro di lui. Bisogna avere il coraggio di dire: “Caro fratello, stai raccontando queste cose alla persona sbagliata!” Qualcuno l’ha espresso in questo modo: “Cosa faresti se il vicino di casa venisse nel tuo salotto e cominciasse a svuotare la pattumiera in mezzo al tappeto?” Non diresti subito: “Per cortesia, vai a buttare quella roba da qualche altra parte!” Invece, tante volte, se vengono a riversare su di noi la spazzatura della critica e della maldicenza – perché di questo si tratta quando ci raccontano i peccati degli altri anziché andare dal diretto interessato – non solo acconsentiamo, ma ne godiamo e addirittura li incoraggiamo!
Ascolto
E’ importante notare che, Gesù ha detto cosa aspettarci dal fratello ripreso: “Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello”. Come è precisa la parola di Dio! Gesù non ha detto che tuo fratello debba darti ragione; ha detto invece che ti deve ascoltare. Ti deve cioè accogliere, sentire, deve pesare le tue parole. Può darsi che alla fine dica: “Caro mio fratello, io non ritengo di aver peccato contro di te in quello che ho. fatto, né di dovermene pentire. Ma se ti ho ferito o addolorato, mi dispiace sinceramente. Ti voglio bene, non ho voluto –farti del male, e ti prego di avere pazienza con me e di amarmi così come io ti amo”. Allora ti ha ascoltato! Hai guadagnato tuo fratello! La breccia tra voi è riparata, anche se non siete ancora d’accordo nella valutazione della sua azione.
Sono arrivato a capire che lo scopo di Gesù nel dare questa procedura fu quello di creare le circostanze in cui quello che c’è nel cuore si manifesta apertamente. Un fratello che ha nel cuore durezza, chiusura, giudizio, orgoglio che, in una parola, non ama – non ti darà ascolto. E se insisterà ostinatamente in un tale atteggiamento, dovrà essere escluso dalla comunità dei credenti, perché si sarà rivelato un falso credente, un lupo travestito da pecora. Se invece – pure sbagliando – ha nel cuore amore, dolcezza, premura; se è disposto ad ascoltarti e ad aprirti il cuore, dando peso ad un punto di vista diverso dal suo, solo allora è un vero fratello.
Il libro dei Proverbi ha molto da dire sul tema della riprensione e della correzione. “Chi ama la correzione ama la scienza, ma chi odia la riprensione è uno stupido” (Prov. 12:1). “Non riprendere il beffardo, per tema che ti odi; riprendi il savio, e t’amerà… Il principio della sapienza è il timore, dell’Eterno” (Prov. 9:8-10). Un segno certo di chi teme Dio, quindi di chi ha cominciato ad imparare la saggezza, è che accetta la correzione e il rimprovero. Chi poi ha già una certa maturità spirituale, ha imparato non solo ad accettare la. riprensione ma ad amarla, chiederla e desiderarla. Come il re Davide, dirà: “Mi percuota pure il giusto; sarà un favore; mi riprenda pure; sarà come olio sul mio capo, il mio capo non lo rifiuterà…” (Salmo 141:5). Siamo dunque saggi e non stolti!
Dirlo alla chiesa
Se però il fratello non ti “ascolta”; cioè rimane duro nel suo atteggiamento, Gesù ti comanda di non lasciare le cose a questo punto, bensì di tornare alla carica, questa volta portando con te “una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni”, come esigeva già la legge di Mosè per qualsiasi accusa (Deut. 19:15). Sarà bene, naturalmente, scegliere delle persone sagge, mature, rispettate sia da te che dall’altro fratello; forse, tra loro, il pastore o un altro fratello responsabile. Il nostro scopo, ricordiamo sempre è la riconciliazione, e la funzione dei “testimoni” è quella di vedere se le cose stanno effettivamente come dici tu, cioè, che egli non ti vuole ascoltare. Può darsi anche che ti diano torto, e allora sarai tu a dover chiedere perdono a lui! Ma in ogni caso, l’obiettivo del Signore – la riparazione dei rapporti incrinati – sarà stato raggiunto.
Se invece anche i “testimoni” ti danno ragione, e l’altro non vuole sentire nemmeno loro, rimane una sola cosa da fare: “dirlo alla chiesa” (Matt. 18:17). La faccenda riguarda infatti tutta la comunità, perché “se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui” (1 – Cor. 12:26). In certi casi particolarmente delicati, può darsi che la faccenda debba essere trattata dai soli responsabili o anziani, ma questo non può essere assunta come norma: “alla chiesa”, ha detto Gesù. (A questo proposito, ricordiamo che la parola “chiesa” – ekklesia – deriva dal mondo della politica: voleva dire originariamente “un’assemblea di cittadini riunita per deliberare questioni di interesse comune”). E se fallisce anche questo estremo tentativo, “se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano”, cioè non sia più considerato un fratello, ma come un peccatore ed una persona da evitare.
Come mai una sentenza così drastica? Perché, come abbiamo già notato, uno che non vuole dare ascolto al fratello che ha offeso, e nemmeno a tutta la chiesa, non è un vero credente: o non lo è mai stato, o se una volta si era convertito, ormai ha voltato le spalle al Regno di Dio. E il Signore Gesù è deciso a costruire la Sua chiesa, non qualcosa che sia metà chiesa e metà no. Non solo, ma se i rapporti tra i fratelli sono interrotti, la chiesa non può essere comunque costruita. “Un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta … Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi!” dice l’apostolo Paolo (1 Cor. 5:6, 13).
Ma, fortunatamente, un esito così triste è l’eccezione e non la regola. Se ubbidiamo all’insegnamento del Signore Gesù, il più delle volte il risultato sarà il ravvedimento, il perdono e la riconciliazione. Egli conosce le Sue pecore! Sa che, anche se avessero peccato in maniera così grave come il re Davide, quando gli si verrà a dire “Sei tu il colpevole”, si pentiranno, lo confesseranno e riceveranno il perdono. Ma se questo confronto non avviene, la situazione spesso continua a marcire per lungo tempo e alla fine può avvelenare altri rapporti nella chiesa.
Allora, c’è qualche fratello che ha peccato contro di te? Non aspettare più; vai subito a fare come ti ha detto il tuo Signore. E, con il Suo aiuto, finirai per “guadagnare tuo fratello”. Dio sia con te!