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di Giovanni Traettino
La storia del popolo di Dio è intimamente collegata con la storia della sua vita di preghiera.
In Occidente la chiesa è in profonda crisi perché la vita di preghiera dei credenti si è progressivamente e drasticamente ridotta ed impoverita. Nel Terzo Mondo invece la chiesa cresce rapidamente perché i credenti e le chiese hanno una costante e fervente vita di preghiera. Anche all’interno dell’Occidente, questa regola riceve la sua conferma: dovunque c’è una ripresa della preghiera, c’è un recupero ed una crescita della chiesa. Semplicemente perché … la preghiera e il soprannaturale camminano sempre insieme.
Beati i poveri in ispirito
Sembra quasi che esista una regola spirituale secondo la quale quelli che sono forti nel naturale (i ricchi, i potenti, i colti, ecc.) tendono ad essere deboli nella vita “segreta” di preghiera, e viceversa. Quelli che non contano tendono “naturalmente” a credere nella necessità e nell’efficacia della preghiera. La praticano perciò come un’esigenza primaria della loro condizione di impotenza. Non così quelli che “contano”, o che cominciano a contare qualcosa.
A questa regola fanno eccezione soltanto i forti che si sono fatti vincere dal Signore. La forza, la bellezza, il potere, i soldi, il successo sembrano militare contro una profonda, autentica e costante vita di preghiera personale.
Il cristiano moderno delle società capitalistiche evolute – secolarizzate, materialiste e consumiste – è tutt’altro che un uomo di preghiera, perché profondamente intriso di una concezione del mondo che ha espulso Dio e il soprannaturale. La scuola e l’informazione, la pubblicità e l’economia, le arti e la politica sono profondamente laiche, autonome, non cristiane quando non dichiaratamente anticristiane. Tutto questo mascherato dal grosso equivoco delle società cosiddette “cristiane”.
L’orgogliosa sicurezza ed autonomia di queste società secolarizzate comincia a mostrare le prime incrinature, i primi indiscutibili segni di impotenza e di fragilità. L’aumento di divorzi, malattie mentali, emarginazione, disoccupazione, criminalità, terrorismo sono tutti sintomi del malessere profondo che ci ha colpiti.
Le risposte della droga, dello spiritismo, delle grandi adunate televisive e negli stadi per vivere nello spettacolo, della musica ossessiva e spersonalizzante sono effimere e nello stesso tempo devastanti; ma denunciano la grande solitudine dei nostri figli e la gravità dell’attacco al processo di formazione della loro personalità.
Probabilmente le nostre società dovranno arrivare alla loro piena maturazione, portando tutti i loro frutti perversi, prima che si manifestino grandi risvegli di spiritualità che tocchino le nazioni intere. Sarà forse, quella la pioggia dell’ultima stagione: paesi ricchi e paesi poveri uniti dalla stessa “visitazione” dello Spirito Santo. Perché è quando riconosciamo la nostra debolezza ed impotenza naturale che siamo introdotti alla preghiera. È quando riconosciamo la necessità di dipendere da Lui per ricevere sicurezza ed identità, amore ed equilibrio che gridiamo: “Abba” – “Papà”.
Intanto però occorre pregare contro queste “potenze” spirituali che sono nella cultura e nella concezione di vita dei nostri paesi. Occorre preparare il terreno nei luoghi celesti e nelle nostre menti (i ragionamenti ed i concetti consolidatisi come “fortezze”) per preparare ed affrettare l’irruzione del soprannaturale nelle nostre città. Occorre lavorare alla formazione di una vita di preghiera personale e comunitaria regolare ed efficace.
Sono sempre più numerose le profezie che indicano l’Italia come un Paese al quale Dio sta per mandare una grande visitazione. La nostra parte è soprattutto la preghiera.
Dobbiamo seguire l’esempio di Daniele, il quale, quando si rese conto che stavano per terminare i 70 anni decretati dall’Eterno per la cattività, si consacrò alla preghiera, all’intercessione e al digiuno: “E volsi la mia faccia verso il Signore Iddio, per dispormi alla preghiera e alle supplicazioni, col digiuno, col sacco e con la cenere” (Dan. 9:2.3).