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di Massimo Loda
Desidero fare subito una premessa: c’è una grande confusione nei nostri ambienti sul significato di “ministero” e “esercizio di autorità”. L’autorità è essenzialmente un servizio, qualcosa che Dio ha dato per la nostra edificazione (2 Cor. 10:8). La persona in autorità ha un cuore di servo, cosciente di essere al servizio dell’Altissimo, al quale dovrà rendere conto della gestione del suo incarico (Ebr. 13:17b). L’autorità non è più allora imposizione, tirannia, ma parte direttamente dal cuore di Dio.
Se l’autorità non è vista e vissuta come un servizio, avremo allora situazioni come quelle con le quali troppo spesso dobbiamo confrontarci: ministri che, pur avendo esaurito il loro compito, continuano a muoversi nelle chiese come se ne fossero i proprietari, credendo di avere sul loro capo un’unzione permanente. Allora il ministero, anziché una funzione, diventa una posizione all’interno di quel microcosmo che, almeno per ora, le nostre chiese rappresentano. E questa posizione è difesa strenuamente da qualsiasi attacco interno o esterno, senza che si abbia mai il coraggio di mettersi in discussione.
Essere in autorità, essere ministri, significa avere chiaro nella propria mente che si è servi che il padrone può utilizzare a suo piacimento, e che alla fine di una vita di lavoro ci si potrà sentir definire “servi inutili” (Lc. 17:10).
Difesa del gregge
Gran parte del popolo di Dio è oggi tenuta prigioniera da ministri che si comportano da proprietari. Ma come può difendersi il gregge? Ha altre risorse oltre quella di cambiare chiesa? (E se siamo onesti, dovremo riconoscere che c’è una certa fluttuazione nelle nostre assemblee).
Io vivo in una città universitaria dove gli stranieri costituiscono una buona percentuale degli studenti. Uno di questi, credente, mi ha raccontato dei problemi che la sua chiesa aveva avuto con gli anziani, chiusi a qualsiasi cambiamento che il Signore volesse operare. Come fare allora? Tutti si misero a pregare che si arrivasse a una soluzione. E nel giro di un anno, due dei tre anziani morirono.
Come anziano, francamente, preferirei altri metodi di correzione! Non ho difficoltà ad affermare che considero un privilegio essere servito da tutta una squadra di ministri, che sono a disposizione della mia chiesa. Dio ha costituito nella chiesa vari ministeri per portare il gregge, cioè i santi, verso la statura di Cristo perché non siano più come bambini, sballottati e portati di qua e di là (Ef. 4:13-14).
Quando si lavoro nell’opera di Dio, non ci si può muovere in maniera indipendente dalle altre chiese. A Pavia come a Palermo, occorre avere gli stessi obiettivi e una strategia comune. Nessun ministero può essere autonomo; tutti debbono collaborare alla realizzazione del progetto comune.
Per questo in una chiesa non è sufficiente il pastore (che si occupa della gestione delle cose locali), ma occorrono l’apostolo che, da “savio architetto”, dirige l’opera; occorre il profeta che riceve da Dio visione e rivelazione sulla direzione da prendere; occorre il dottore con una capacità carismatica di trasferire “la dottrina”. E così si forma una squadra di persone che lavorano nello stesso cantiere.
Indipendenza
“Chi si separa dagli altri cerca la sua propria soddisfazione” (Prov. 18:1). Come pastori, dobbiamo smettere di cercare la nostra soddisfazione, i nostri interessi, i nostri riconoscimenti e cercare di soddisfare invece il cuore del Padre, che desidera avere qui sulla terra un popolo che lo rappresenti e in mezzo al quale poter dimorare.
È per me una sicurezza estrema sapere che sono in una squadra in cui tutti i fratelli lavorano per l’edificazione della chiesa. Perché?
- La chiesa è protetta, perché i fratelli hanno la libertà di intervenire in ogni situazione in cui vedessero deviazioni. Io capisco quanto siano importanti queste difese, perché riconosco di avere gli stessi limiti e di essere esposto agli stessi errori comuni a tutti gli esseri umani. E così i ministeri e l’uso dell’autorità diventano un fatto di rapporti corretti fra ministri, non di disposizioni. Io so di essere insufficiente; ma con gli altri ministeri che Dio mi ha messo a fianco, so di poter contribuire alla crescita della chiesa.
“Chi riceve un profeta come profeta, riceverà premio di profeta” (Matt. 10:41). Ho imparato a ricevere gli uomini di Dio come tali e ho ricevuto il beneficio del loro ministero.
- Io sono protetto, perché so di essere circondato da persone che mi amano e che amano Dio, e che sapranno ridimensionarmi quando mi innalzerò troppo o rialzarmi quando sarò abbattuto. La vita del pastore non è sempre fatta di soddisfazioni; spesso la chiamata viene messa in discussione, altre volte ci si sente così incapaci da voler rassegnare al più presto le dimissioni, altre volte ancora ci si sente completamente soli. Quanto è prezioso l’aiuto dei fratelli che conoscono per esperienza ciò che sto vivendo e che vengono ad incoraggiarmi! Se nel mio cuore ricevo il fatto che Dio ha dato i ministeri alla chiesa, sarò edificato e mi sentirò onorato di avere questi uomini al mio fianco.
L’apporto spirituale della squadra apostolica è stato fondamentale sia nella mia vita spirituale, sia nella vita della chiesa. Abbiamo avuto momenti difficili, crisi, insieme a momenti splendidi, ma abbiamo sempre combattuto insieme. Abbiamo pianto ed abbiamo gioito, ma insieme. “Non è bene che l’uomo sia solo” (Gen. 2:18) è un principio ancora valido oggi.
Preghiamo perché il Signore metta nei cuori dei ministri il desiderio di collegarsi fra loro, e perché susciti fra i ministri nuovi apostoli, nuovi profeti, nuovi dottori, nuovi pastori. Solo così la Chiesa sarà edificata per la gloria di Dio!