SCARICA PDF di questo articolo
di Ernest Bretscher sr.
Dio è un costruttore. Troviamo del continuo nella Scrittura le parole “costruire” ed “edificare”. Ma Egli non costruisce “a caso” o “come capita”, anzi, ha le idee ben chiare, ha una visione molto precisa dell’edificio che vuole costruire.
Nell’ordinare a Mosè di costruire il tabernacolo nel quale Egli sarebbe venuto ad abitare fra gli uomini, non fu per capriccio che gli disse di fare ogni cosa, fin nei minimi dettagli, secondo il modello che aveva visto sul monte (Esodo 25:40). Così anche Salomone dovette attenersi strettamente al progetto nel costruire il Tempio per la Sua gloria (2° Cronache 5:11-14).
Queste costruzioni dell’Antico Patto furono gloriose; ma la loro gloria non può essere paragonata con quella dell’edificio che Dio sta costruendo nel Nuovo Patto, cioè la Chiesa (2° Corinzi 3:7-11). E anche questa volta, Dio ha stabilito dei criteri ben precisi, che non permetterà a nessuno di trascurare. Poiché l’edificio dovrà essere un tempio santo, la dimora a Dio stesso (Efesini 2:21-22), è indispensabile la massima cura perché tutto sia fatto secondo il Suo progetto, rivelatoci chiaramente nelle Scritture. La Sua Chiesa dovrà essere “senza macchia, senza ruga, santa ed irreprensibile” (Efesini 5:27).
La responsabilità del credente
Il più bel progetto ha poco valore se non si mette mano al lavoro per realizzarlo. Nessuno può abitare una casa di cui esiste solo sulla carta! Lo puoi ammirare, approvare, credere alla possibilità di realizzarlo, ma non ti darà mai la sicurezza, la protezione, il calore della casa stessa. Ma Dio non si è mai accontentato del solo progetto: ha posto Egli stesso le basi per la sua realizzazione, dando il proprio Figlio quale pietra angolare vivente (Efesini 2:20, 1° Pietro 2:4), il fondamento sicuro e incrollabile su cui costruire.
Ma, per quanto indispensabile, neanche il solo fondamento è la casa; anzi, non risulterà di alcun valore se non ci si costruisce sopra. “Ma ciascuno badi a come vi costruisce sopra … Se uno costruisce su questo fondamento con oro, argento, pietre di valore, legno, fieno, paglia, l’opera di ognuno sarà manifestata, perché il giorno di Cristo la renderà visibile” (1° Corinzi 3:10-13).
Non ci sono dubbi, il singolo credente è pienamente responsabile del modo in cui costruisce la casa. Dio stesso ha posto un solido fondamento, Egli ci rivela il Suo progetto, ma il credente rimane libero di scegliere se essere saggio oppure stolto (Matteo 7:24-27) … e di subire le conseguenze inevitabili della sua scelta.
Purtroppo, sono assai numerosi coloro che pensano che sia poco importante il modo in cui costruiscono, cioè, il modo in cui vivono la loro vita. Essi costruiscono “come capita”, senza badare molto al modello che lo Spirito di Dio continua insistentemente a proporre loro. Si rallegrano di sapere che è stato posto un fondamento; ma fanno la loro costruzione senza alcun riferimento ad esso, addirittura staccata da esso e senza riferimento al progetto divino, rivelato nelle Scritture, né al modello proposto da Dio perché Lo imitiamo, Gesù Cristo stesso (Ebrei 12:2, 1° Pietro 2:21).
Non c’è dunque da meravigliarsi se tanti credenti sono sempre in crisi. Una difficoltà improvvisa, un incidente imprevisto, una tempesta si abbatte sulla loro vita e … tutto crolla! Scoraggiati, depressi, ansiosi e disorientati, si ritrovano davanti le conseguenze della loro stoltezza. E tutto ciò perché non avevano costruito secondo il progetto di Dio, non avevano fondato la loro casa sul fondamento stabilito dal Signore. Che tragedia: sapere che c’è un fondamento solido, incrollabile, eterno, e poi edificare la propria casa senza tenerlo assolutamente in considerazione, andando così incontro ad una sicura rovina!
Il rimedio
Per la sovrabbondante grazia di Dio, nel Suo Regno ci è offerta la possibilità di ricominciare da capo, quando, a motivo della nostra imprevidenza e trascuratezza, ci ritroviamo davanti ad un cumulo di macerie, una vita distrutta e rovinata. La Scrittura ci invita ad essere “rinnovati nello spirito della nostra mente” (Efesini 4:23) e “trasformati mediante il rinnovamento della nostra mente” (Romani 12:2). Il rimedio si trova dunque nella sede dei nostri pensieri, dei nostri ragionamenti, del nostro modo di vedere le cose; ed è qui che deve aver luogo un mutamento radicale, una trasformazione totale. Questo cambiamento è chiamato da Dio “conversione” o, più spesso, “ravvedimento”.
Fu questo un tema fondamentale dell’insegnamento di Gesù e degli apostoli. “Ravvedetevi e credete …”, fu l’insegnamento di Gesù (Marco 1:15, Matteo 4:17). I discepoli predicavano che la gente si ravvedesse (Marco 6:12). Il messaggio degli apostoli alla folla religiosa fu: “Ravvedetevi …” (Atti 2:38, 3:19). Anche per bocca di Paolo, Dio fece annunciare che tutti gli uomini in ogni luogo devono ravvedersi (Atti 17:30). E, tra gli elementi fondamentali della vita del credente, troviamo al primo posto il “ravvedimento dalle opere morte” (Ebrei 6:1).
Tuttavia, molta gente, anche tra i credenti, ha un’idea completamente sbagliata del significato del ravvedimento. Per alcuni, il ravvedimento (o conversione) è quell’atto di aver “accettato Gesù” quale Salvatore della loro vita: ora frequentano una chiesa evangelica, imparano a pregare, a cantare, a leggere la Bibbia, ad ascoltare pazientemente un sermone e a testimoniare. Tutte cose buone, ma che si possono fare senza essersi mai ravveduti, anche dopo molti anni di vita “evangelica”.
Per altri, ravvedersi significherà forse piangere, sentire rimorso per un male fatto. Ma neanche questo è ravvedimento, come non lo è il fatto di chiedere scusa per aver offeso qualcuno, né lo sforzo di non peccare più. Le nostre chiese sono piene di persone che non hanno mai conosciuto un vero ravvedimento, anche se sono state battezzate in acqua e magari manifestano dei doni spirituali! E la “casa” che edificano è fatiscente e sempre pronta a crollare.
Una nuova vita
Il vero ravvedimento è piuttosto uno stile di vita diverso. È una scelta radicale, quella di ubbidire sempre e in qualsiasi circostanza, costi quel che costi, alla volontà di Dio. Vivere la propria vita in un atteggiamento di ravvedimento vuol dire ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica, così come è scritta, senza “ma” o “però”, senza discussioni o ragionamenti, senza cercare un compromesso per salvare capra e cavoli, senza voler fare un po’ la propria volontà e un po’ la volontà di Dio (se conviene!). “Chiunque ascolta queste mie parole” (e qui, Gesù si riferisce particolarmente agli insegnamenti, assai radicali, del “Sermone sul monte” appena concluso: leggilo!) “ … e le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia …” (Matteo 7:24).
Non ci si ravvede (o ci si converte) una sola volta. Lo si fa mille volte, diecimila volte, cioè ogni volta che si deve scegliere se ubbidire ai desideri e alle voglie della carne, oppure a Dio; se seguire il ragionamento della propria mente oppure il pensiero di Dio; se fare la propria volontà oppure quella di Dio. E quando scegliamo Dio e la Sua volontà, il Suo pensiero, la Sua via, il Suo modo di agire, allora realizziamo nella nostra vita il ravvedimento. Solo così, come persone sagge, poniamo le basi perché, in qualsiasi tempesta della vita, la nostra costruzione rimanga in piedi. Non ci sarà più né crollo né disastro, ma giorno dopo giorno edificheremo secondo il progetto e il modello posti da Dio davanti a noi.
Fede
All’attento lettore delle Scritture non sfugge che l’epistola agli Ebrei, nel parlare del fondamento della vita cristiana e degli “insegnamenti elementari”, collega strettamente ravvedimento e fede (Ebrei 6:1). Questi due elementi vanno di pari passo, come i due remi di una barca. Se uno manca, la barca girerà sempre in cerchio, in un senso o nell’altro; per vogare diritto, occorre usare entrambi. Così è della vita del credente.
Infatti il ravvedimento da solo, senza una vita di fede, produce scoraggiamento, frustrazioni e tensioni; perché senza fede, è impossibile vivere come Dio vuole, cioè nella giustizia e nella vittoria. Dopo tanti sforzi di fare le scelte giuste, si arriva inevitabilmente all’amara conclusione: “Me infelice! Non approvo quello che faccio: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio” (vedi Romani 7:15-23). Il solo ravvedimento, senza una fede operante nelle promesse di Dio, è un vero disastro per il cristiano.
Ma lo è anche la fede senza il ravvedimento. Infatti, è perfettamente possibile porre fede nelle promesse di Dio e fare le opere della fede, senza essersi veramente ravveduti. Così ci si trova in un gravissimo pericolo: “Molti mi diranno in quel giorno – ci avverte Gesù – `Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demoni e fatte in nome tuo molte opere potenti?’ Allora dichiarerò loro: `Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti, operatori d’iniquità’“ (Matteo 7:22-23). Le sole opere della fede non fanno affatto entrare nel regno dei cieli; anzi, c’è la possibilità di trovarsi esclusi e rigettati a causa della malvagità, la disubbidienza e la ribellione nei confronti della Parola di Dio, quelle opere della carne, “circa le quali vi preavviso – scrive l’apostolo – che chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio” (Galati 5:21). È una parola quanto mai attuale, questa, se consideriamo gli scandali che recentemente hanno macchiato il nome di Cristo, e che – anche se non arrivano sui titoli dei giornali – non risparmiano neanche le nostre chiese italiane.
La nostra vittoria
Perché dunque il ravvedimento non porti a frustrazioni e tensioni, è necessario esercitare giornalmente la fede nelle promesse di Dio. Se il Signore ci ha detto di non lasciarci dominare dal peccato (Romani 6:14), di essere santi in tutta la nostra condotta (1° Pietro 1:15), di essere irreprensibili davanti a Lui (Efesini 1:4), di vivere una vita di giustizia senza peccare (1° Corinzi 15:34), Egli non pretende certamente che facciamo questo con i nostri sforzi personali, con le nostre capacità umane e neanche con le nostre pratiche religiose. Da Lui viene non solo il volere, ma anche la potenza di fare (Filippesi 2:13), così che per la Sua grazia possiamo compiere tutta la Sua volontà.
Con il sacrificio di Gesù, Dio si è impegnato a portare a termine l’opera meravigliosa già iniziata in noi (Efesini 1:23). Egli, il Padre celeste, è potente da preservarci da ogni caduta e farci comparire irreprensibili e con gioia davanti alla Sua gloria (Giuda 24). È Lui che opera per condurre il credente sempre in trionfo in Cristo (2° Corinzi 2:14); Egli è potente da far abbondare su di noi ogni grazia, affinché possiamo abbondare in ogni opera buona (2° Corinzi 9:8). Ci ha fatto dono della grazia, della giustizia e della fede perché possiamo regnare vittoriosi ogni giorno della nostra vita (Romani 5:17).
E, nella misura in cui mettiamo la nostra fiducia nell’opera di Dio nella nostra vita, constatiamo che il frutto del ravvedimento cresce talmente in noi che raggiungere “la statura perfetta di Cristo” (Efesini 4:13) non sembra più un sogno, un’utopia o un traguardo puramente teorico. Ci rendiamo conto che, nella perfetta redenzione di Cristo, è compresa anche la salvezza dalle nostre incapacità, debolezze, insufficienze e manchevolezze. Allora possiamo comprendere pienamente che “è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi, è il dono di Dio” (Efesini 2:8).
Ogni giorno, dunque, dobbiamo riporre la nostra fede, senza mai vacillare, in Colui che ha fatto le promesse, perché Egli è fedele (Ebrei 10:23), e chi crede in Lui non sarà mai svergognato (Romani 10:11)! Confidiamo in Lui con tutto il cuore e confessiamo con la nostra bocca che Colui che ha cominciato in noi un’opera buona la porterà a compimento (Filippesi 1:6)!
Così, unendo al ravvedimento un atteggiamento di tranquilla fiducia e di fede operante, porremo le uniche basi utili perché l’edificio – il tempio di Dio – venga costruito secondo il progetto e il modello divino. Allora si realizzerà quello che Paolo scrive ai Corinzi: “E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella Sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito” (2° Corinzi 3:18).