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di Geoffrey Allen
Il profeta è infatti il “portavoce di Dio”. E quando la chiesa propone al mondo non la parola di Dio ma le proprie idee, non la prospettiva di Dio ma il proprio punto di vista, non gli obiettivi di Dio ma i propri progetti, non serve più. Diventa come il sale di cui parlò Gesù che, avendo perso il proprio sapore, “non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini” (Matteo 5:13).
Siamo chiamati non a scaldare una sedia, né a ricercare soltanto benedizioni per noi stessi, ma ad essere la voce di Dio, la Sua presenza vivente in mezzo agli uomini.
“Fossero pure tutti profeti nel popolo del Signore!” esclamò Mosè al suo servo che voleva far smettere i due anziani che profetizzavano nell’accampamento. Ed è proprio questa l’intenzione di Dio per noi con il Nuovo Patto: “Spargerò il mio spirito su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno …” (Gioele 2:28).
Ecco alcune caratteristiche della chiesa profetica:
- È una chiesa energizzata da una visione dei piani di Dio. Il profeta è uno che, prima di parlare, ha ascoltato la voce di Dio. La chiesa profetica è in comunicazione e in sintonia con il Signore, sensibile alla Sua voce, ai Suoi desideri, ai Suoi ordini.
- È una chiesa tesa verso il futuro, non legata al proprio passato. La profezia non è solo “predire il futuro”, tuttavia ha sempre una dimensione escatologica: confronta la situazione attuale con quella ideale che deve ancora realizzarsi. Certo, dobbiamo conoscere e apprezzare tutto ciò che ha valore nel passato per “tirare fuori dal tesoro cose nuove e cose vecchie” (Matteo 13:52): possiamo imparare moltissimo da coloro che ci hanno preceduti nel corso dei secoli. Ma siamo chiamati a costruire sul loro fondamento, non a ripetere la loro esperienza: come Davide, dobbiamo “servire il piano di Dio nella nostra generazione” (Atti 13:36), e come Paolo, “dimenticando le cose che stanno dietro e protendendoci verso quelle che stanno davanti, correre verso la meta” (Filippesi 3:13-14).
- È una chiesa radicale, non legata da convenzioni né dal timore di “cosa dirà la gente?”. I profeti non hanno mai avuto timore di offendere i loro ascoltatori, neanche i potenti e gli influenti; talvolta hanno pagato caro questa radicalità (vedi Giovanni Battista!). Ma se siamo prigionieri della ricerca della popolarità o della rispettabilità, non potremo mai compiere i piani di Dio. “Se cercassi di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo” scrisse Paolo (Galati 1:10).
In questo numero pubblichiamo dunque diverse riflessioni imperniate su questa dimensione basilare della natura della Chiesa. Predicate all’origine durante una conferenza di formazione nel marzo del 1994, ora vengono proposte a un pubblico più vasto. La nostra speranza è che possano servire per stimolare, pungolare e provocare tutti noi a metterci in discussione e, se necessario, ravvederci. Altrimenti è sempre in agguato la possibilità che il Signore debba trovarsi costretto a dire anche a noi: “Perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca” (Apocalisse 3:16).
Leggiamo dunque attentamente, con l’orecchio teso per cogliere “ciò che lo Spirito dice alle chiese”.