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di David Tomlinson
È senz’altro una cosa buona quando ministri di Dio appartenente a chiese diverse s’incontrano per prendere un caffè e parlare amichevolmente insieme. Ma ciò non segna un passo concreto verso l’unità se ognuno ritorna poi nel proprio angolino e continua a vivere la propria vita a modo suo. II fatto è che i passi che il Signore ci chiede di fare costeranno sacrificio, e perciò li sentiamo come una minaccia. Nel profondo del cuore, sappiamo di dover cambiare, ma preferiamo non pensarci.
Molti credenti pensano che l’unità si è raggiunta quando i pastori cominciano ad incontrarsi tutte le settimane, o se si fa un culto comune dove tutti si tengono per mano. Simili iniziative sono certamente incoraggianti, ma considerarle come espressioni dell’unità di cui parla la Bibbia sarebbe come scambiare un torrente di montagna per le cascate del Niagara. Dobbiamo domandarci: “Qual è il tipo di unità senza il quale Dio non sarà mai contento?”
L’unità secondo Paolo
Nella sua lettera agli Efesini, Paolo amplia la famosa preghiera di Gesù per l’unità, spiegando più chiaramente la forma che questa dovrà prendere: “… fino a che tutti siamo arrivati all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo” (Ef. 4:13). Non si tratta, dunque, di raggiungere un “livello minimo indispensabile”, ma anzi, di un’unità della quale Dio stesso potrà essere fiero.
L’unità non è un estremo tentativo di salvare una causa disperata, ma un eterno imperativo nel cuore di Dio. A causa del peccato dell’uomo, la società si trova condannata alla divisione e al conflitto, come si vede chiaramente dappertutto: nel mondo del lavoro, in politica, nelle famiglie, ecc. In un tale contesto, Dio desidera una comunità alternativa che manifesti l’armonia originaria della creazione. Certamente noi, il popolo di Dio, non abbiamo la fedina tanto pulita: i cristiani si sono imprigionati e si sono uccisi a vicenda, hanno condotto aspre polemiche con i loro scritti, si sono divisi per questioni di minima importanza. Dio, però, si rifiuta di abbandonarci. Egli non ha nessun altro piano di riserva; per Lui, l’unità non è un lusso ma una necessità, il miracolo che potrà convincere il mondo della realtà di Gesù (Giov. 17:21-23).
La grossa domanda: “Come?”
Dio non pretende mai da noi cose di cui siamo incapaci. In Efesini 4, Paolo descrive, non solo la visione dell’unità, ma anche il processo per cui questa sarà raggiunta (v. 12) e il “detonatore” che può dare inizio a tale processo (v. 11). Abbiamo già considerato la visione; ora, dunque, pensiamo al processo: “… per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo”. Notiamo i fattori-chiave: un servizio reciproco, e una chiara consapevolezza del “corpo”.
L’unità deve essere espressa a due livelli diversi: quello della comunità locale di cui facciamo parte, e quello del corpo di Cristo per tutta la nostra zona. Quanto ci è facile cadere nella trappola della miopia e dell’interesse di parte, perdendo di vista il benessere del corpo intero!
Dobbiamo sempre ricordare che gli interessi di Dio vanno al di là della nostra particolare comunità, denominazione o “corrente” di pensiero. Il Suo cuore è rivolto verso tutti coloro che Lo amano, e nessuno di noi è capace da solo di realizzare il Suo piano. Ora, non sto dicendo che sia necessariamente sbagliata l’esistenza di “sezioni” all’interno del Corpo. Come si vede durante la costruzione di un grosso palazzo, è necessario lavorare per settori. A volte l’attenzione del costruttore si concentra in una parte particolare; ma, alla fine, l’intero edificio viene completato. Non c’è posto per una “Unione delle finestre” o per una “Associazione Porte e Pavimenti”!
La via è il servizio
Una volta stabilita questa visione più ampia del corpo di Cristo, è necessario che impariamo a servirlo. Che cosa significa? Significa avere a cuore il bene di mio fratello e regolare il mio comportamento di conseguenza. Vuol; dire eliminare ogni spirito di competizione. È facile trarre profitto dalle difficoltà altrui: ve lo dirà chiunque opera nel mondo degli affari. Ma, se la chiesa adotta le stesse tecniche pubblicitarie del mondo – quando, per esempio, una comunità si presenta come “la più grande” o “quella in più rapida crescita” della città – come lo dovrà interpretare il non credente? Cosa diremmo di genitori che facessero a gara per attrarre l’attenzione dei propri figli con slogans come “Viva papà, è lui che ti guadagna il pane” o “È meglio la mamma, è lei che ti lava i calzini”?!
L’amore è estremamente creativo: sa trovare centinaia di modi perché possiamo servirci l’un l’altro. Dobbiamo saper affrontare nel modo giusto tutte le “voci” e le maldicenze, sostenerci reciprocamente, costruire le nostre amicizie, essere leali nei modi di parlare delle nostre perplessità, coordinarci anziché competere. Queste cose devono iniziare dai responsabili; ed è qui che arriviamo al “detonatore”.
Il metodo di Dio: gli uomini
C’è chi vorrebbe escludere il contributo dell’uomo, dicendo “Deve essere tutto opera di Dio”. Sembra un atteggiamento di grande umiltà, ma troppo spesso rappresenta una fuga dalla responsabilità personale. Dio, infatti, costruisce la Sua opera intorno a degli uomini con le loro personalità, le loro particolarità, i loro punti di forza ed anche di debolezza. I conduttori hanno la possibilità di far decollare l’opera di Dio come di bloccarla.
I ministri elencati in Efesini capitolo 4 comprendono l’intera gamma dell’opera cristiana, dal lavoro pionieristico al consolidamento, dall’ispirazione all’istruzione. Tutti gli aspetti sono indispensabili perché possiamo raggiungere la meta.
Dio oggi sta suscitando una varietà di ministeri, ognuno con un compito diverso perché si raggiunga l’unità della chiesa. Paolo dice che è per mezzo di questi uomini – apostoli, profeti, evangelisti, pastori e “dottori” (insegnanti) – che il lavoro verrà fatto. È inutile aspettarci che vengano degli angeli dal cielo a .compiere il “miracolo”: la chiave sta nei ministri di Dio. Facciamo dunque il passo d’importanza cruciale, cioè …
Riconoscere gli uomini di Dio
Qualcuno, indubbiamente, penserà: “Sta parlando di questi “apostoli” del loro movimento: dovremmo tutti riconoscerli e sottometterci a loro …” Non è vero! Piuttosto mi riferisco a quegli uomini che Dio sta suscitando negli ambienti più diversi: alcuni riconosciuti, altri no; alcuni ben noti, altri relativamente sconosciuti. Le etichette ed i titoli hanno poca importanza per Dio; Egli opera tramite chi vuole.
Qualche tempo fa visitai Buenos Aires, ed ebbi il privilegio di stare con un gruppo di pastori che avevano cominciato a realizzare in quella grande metropoli le cose che sto dicendo. Anni fa, la loro relazione era iniziata con un esplicito riconoscimento l’uno dell’altro come fratelli e come colleghi nel lavoro dell’Evangelo. Col passare degli anni, si sono evidenziati i punti forti e deboli di ognuno, e ora sta emergendo nei loro rapporti una struttura che tiene conto di questi. Tutti si sono impegnati perché ci sia un’espressione dei Corpo di Cristo più ampia della loro particolare comunità, e comprendono che per realizzare questo occorre tutt’una gamma di ministeri. Uno, per esempio, può avere molto chiara la visione e il senso di direzione mentre un altro é più concreto e pragmatico; uno può essere un oratore molto dotato, un altro un pastore capace nella cura individuale delle persone.
Molto spesso succede che una chiesa sia ristretta e limitata dai particolari doni del suo unico “pastore”. Se egli é un evangelista, tutta la chiesa si “converte” nuovamente ogni settimana! Se invece é un maestro della Parola, potranno essere “profondi” ma non moltiplicarsi; se un profeta, vengono continuamente stimolati dalla “visione celeste”… Certo, ogni Chiesa avrà, e deve avere, le sue proprie caratteristiche è la propria enfasi; ma é indispensabile un ministero completo se dovremo mai raggiungere il traguardo dell’unità. Per realizzare l’unità, sarà necessario abbracciare tutti i legittimi “estremismi” per spingerli tutti in un’unica direzione.
Allora, di quale genere di uomini stiamo parlando?
Apostoli e profeti …
Esistono veramente apostoli e profeti nel 1984? Da Efesini 4 risulta chiara la loro permanente attualità: “… ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti … fino a che tutti siamo arrivati all’unità della fede e della piena conoscenza dei Figlio di Dio …” (vv. 11-13). Tocca piuttosto a chi non crede nella loro attualità illustrare le ragioni di tale punto di vista.
Quali sono dunque i principali scopi di questi ministeri? Perché ne abbiamo bisogno? Cercherò di dare delle risposte bibliche a tali interrogativi, calandole però nella realtà pratica e concreta:
1) Per porre un fondamento solido. Impossibile per certe chiese arrivare alla maturità, perché questioni fondamentali non sono state mai risolte. La cura pastorale e l’insegnamento biblico, per quanto buoni, non producono alcun risultato duraturo in situazioni del genere.
2) Per proporre nuove iniziative e cambi di direzione, ed aiutare a realizzarle praticamente.
3) Per essere “pastori dei pastori”. Tanti ministri e responsabili si trovano a dover affrontare da soli le loro difficoltà personali.
4) Per comprendere la strategia divina di unire insieme sia comunità locali, sia intere “correnti” nella Chiesa universale.
Sono proprio indispensabili?
“Se sono così importanti, com’é che finora siamo andati avanti tanto bene senza di loro?” mi domandano alcuni. La mia prima risposta é: “L’abito non fa il monaco”. Essi ci sono stati, solo che non li abbiamo chiamati “apostoli” e “profeti”; li abbiamo considerati forse come uomini dotati di una percezione fuori dei comune, o di un ministero particolarmente potente. Sarebbe errato, comunque, concludere che i titoli non abbiano importanza, perché ci danno una definizione delle responsabilità, il che ci aiuta a lavorare più proficuamente.
Poi, non sto –dicendo che certi compiti possono essere affidati unicamente ad apostoli o a profeti. Un bravo falegname o elettricista può aver acquisito, nel corso degli anni, nozioni sufficienti per costruirsi una casa, ma ciò non lo qualifica a realizzare un intero quartiere.
Se, dunque, vediamo emergere uomini di statura apostolica o profetica nelle nostre località, cerchiamo di lavorare insieme con loro e di sfruttare i loro talenti.
Se no, dovremo cercare più lontano. L’apostolo Paolo dava la sua sovrintendenza a chiese che distavano talvolta centinaia di chilometri l’una dall’altra. L’importante é che si ottengano i risultati Infine, bisogna dire che la relazione tra un apostolo e una chiesa deve essere “organica”, fondata sulla fiducia e sull’amicizia. Non sta ad un uomo alzarsi e dichiararsi “il dono di Dio” per le chiese di una località. Qualsiasi vero uomo di Dio si riconosce prima di tutto come un servo. Gli interessano la benedizione ed il benessere del popolo di Dio; non cerca di costruire un piccolo impero per se stesso.
… Pastori e dottori…
I pastori ed i maestri della Parola sono forse meno importanti degli apostoli e dei profeti ai fini dell’unità? Evidentemente no. Paolo dice chiaramente che tutti i ministeri sono necessari. Anzi, si potrebbe sostenere che il ruolo dei pastori e degli anziani sia il più importante in assoluto. Sono loto, infatti, ad avete il contatto quotidiano col popolo di Dio e la possibilità continua di formare la sua vita e i suoi: atteggiamenti. La strategia e la visione degli apostoli e dei profeti rimarranno dei bei sogni, se manca l’aiuto concreto e la collaborazione dei ministri locali.
Ci sono due tentazioni che essi devono evitate in modo particolare. Prima, il positivismo, cioè aggregare un gruppo dì credenti a se stessi in maniera esclusiva e sentirsi minacciati quando sono esposti a qualsiasi altro ministero. “Costoro sono zelanti per voi, ma non per fini onesti; anzi vogliono staccarvi da noi affinché il vostro zelo si volga a loro” scriveva Paolo (Gal. 4:17). II positivismo é radicato nell’insicurezza e nell’orgoglio. Se tale é il nostro difetto, dobbiamo ravvederci e restituire il gregge al suo legittimo padrone: Gesù Cristo.
L’altro pericolo é lo spirito settario, quello che ci porta a far diventate le persone dei “buoni” Battisti, Pentecostali o Fratelli. Certo ogni comunità può avere la propria identità non bisogna mai confondete l’unità con l’uniformità ma stiamo costruendo il corpo di Cristo, e non una denominazione!
… ed evangelisti
Sì, anche l’evangelista ha un proprio ruolo da svolgere. Egli non può dite “lo mi limito a portarli alla salvezza; l’unità della chiesa non é: un affare che mi riguarda”. Ciò sembrerebbe la voce del sindacalista, più che del servo di Dio! Molti problemi nella chiesa non avrebbero ragione di esistete se all’inizio le persone fossero state evangelizzate nella maniera giusta. Paolo non portava avanti “il messaggio di Antiochia”: proclamava semplicemente “Gesù Cristo e lui crocifisso”. “Cristo è forse diviso?” egli domanda. “Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete voi stati battezzati nel nome di Paolo?” (1 Cor. 1:13). L’importante é il “prodotto”, e non la “marca”.
In pratica, dunque …
Che cosa possiamo fate, allora, per conservare l’unità dello Spirito? Ai conduttori, direi:
1) Riconoscete che l’unità non è un lusso, ma una necessità vitale. Non ci viene detto: “Cercate di conservare l’unità”, bensì: “Fate ogni sforzo per conservarla” (v. Ef. 4:3).
2) Accettate che Dio ha dato alla chiesa ministeri particolari, il cui contributo é essenziale per raggiungere l’unità. Chiedete a Dio di farveli conoscete.
3) Smettete di competere e cominciate a collaborare. Cercate di servire il Corpo, ticonoscendo che é di Cristo. Pregate per i vostri colleghi nel ministero e costruite delle amicizie con loto dovunque possibile.
4) Onorate altri conduttori cristiani davanti al vostro popolo. Non innalzate la vostra propria immagine a spese degli altri. 5) Fissate gli occhi sull’edificazione dell’intera Chiesa, e non solo della vostra particolare denominazione o “corrente”.
Agli altri direi:
1) Sostenete i vostri conduttori e incoraggiateli con le vostre parole nei loro sforzi in direzione dell’unità. Sottomettetevi a loto perché possano guidarvi con gioia, e non sospirando (Ebr. 13:17). 2) Non ripetete ad altri le voci ed i “fatti” non costruttivi. Sfidate coloro che ve li raccontano. Chiedete loto di ubbidite alla Parola di Dio e di raddrizzare le cose nella maniera biblica.
3) “Pregate per la pace di Gerusalemme”, cioè, perché la comunità dei redenti sia stabilita nell’armonia e nell’amore.
“Si faccia ogni cosa per l’edificazione della chiesa!” (1 Cor. 14:26).
Tradotto e adattato, per gentili concessioni, da Restoration, lug./ago. 1979. Tutti i diritti riservati.
David Tomlinson è responsabile di una “squadra apostolica” che ha la sovrintendenza di varie chiese, soprattutto nel centro d’Inghilterra.