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di Giovanni Traettino
La vicenda degli ebrei nel corso di questo secolo (persecuzione nella prima metà; costituzione e storia dello Stato d’Israele dal ‘48 ad oggi) è di quelle che, per le radici religiose e culturali del mondo occidentale, non possono non segnare profondamente sul piano emotivo, intellettuale e spirituale una intera civiltà. Certamente un segno dei tempi in cui viviamo. Ma proprio per questo dobbiamo essere prudenti e vigilare, perché la nostra ermeneutica e la nostra teologia non divengano espressione di uno stato d’animo e di una cultura datata.
Di recente, nel mondo cristiano di lingua inglese, in particolare carismatico e pentecostale, c’è stato un risveglio di interesse, seguito da riflessioni, dibattiti, pubblicazione di libri ed articoli sul destino e sul ruolo d’Israele nel piano di Dio per gli ultimi tempi.
Da una parte sono quelli che vedono Israele, e quindi il popolo e lo Stato d’Israele come l’oggetto privilegiato dell’amore, del patto e delle promesse di Dio e la Chiesa come una parentesi di grazia per i Gentili compresa tra il rifiuto e la restaurazione finale d’Israele.
Dall’altra quelli che vedono la Chiesa come l’Israele di Dio, la “nuova creazione” della quale, per fede secondo la promessa fatta ad Abrahamo, fanno parte tutti i circoncisi di cuore dell’Antico e del Nuovo Testamento: un solo popolo con un solo futuro.
Israele naturale e Israele spirituale
La proclamazione dell’Evangelo ai Giudei prima e ai Gentili poi, apri nella Chiesa primitiva due fronti di discussione: uno esterno, con la sinagoga ed il tempio; l’altro interno con i giudei convertiti al cristianesimo. L’apostolo Paolo affrontò questa problematica definendo con grande chiarezza la natura di Israele ed il “vero giudeo”. Nelle sue lettere egli insegna che il vero Israele o il vero giudeo non è quello che è tale secondo la carne (Israele naturale), ma quello che è tale secondo lo spirito (Israele spirituale).
“Giudeo infatti non è colui che è tale all’esterno; e la circoncisione non è quella esterna, nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, non nella lettera; di un tale Giudeo la lode procede non dagli uomini, ma da Dio” (Rom. 2:28-29). “Poi ricevette il segno della circoncisione, quale sigillo della giustizia ottenuta per la fede che aveva quando era incirconciso, affinché fosse padre di tutti gli incirconcisi che credono, in modo che anche a loro fosse messa in conto la giustizia; e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo sono circoncisi ma seguono le orme della fede del nostro padre Abrahamo quand’era ancora incirconciso. Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abrahamo o alla sua discendenza in base alla legge, ma in base alla giustizia che viene dalla fede” (Rom. 4:11-13).
La stessa cosa insegnò Gesù a Nicodemo quando sostanzialmente gli disse: Come puoi meravigliarti che io ti riproponga un insegnamento così antico? Non è forse vero da sempre che bisogna “nascere di nuovo” per diventare veri giudei, non secondo la carne, ma secondo lo Spirito?
Dunque: “Non tutti i discendenti di Israele sono Israele; né per il fatto di essere stirpe d’Abrahamo, sono tutti figli d’Abrahamo” (Rom. 9:6-7). E ancora: “non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza” (Rom. 9:8). Ci sono dunque due Israeli per così dire: uno è tale naturalmente, l’altro lo è spiritualmente. L’Israele naturale e l’Israele spirituale. E così ci sono due tipi di giudei: quello che è tale naturalmente, e quello che lo è spiritualmente. C’è un solo albero (Romani 11), di cui fa parte Abrahamo per fede, Cornelio per fede, e l’ultimo ebreo che si convertirà, ugualmente per fede.
“Coloro i quali hanno la fede sono figli d’Abrahamo” (Gal. 3:7). “Coloro che hanno fede sono benedetti nel credente Abrahamo” (Gal. 3:9). “Se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo; eredi secondo la promessa” (Gal. 3:29; 4:22-28). “Tanto la circoncisione che l’incirconcisione non sono nulla; quel che importa è l’essere una nuova creatura” (Gal. 6:15).
Chiesa naturale e chiesa spirituale
Questo insegnamento paolino e neotestamentario, dopo duemila anni di cristianesimo, si dimostra ancora estremamente attuale e rilevante. Difatti il cristianesimo storico nelle sue maggiori confessioni (Cattolicesimo – Ortodossia – Chiese della Riforma), ha dato forfait proprio su questo terreno. Il battesimo dei bambini è il testimone storico e teologico di questa resa dello “spirituale” al “naturale”. La nascita “naturale” nella famiglia “spirituale” determina l’appartenenza “spirituale” al popolo di Dio (?!).
Nella sua sostanza spirituale il discorso tende a riprodursi, de facto anche nelle chiese anabattiste, che a questa deviazione avevano voluto reagire, nella misura in cui la prima generazione di convertiti (quella dei padri), tende a continuarsi naturalmente, nella seconda (quella dei figli), e nella terza. L’appartenenza alla Chiesa diventa un fatto di anagrafe, di tradizione e di cultura. Naturalmente si arriva alla morte spirituale, perché si ingerirà il pensiero che tutto quello di cui si ha bisogno è di questo tipo di appartenenza e di “consenso”.
La Chiesa diventa incapace di distinguere tra ciò che è naturale (“la circoncisione della carne”: il rito – il sacramento – la tradizione – la catechesi – l’educazione) con tutte le sue implicazioni emotive, intellettuali, culturali; e ciò che è spirituale (“la circoncisione del cuore”: la nuova nascita – la rivelazione).
Il vero cristiano dunque, non è colui che è tale per anagrafe, per consenso intellettuale o per tradizione, per quanto vecchia, nobile e pura essa sia. Cristiano è colui che si è convertito personalmente dalla vecchia vita e dal vano modo di vivere ricevuto con la tradizione, che ha una fede personale in Gesù Signore e Salvatore, che vive in comunione con lo Spirito Santo, da cui riceve guida e potenza, e fa il suo cammino nella chiesa.
La Chiesa è il mistero di Dio nascosto e pensato da ogni età, nel quale Egli vuole esprimere la Sua pienezza, nel quale Israele deve confluire alla Sua conversione per la Sua salvezza e redenzione finale. Il piano di Dio riguarda la Chiesa, che è l’Israele spirituale, non la Chiesa e l’Israele naturali.